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    Supermarket Roma, paga Di Francesco: politica anti-vittorie, allenatori distrutti

    Supermarket Roma, paga Di Francesco: politica anti-vittorie, allenatori distrutti

    • Paolo Franci

    Quando perdi una partita così, c'è solo da abbassare lo sguardo e provare sana vergogna. Senza alibi e un paio di occhiali da sole per nascondere lo sguardo perso nel vuoto.

    Poi, si può discutere. Colpa del tecnico, dei giocatori, della società, di Pallotta. Ah sì, o dell'ambiente, delle radio, dei giornali e del ciclo delle maree. Ma nel calcio, si sa, la colpa è come l'edera, un'infestante che non lascia scampo a nessuno. Tutti colpevoli, quando le cose vanno male, ognuno a modo suo. Poi magari, si può decidere da dove sia partita quell'infestante e io un'idea ce l'ho, anche se non capisco come un'edera possa attraversare l'oceano. Allora, se è vero, come sembra, che Jim Pallotta abbia dato 7 giorni a Di Francesco - un giorno per ogni punto conquistato nelle ultime sette gare - certo non lo si può biasimare, perché questo pari di Cagliari somiglia tanto a quel “da 0-3 a 4-3 “ in casa del Genoa. Un'ultima sentenza e l'ultimo sussulto di quel Claudio Ranieri che sfiorò lo scudetto. Però, adesso mi chiedo come sia possibile che Trigoria sia una sorta di betoniera che stritola ogni allenatore passato da queste parti. Io, su Di Francesco ho la mia opinione e sono convinto che se dovesse essere cacciato, lontano da qui farà una gran bella carriera. Lontano da qui.

    Ha detto, DiFra, accusato per quei cambi tragici: “Avete visto chi avevo in panchina?”. Sì. Abbiamo visto. Però quel passare al 5-4-1, con Juan Jesus in più il pallidissimo Luca Pellegrini schierato per Kluivert e soprattutto Pastore che non tiene una palla che è una lassù al posto di Schick, ha consegnato il finale di gara al Cagliari. Su questo, non mi smuovo.

    Però mi chiedo, come è possibile che quella betoniera sia sempre in funzione? Sempre pronta a macinare un tecnico, giovane o esperto che sia? Partiamo da Luis Enrique. Se n'è andato alla fine di una stagione pessima, ma tritato come il prezzemolo per la pasta con le telline. Era distrutto, annientato psicologicamente. Di lui racconta in questo senso anche Totti nel suo libro, mi pare. Eppoi, penso a Rudi Garcia. Arriva qui che pare un capitano de 'La Legion Etrangere' , la legione straniera, uno di quelli che fanno gli eroi nei film. E lui l'eroe lo fa eccome. Però poi, piano piano gli si prosciuga l'anima, lì, a Trigoria. Perché?

    E penso a Zeman. Lui, esperto e navigatissimo, lancia Verratti, Insigne, Immobile conquista record e la serie A con il Pescara. Sembra l'uomo giusto. E invece nel giro di pochi mesi la betoniera trita anche lui, tra scontri con i giocatori e polemiche. E torna Spalletti. Parte agli inizi del 2016 al posto di Garcia dicendo “Aiutatemi a creare un nuovo stile Roma” . Il suo ritorno è trionfale, però gli bastano sei mesi per non poterne più, a prescindere dalla 'guerra' con Totti. Lui vuole vincere, ma capisce in fretta che qui non si costruisce per vincere, ma si smonta per far cassa. E già all'inizio della stagione successiva spiegherà ai dirigenti che se ne andrà a fine campionato. E arriva Di Francesco. Storia delle ultime ore. E allora, mentre quest'ultimo rischia l'addio tra poche ore, mi chiedo: cosa c'è a Trigoria di così nefasto da tritare sistematicamente ogni allenatore? O è quella politica da supermarket del compra e vendi a consumare allenatori di ogni risma? Lo chiedo a voi che leggete, perché io non ho ancora alcuna certezza. E sono passati sette anni dall'arrivo del presidente, Pallotta, che non vince nulla e su Cagliari-Roma, dice: “Sembra tutto uno scherzo”. Non lo dica a noi, presidente.

    Ps Lascio in pace Monchi. Guardando caracollare Pastore per il campo a Cagliari, immagino come si possa sentire.

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