Dici Napoli e lui suda: Sarri alla Juve, Che Guevara è diventato Andreotti
Così scorrono i primi ottanta minuti di Sarri alla Juve, accanto a lui il direttore sportivo Paratici (presentato con una qualifica che racchiude sei o sette parole in inglese, chissà perché) e il direttore della comunicazione Albanese; in prima fila nella platea Nedved e Agnelli, che non gli toglie un istante gli occhi di dosso.
Com’è andata?, ci chiedono. Bene, o forse benino, su tante questioni. Belle alcune frasi a effetto, soprattutto questa benché forse un po’ presuntuosa: “Se i napoletani mi applaudiranno, sarà per amore; se mi fischieranno, sarà per amore”. Discutibili altre, tipo l’idea di parlare preliminarmente non solo con re Ronaldo, e ci sta, ma anche con altri due o tre calciatori. Chissà cosa penseranno tutti gli altri.
Poi c’è la questione Napoli, e lì Sarri suda. Inevitabile che accada: sull’argomento ha troppi scheletri nell’armadio. Dopo che per tre anni hai additato la Juve come il male assoluto, non come il nemico sportivo; dopo che hai parlato di rigori concessi solo a chi ha le maglie a righe (e cerca di cavarsela con una bugia, non è vero che li ha citati solo in riferimento al Milan); dopo che hai detto di avere retropensieri sul potere bianconero; dopo tutto questo e altro ancora, come puoi pensare di non sudare quando te ne chiedono conto?
Sarri alla Juve è ciò che sapevamo e che lui non fa niente per mascherare: misurato, riflessivo, politically correct, filogovernativo. L’eretico che entra nel tempio, il ribelle che va al potere, Che Guevara che diventa Andreotti. Per sua fortuna, da oggi e per qualche tempo non gli chiederanno più del Napoli. Con questo caldo, sai che sudate.
@steagresti