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De Siervo: 'Il caso D'Onofrio è inquietante, non mi sento tranquillo. L'AIA deve dare delle spiegazioni'
Cosa l'ha colpita del Qatar? Dagli stadi cosa si può imparare? "Lo stadio di ieri è straordinario, ha un grande significato, con questa tenda beduina molto suggestiva, inoltre è uno degli stadi più all'avanguardia del mondo. Costruito, va ricordato, da un'azienda italiana. Al nostro Paese non manca nulla, se non la volontà politica: sono sicuro che il ministro Abodi, che tanto bene ha fatto al Credito Sportivo, ha motivazioni e competenza per sbloccare un tema fondamentale del nostro Paese, che non riuscirà a ospitare un grande evento sportivo se prima non riuscirà a sbloccare le lungaggini burocratiche che attanagliano club e comuni. Il messaggio che arriva dal Qatar è che si può fare, questo stadio è stato costruito in tre anni da un'azienda italiana: in condizioni che vanno verificate, ma si può fare. Questo mondiale non sarà più replicabile come modalità, anche perché si gioca tutto in pochi chilometri, anzi credo che si andrà sempre più verso eventi itineranti come l'ultimo europeo che abbiamo vinto".
Servono anche tanti soldi…
"L'ha detto lei. In Paesi che hanno questa disponibilità e questa predisposizione a investire è tutto più facile, ma la vecchia Europa non può stare a guardare. Dobbiamo fare investimenti mirati e diversi, ma restiamo un punto di riferimento del calcio mondiale: dobbiamo rivendicare una supremazia non solo tecnica, ma anche come organizzatori. La vecchia Europa deve ospitare quanto prima un mondiale di calcio".
Mondiale non imitabile, anche per questioni economiche. Che aria si respira da quelle parti?
"È un clima piuttosto rarefatto, i tifosi sono molto pochi: tutti i giornalisti hanno raccontato bene di come siano stati assoldati altri tifosi, cercando di coprire la difficoltà oggettiva di essere presenti. Questo è il mondiale più discusso di sempre, ciascuno può farsi un'idea. È sempre complicato trovare una modalità per discutere, l'ha fatto Infantino ieri con un discorso molto duro che personalmente non condivido, ritengo più condivisibili gli editoriali dei grandi quotidiani: lezioni di moralità fatti da certi posti suonano stonate. Credo che questo mondiale rappresenti l'occasione di riflettere per capire cosa vogliamo che sia il calcio. È un patrimonio che va sviluppato e difeso con scelte diverse in futuro".
Questione Superlega: Tebas, presidente della Liga, ha detto che fa perdere l'essenza del calcio e in Spagna sarebbe meno seguita del campionato. A marzo si pronuncerà la giustizia europea, come pensa che possa finire?
"Condividiamo l'opinione del presidente Tebas, siamo stati sempre sulle stesse posizioni negli ultimi tre anni. Nel 2019 proprio con Tebas abbiamo gestito la protesta contro la Superchampions, un progetto di riforma allineato con l'ECA: abbiamo combattuto e vinto quella battaglia, così come quella dell'anno scorso. La Serie A si è espressa più volte con ampia maggioranza, l'ho ribadito anche a Nyon la settimana scorsa: abbiamo preso posizione più volte e formalmente contro questa competizione. Il ricorso di Juventus, Real e Barcellona porterà a una pronuncia che potrebbe avere delle ripercussioni: il contesto richiede riflessioni e interventi. Cosa succederà non lo può dire nessuno oggi, ma il nostro calcio cambierà più nei prossimi 5 anni che negli ultimi 20. Ben vengano attente riflessioni, secondo me è importante aprirsi a riflessioni profonde, fuori da schematismi perché il calcio ha bisogno di regole e di essere sostenibile".
Si è parlato tanto dell'esclusione dell'Italia, che effetto le ha fatto vedere la sconfitta con l'Austria?
"Il mondo dello sport è meritocratico, chi è esperto di atletica leggera sai che puoi essere il più veloce ma se non vinci nei trial non competi a livello mondiale. Eventualmente si potrebbe discutere su quanti posti ha diritto un continente o l'altro, ma qui si apre tutta una serie di riflessioni: il calcio è e sarà lo sport più inclusivo al mondo. Ci saranno due generazioni di ragazzi che non hanno visto un mondiale e questo per chi ha avuto un'infanzia come la nostra è difficile da accettare. Di analisi ne sono state fatte tante, resta l'amarezza di aver provato due generazioni di undici anni di calcio mondiale".
In casa AIA è esplosa la vicenda legata all'arresto del procuratore capo D'Onofrio. Cosa pensa e cosa crede possa accadere?
"È una vicenda incredibile e inquietante. Non mi sento tranquillo, come Serie A seguiamo con attenzione e rispetto per chi sta indagando, ma questa cosa richiede spiegazioni convincenti. Se è vero quello che leggiamo e questa persona era una persona che trasportava i quantitativi di droga che abbiamo letto per delle cifre ridicole, mettendo a rischio se stesso, quello che rappresentava e la propria famiglia, viene difficile capire come potesse ricoprire certi ruoli. Non ho un'idea, non credo alle cospirazioni e alle leggende, ma vorrei capire com'è stato possibile e come per oltre 13 anni questa persona sia potuta crescere in confidenza e responsabilità, senza che nessuno capisse che persona fosse. D'Onofrio mi sembra un soldato, non un generale: è una persona che veniva mandata a picchiare o a prelevare droga, non aveva un'autonomia piena e questo preoccupa profondamente il sottoscritto e tutto il mondo del calcio. Non troverete mai nella mia vita una dichiarazione contro gli arbitri, chiedo soltanto un'analisi profonda perché il tema che viene analizzato è alla base del lavoro che svolgiamo noi tutti i giorni".
Capitolo pirateria. La Lega Serie A è sempre in prima linea.
"Ho voluto che caratterizzasse il mio lavoro negli anni. Il calcio vive di cifre importanti che nascono da 2-3 grandi filoni. I biglietti dello stadio anzitutto, il merchandising poi e infine la vendita del prodotto televisivo: è l'essenza del conto economico di un club. Scoprire che nel nostro Paese ci sono più di un milione di pirati che ogni giorno pensano di fare una furbata lascia colpiti: la pirateria uccide il calcio. Il contesto soffre e ha perso il treno della globalizzazione: se oggi non riesce a mettere un freno a questo fenomeno, rischiamo di dover parlare di un calcio di Serie B a livello internazionale ed europeo. È un momento diverso, la notizia della settimana è che purtroppo o per fortuna inizieranno a pagare ciclicamente i pirati: tutti coloro che ne approfitteranno sappiano che lasciano una traccia, che verranno individuati con un'ammenda sempre più pesante. Vengono puniti gli organizzatori ma anche gli utenti, in un sistema che danneggia per oltre 300 milioni all'anno il calcio".
La prossima sede della Serie A, dopo quella di Abu Dhabi?
"In Asia, se la pandemia lo renderà possibile. Stiamo valutando Londra e Singapore: il calcio italiano ha perso un'occasione vent'anni fa, abbiamo ancora la fortuna di essere l'obiettivo di tanti investitori internazionali, ma il calcio deve trasformarsi nel più breve tempo possibile".
Tanti fondi guardano anche ai club italiani, da ultimo al Napoli.
"È per definizione, come tutti gli altri grandi club italiani, un obiettivo privilegiato. Non riesco a pensare al nostro campionato senza De Laurentiis e quindi non so se sarà possibile, ma è comunque un merito del grande lavoro fatto dalla società, che ha coniugato l'aspetto economico a risultati rilevanti in campo europeo. Non dimentichiamo che emozioni ci hanno regalato mister Spalletti e i suoi ragazzi in Champions. Quando ho incontrato Ceferin, ha avuto parole di grandi apprezzamenti per la capacità di sviluppare calcio del Napoli".