Demiral, Under e Calhanoglu sono soldati volontari: i club li lasciano liberi di fare propaganda?
Soldati di un'invasione. Violare i confini altrui, prendersi la terra altrui. Quando Saddam lo fece col Kuwait fu coalizione ed esercito internazionale contro Saddam. Fu così perché il prendersi lo "spazio vitale e di sicurezza", il permettere questo prepara e coltiva guerre. Impedirlo è principio di sopravvivenza prima ancora che di giustizia. Ora Erdogan lo fa con la Siria e i Demiral, Under, Calhanoglu si arruolano nei reparti speciali della propaganda. Soldati di una invasione che è anche peggio di una guerra di annessione. E' guerra di ingegneria demografica, è espianto e impianto etnico: Erdogan in quel pezzo di Siria vuole portare milioni di profughi sunniti e scacciare i curdi.
Soldati volontari di un'invasione che libera jihadisti, gli stessi che senza difficoltà attraversavano il confine tra la Turchia e l'allora stato Isis con capitale a Raqqa. Jihadisti che ora sono la fanteria di Erdogan sul terreno, ben felici di fare macello dei curdi che hanno combattuto e vinto per l'Occidente, per noi, contro l'Isis. Anche a queste milizie gli Under e i Demiral e i Calhanoglu rendono omaggio col saluto militare. Liberi tutti loro delle loro scelte di uomini. Non così liberi i loro concittadini turchi che se solo postano un messaggio che dica basta guerra questo basta perché finiscano in galera.
Liberi i Demiral e gli Under di arruolarsi nella milizia che vogliono e inneggiare, plaudire alle truppe che invadono. Ma liberi di usare nella e per la loro propaganda la maglia della squadra? Sono dipendenti della squadra per cui giocano. La loro squadra è un'azienda e li paga. Potrebbero i manager della Fiat, della Mercedes, di Amazon, di Google plaudire ad una guerra con indosso la divisa aziendale? Prima di oggi gli Ozil e i Gundogan avevano fatto campagna elettorale per Erdogan. Inopportuno ma non paragonabile alla scelta odierna dei Demiral, Under, Calhanoglu.
La loro libera scelta di arruolarsi come soldati volontari di un'invasione armata e di farne pubblico vanto lascia liberi noi di giudicarli come uomini e non come calciatori. Cantava una canzone: un giocatore si vede dal coraggio, dall'altruismo, dalla fantasia...Erano note e rime. Qui sono sangue e morte. E un uomo si giudica dai confini che viola, da chi combatte al suo fianco, da cosa e per chi combatte, dalle bugie cui piega la sua propaganda. Come giudicarli allora come uomini? Come in fondo loro stessi hanno chiesto: giannizzeri del Sultano (chiedendo scusa ai Giannizzeri che erano gente più seria).