fabio.manfreda
Dear Johan, in una nuvola di fumo
Arrivò buon ultimo rispetto ai suoi compagni. Con lui Neeskens, suo compagno inseparabile e altro talento del pallone. Giornalisti italiani, pleas mister Cruyff, Tuttosport e Corriere dello Sport…”Guardate che parlo anche un poco di italiano….” Mamma mia, che fortuna. Mica tanto, però. “Io l’intervista ve la concedo, ma da quest’anno qui al Barcellona le regole sono precise. Almeno per me. Fanno cinquecento dollari, per l’esclusiva. Pensateci. A dopo”. Franco e io ci possiamo anche pensare fino all’indomani. Tutti quei dollari non li abbiamo. E poi, per quale motivo? Baretti e Cucci, i nostri direttori,al telefono ci dicono di lasciar perdere. Andremo a guadagnarci la giornata a casa di Heriberto Herrera che non sarà il massimo degli scoop ma perlomeno è gratis. Anzi, ci offrirà anche un buon caffè.
No problem, fa Johan quando esce e gli diciamo che in Italia non funziona così per le interviste. Almeno non ancora. Ride. Si tocca in tasca e tira fuori un pacchetto di Marlboro. E’ vuoto. “Lei fuma, per caso?”. Certo che fumo e anche troppo. Con la Gauloise senza filtro che gli offro mi guadagno, comunque, un autografo dedicato a mio papà. Sorride e si caccia il ciuffo biondo da davanti agli occhi. “Vede io ho due vizi. Il pallone e il tabacco. Entrambi mi accompagneranno per tutta la vita. Questo lo può scrivere e non le costerà nulla”. E in una nuvola di fumo se ne è andato, ieri, Johan Cruyff. Tra un mese e un giorno avrebbe compiuto sessantanove anni. Quelli che dovrei festeggiare io, prigioniero a vita dello stesso suo vizio, il 15 di agosto. Scusate, ma tocco ferro.
Sei mesi fa, l’annuncio dato da lui stesso in conferenza stampa. “Ho un tumore ai polmoni”. La “bestia”, evocata dalla Tac e mostrata dalla Risonanza, è un tragico cucù svizzero. Non sbaglia di un secondo. “Ho un cancro ai polmoni” disse Piero Dardanello il mio direttore dopo Baretti. Esattamente sei mesi dopo non c’era più. Idem per Umberto Agnelli, il papà del presidente della Juventus Andrea. Giovanni Arpino, grande e dimenticato scrittore di romanzi unici, mi scrisse un bigliettino perché, operato in gola, non poteva più parlare: “Me ne vado per quel che ho fumato”. Sto fumando, mentre scrivo questo pezzo.
Dear Johan, che dire di te che non sia stato già detto e scritto o di quel che diranno e scriveranno in fotocopia. Grande e unico, certamente, come il calcio evocato da quei tuoi piedi piatti e forse per questo ancora più sensibili che contribuirono a mettere in funzione la mitica Arancia Meccanica olandese. Per questo indescrivibile dalle parole inventate dai comuni mortali. Migliori e più esplicative le immagini del primo film mai girato nella storia del cinema il cui protagonista era un campione del pallone. Cioè tu, Johan Cruyff da Amsterdam. Titolo: “Il profeta del gol”. Autore e regista uno dei miei maestri, Sandro Ciotti. Anche lui rapito da una nuvola azzurrognola di Chesterfield. Amen.