Dida o Lehmann? Milan, riprende la tradizione: con Maignan torna lo straniero in porta
Taffarel ha così sdoganato il portiere straniero in Serie A: in questi trent’anni ne abbiamo visti molti, buoni portieri o meteore di una sola stagione, fino ad arrivare ad un interprete - il francese Mike Maignan, che promette di ritagliarsi uno spazio di prestigio nella storia non solo del Milan, ma dei portieri del nostro campionato.
Del resto i portieri più affidabili - nella continuità di rendimento - degli ultimi tempi sono quasi tutti stranieri: Musso (ex Udinese, ora Atalanta), Szczesny e Handanovic, il veterano, ormai in Italia da 17 anni. Promossi nella loro esperienza italiana anche Ospina, Dragowski, Skorupski, Berisha (passato dalla Spal al Toro), Radu e Strakosha. Oggi Mou ha voluto a Roma il portoghese Rui Patricio, a difendere quella porta che in questi anni già ha visto essere affidata a fuoriclasse come Alisson, discreti mestieranti come Pau Lopez, lo svedese Olsen (probabilmente poco fortunato nella sua esperienza giallorossa), specialisti in topiche come Goicoechea (ha sulla coscienza l'esonero di Zeman), portieri di statura europea come Stekelenburg e - andiamo alla fine degli anni ’90 - Konsel. Non ha convinto - ma c’erano aspettative alte - il finlandese Joronen; mentre l'ex spallino Gomis - ha trovato in Francia (tra Rennes e Digione) le sue stagioni migliori.
In Italia negli ultimi trent’anni sono arrivati campioni affermati in Europa come l’olandese Van der Sar (due anni con alti e bassi alla Juve) ma anche interpreti completamente fuori fase come l’inglese Joe Hart (un anno sciagurato al Toro, e dire che veniva da sei stagioni al City); fenomeni come i brasiliani Julio Cesar e Dida, che nelle due sponde di Milano sono stati per anni pilastri assoluti (a proposito di brasiliani: decisamente più di basso profilo la carriera italiana di Neto e Rubinho); ed eccellenti interpreti come lo spericolato francese Frey (Inter, Verona, Parma, Fiorentina). Toccata e fuga per lo svizzero Marco Pascolo (Cagliari, anni 90) o del serbo Aleksandar Kocic, che giocò una discreta stagione a Perugia, sempre nella seconda metà degli anni 90.
Prima di Maignan, la tradizione al Milan è significativa. Abbiamo già citato Dida (rossonero dal 2002 al 2010. due Champions nel suo palmares: tocca a lui allenare il francese) e con lui va menzionata la sua riserva per qualche anno, l’australiano Zeljko Kalac. Ma vale qui la pena ricordare anche il tedesco Jens Lehmann: arrivò al Milan a 29 anni, nel 1998, al posto di Seba Rossi e dopo un robusto decennio tra i pali dello Schalke 04. Si bruciò in poche partite, senza appello, protagonista involontario di un paio di papere clamorose, al netto di una carriera - prima e dopo il Milan - decisamente di livello. Al Mondiale del 2006 difese la porta della Germania e divenne famoso per aver nascosto nei calzettoni i bigliettini para-rigori che gli erano serviti durante il quarto contro l’Argentina (l’espediente si rivelò decisivo, con Lehmann che parò i tiri di Ayala e Cambiasso e spinse la Germania in semifinale).
Come Mike Maignan, anche Lehmann aveva la maglia numero 16. Sempre al Milan: quello di Diego Lopez (2014-2016) è stato un passaggio fugace, diciamo che ha fatto da apripista all’esplosione di Donnarumma. E dire che al Real aveva persino tolto il posto a un monumento come Casillas. Per vari motivi hanno avuto ruoli da comparsa il brasiliano Gabriel e lo spagnolo Pepe Reina (sostituito a stagione in corso dal bosniaco Begovic) e il rumeno Tatarusanu, a tutt’oggi in forza al club rossonero.