Di Vaio:| 'Mi rivoleva la Juve'
Domani il bomber del Bologna torna a Torino.
Di Vaio: "Capisco Del Piero, i soldi ti misurano dentro lo spogliatoio".
"A gennaio Marotta mi cercava, ma sarei rimasto qui anche in caso di fallimento".
Marco Di Vaio, che effetto le fa sfidare la Juve?
«Per me, oggi, è un avversario come gli altri. Senza demagogia: se segno esulto».
Ricordi in bianconero?
«Faticai il primo anno, nel 2002, poi andò meglio. Sono cresciuto tantissimo a Torino: ho capito che nel calcio non avrei mai accettato di fare il comprimario. Volevo, e voglio, essere un fattore decisivo per la squadra».
L'effetto Del Piero colpì anche Di Vaio?
«Alex aveva 30 anni, io 28. Lui era, ed è, un giocatore strepitoso nel pieno della forma e della carriera. Non mi bastava ritagliarmi dei momenti, quando lui non stava bene. Il secondo anno feci cose importanti, con Alex fuori per infortunio. Quando tornò, mi toccò risedermi in panchina: non mi andava bene, ma capii che lui era fondamentale e intoccabile».
Non oggi, pare.
«Non scherziamo: non esiste Juve senza Del Piero. Se la Juve vuole tornare a vincere può farlo solo con Del Piero in squadra. Lui è un più, non un meno».
Lei e Del Piero avete un'altra età.
«Credo che, sia io che Alex, sappiamo di poter dare ancora molto alle nostre squadre. Non siamo stupidi, ci sentiamo in forma, possiamo dare un contributo fondamentale. E poi, parliamoci chiaro: quando Alex gioca, fa ancora la differenza».
Parliamo di soldi.
«In molti credono che Del Piero ragioni guardando solo al guadagno. Non è importante l'aspetto economico inteso come soldi, nel conto corrente dico. Il concetto è più articolato: in uno spogliatoio di calcio sei misurato anche per quanto prendi di ingaggio. È l'unico modo che i dirigenti hanno per farti capire quanto ti stimano. Credo che per Alex il discorso del contratto, dell'ingaggio, sia frutto di questo ragionamento. Non certo di quanti soldi strappare negli ultimi anni».
Lei andò via dalla Juve per colpa di Del Piero?
«Alla Juve il protagonista era ed è, giustamente, Del Piero. Con lui ho un grandissimo rapporto. Stiamo parlando di un esempio, di un professionista incredibile e di un grande uomo. Ho un ricordo indelebile di una sera in ritiro. Eravamo in trasferta, finiamo di cenare, e ci intratteniamo io e lui a parlare. Gli ho esternato tutta la mia stima per come sopportava la pressione, per come sapeva sorridere a tutti. Mi ricordo ogni singola parola di quel confronto. Lo stimo».
Voi “vecchietti” non rischiate di essere scomodi? «Del Piero è la bandiera. Ha sempre rifiutato tutto in nome della Juve. È una faccia pulita».
De Rossi tocca la palla di mano e non viene espulso. Fosse capitato contro la Juve?
«A Torino andava fuori di sicuro. E non tiriamo in ballo Calciopoli. Quando un giocatore della Juve parla a un arbitro ha un peso diverso rispetto agli altri. È una questione psicologica. Tutti gli arbitri avvertivano la forza di quella Juve. Tutti tranne Collina che, per la legge del contrappasso, si sforzava al contrario».
A gennaio la Juve voleva Di Vaio?
«Mi hanno cercato. Fosse anche fallito il Bologna, da qui non me ne sarei andato sino a giugno».
E se non le rinnovano il contratto?
«Non mi voglio porre il problema, voglio restare».
Agnelli, Cragnotti, Tanzi, Consorte: non si è fatto mancare nulla.
«È vero, degli Agnelli ho conosciuto bene Umberto. Persona con un carisma che non ho più ritrovato. Tanzi era riservato, un leader silenzioso. Cragnotti era capace di vendere anche il vapore acqueo e a Consorte devo riconoscere che è stato fondamentale per il Bologna. Di lui mi piace il fatto che non ami vendere illusioni».