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Di Biagio lascia con dignità: la sua Italia è meno inutile di quella di Ventura
Ben prima del 20 maggio - data ultima stabilita dal sub commissario Alessandro Costacurta - conosceremo il nome del nuovo ct. Come da me sempre sostenuto, il favorito è Roberto Mancini (uno che l’azzurro lo vuole fortemente), seguito da Antonio Conte e, in terza ruota, da Carlo Ancelotti. Non è certo questo l’ordine di preferenza di Costacurta che, al primo posto, metterebbe l’amico Carletto. Piuttosto è Ancelotti che ancora tentenna. Vorrebbe capire se nel prossimo mese si libera una panchina di prestigio. Per me - l’ho già detto - dovrà aspettare l’autunno, ovvero l’inizio inoltrato della nuova stagione e qualche esonero eccellente. Tuttavia sarebbe meglio così, sia per lui che per per l’Italia: non si diventa ct perché non si trova posto altrove, meno che mai se non si è convinti del progetto (manca il presidente), delle risorse (non abbiamo fenomeni), del lavoro di selezione (conta assai di più di quello sul campo).
Nel frattempo Di Biagio lascia con un bilancio non proprio deludente. In pochi giorni doveva allestire due squadre credibili, avrebbe dovuto lanciare qualche giovane, non gli erano permesse figuracce. L’obiettivo minimo, per me, è stato centrato. Il punto è che queste due gare sono state vissute da tutti - Federazione, addetti ai lavori, tifosi - come un intralcio sulla strada di una ricostruzione lenta e laboriosa. Alla vigilia di questa seconda tappa forzata, Di Biagio e l’Italia avevano tutto da perdere. Da 41 anni non uscivamo sconfitti da Wembley e gli azzurri non segnavano da tre gare. A cinque minuti dalla fine si stava concretizzando il peggio: una sconfitta, la prima dopo un’eternità, e la quarta partita senza gol, come non era mai accaduto in 108 anni di storia. Pochi si sarebbero ricordati che i gol non li faceva più neanche l’Italia di Ventura, l’uomo riuscito nell’impresa impossibile di farci escludere dal Mondiale a 60 di distanza dall’’altra vergogna calcistica.
I più avrebbero ironizzato su Di Biagio e sulla sua inadeguatezza tecnico-tattica, sulla sua mancanza di esperienza, sulla latitanza di carisma e su altri deficit strutturali. In realtà l’Italia del ct traghettatore è molto meno brutta e inutile delle precedenti. Primo: Di Biagio ha scelto Donnarumma, senza escludere (anzi) Perin. Secondo: Di Biagio ha lanciato Rugani. Il difensore juventino avrebbe meritato un giudizio lusinghiero se, sul gol di Vardy (25’), non avesse alzato gli occhi al cielo per la punizione concessa all’Inghilterra, permettendo così a Lingard di servire il compagno. Come minimo, però, Rugani può giocarsela con Romagnoli, Bonucci e Chiellini. Terzo: Di Biagio ha investito su Pellegrini, l’unico del centrocampo che si è salvato. Quarto: Di Biagio ha insistito con Insigne e il napoletano l’ha ripagato con la trasformazione del rigore (85’). Quinto: Di Biagio ha avuto ragione a togliere Candreva per inserire Chiesa. E’ stato lui, infatti, a procurarsi il rigore (84’) per un pestone di Tarkowski, scovato dall’arbitro Aytekin con l’aiuto straordinario del Var.
Certo, Di Biagio non è un genio. Come non lo è nessun allenatore (tutti troppo ottusi), come non lo è nessun giornalista sportivo o generalista, come non potrebbe esserlo un ct cui si dà una settimana di tempo per preparare due partite dal niente e, dal niente, dirgli di giocarsi il futuro. Forse Di Biagio doveva accorgersi che Belotti aveva più fame e più brio di Immobile (due gol e mezzo mangiati quando la partita era appena cominciata). Forse Jorginho andava avvicendato. Forse Zappacosta non andava schierato. Però ha provato, come avrebbero provato altri. A me, più di tutti, è piaciuto De Sciglio, uno che Conte riusciva a far volare. A conferma che non tutto è da buttare e che una squadra non ricomincia mai da zero. Qualche certezza ce l’abbiamo. Aspettiamo il ct (vero) per fare anche qualche risultato e raggiungere la qualificazione all’Europeo, l’unica cosa che conti dopo il trauma nazionale di quattro mesi fa.
@gia_pad