Una telefonata per l’esonero. Non quella del suo presidente. Ma di un giornalista, di un amico. Mentre Preziosi trattava già con Delneri, io chiamavo De Canio, lo faccio spesso (mio padre ha lavorato con lui al Qpr). Erano passate da poco le 13, Gigi a pranzo con i suoi collaboratori, finito da poco l’allenamento mattutino. “Ti hanno mandato via…prendono Delneri”. Un attimo di silenzio, pochi secondi d’incredulità. La presa di coscienza che la sua avventura al Genoa era finita così. Non con la telefonata di chi gli aveva chiesto aiuto pochi mesi fa, con una salvezza disperata da raggiungere. Ma quella di un cronista. “Se me lo dici tu…spero che almeno adesso mi avvisino”. Giusto il tempo di pensarlo, ecco lo squillo del ds Capozucca, convocazione in sede per le 14.30. Lettera di licenziamento, saluti e arrivederci. Di Preziosi neanche l’ombra o un sms. Ma si era rotto qualcosa tra i due? L’attrito tra Preziosi e De Canio si era acceso solo in due occasioni. La prima dopo la sfida contro la Juventus, quando il presidente aveva rimproverato all’allenatore i cambi a gara in corso. Poi, venerdì scorso, dopo una lunga assenza, Preziosi aveva assistito alla seduta di allenamento del suo Genoa, ritenuta poco intensa. Un’accusa strana ma circoscritta. Forse imbeccato da qualche soffiata interna. L’anticamera dell’esonero. “Ma sono un uomo di calcio, so che quello che hai fatto il giorno prima, il giorno dopo non vale. Vado via con la coscienza pulita e convinto che questo Genoa potrà far bene”, parola di Gigi De Canio. Licenziato da un giornalista.