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De Rossi: 'Un giorno allenerò la Roma, Totti meritava una vera chance. Che paura il Covid, follia i no vax'
Europei, Covid, futuro, Roma. Daniele De Rossi si racconta a 360° in un'intervista a Sportweek, partendo dalla vittoria a Euro2020: "Non ridevamo tutti perché si vinceva, ma vincevamo perché ridevamo tutti".
SULL'ADDIO ALLA NAZIONALE - "E' stata una scelta difficile perchè mi sono trovato splendidamente. Io ho dato forse un 1% e loro in cambio mi hanno permesso di vivere un'esperienza indimenticabile. Sarò sempre debitore verso la Nazionale. Però ho chiaro cosa voglio fare: allenare. E per quanto possa sembrare strano, visto che ho solo 38 anni e non mi sono mai seduto in panchina, mi sento pronto. Continuare con la Nazionale, aspettando la prima panchina che si libera, non avrebbe senso e non sarebbe corretto verso la Federazione e verso Mancini che con me si è comportato in modo fantastico".
SUGLI INIZI - "Quando lasciai la Roma, il mister mi invitò a casa sua e mi offrì di diventare un suo collaboratore. Lo ringraziai, ma rifiutai perchè avevo in testa un sogno: giocare con la maglia del Boca Juniors... Mi guardò come se fossi matto, ma mi lasciò una porta aperta: 'Anche il giorno prima che cominci l'Europeo, se avrai voglia di unirti a noi chiamami. Ci serve uno come te'".
SULL'ESPERIENZA - "Mi sono detto: non devo fare troppo il freddo, cambiando il rapporto con giocatori che conosco da anni, ma neanche essere il compagnone di una volta. Sicuramente saranno bravo loro a non coinvolgermi e a non mettermi in difficoltà. Coverciano, pronti via: 'Bella Daniè, l'hai portata la PlayStation?'. E meno male che puntavo sulla loro sensibilità. Il timore più grande però era entrare in uno staff collaudato. Non volevo pensassero fossi lì per farmi vedere, scalpitare o rubare spazi. Preoccupazioni inutili: i valori umani di questo gruppo sono così solidi che non esistono gelosie. C'è una tale armonia che mi sono sentito sempre di dire la mia. Giocatori e staff sono stati una cosa sola, ma quando 60 persone sembrano tutte belle e buone il merito principale non è di quelle 60 ma di una sola, quella che le guida".
SU BONUCCI E CHIELLINI - "Sono due mostri. Quando giocavano con Barzagli, consideravo lui il più completo: un fenomeno. Tra Federer-Bonucci e Nadal-Chiellini, per me Barzagli era Djokovic, un mix perfetto. Pensavo che senza di lui e Buffon avrebbero sofferto, e invece...Sono affamati di vittorie e professionisti incredibili, con una conoscenza perfetta del proprio corpo. Si allenano e fanno prevenzione più di tutti: da sempre".
SULLA VITTORIA - "Unica cosa che conta? E' una frase che non apprezzo. Non rispecchia quello che per me è lo sport. Se la Nazionale avesse perso ai rigori con l'Inghilterra avrebbe comunque lasciato un ricordo indelebile negli italiani. Il calcio è pieno di storie bellissime di chi alla fine non ha vinto. Ma di certo quello che pretenderò da tecnico è che i miei giocatori, da quando si svegliano a quando vanno a dormire, abbiano la convinzione e la voglia di vincere la domenica. Perché vincere non è l'unica cosa che conta, ma dev'essere l'unico tuo obiettivo. Questa per me è la mentalità vincente".
SULLA MEDAGLIA SFILATA DAGLI INGLESI - "Non so fingere: ho trovato questa polemica alimentata da noi italiani patetica. Ho visto decine di finali in cui chi ha perso si è levato la medaglia. Sono rimasti lì 20 minuti, hanno visto noi alzare la coppa a casa loro, qualcuno ha pure applaudito. Che dovevano fare di più? Abbiamo vinto, siamo stati i più belli, gli abbiamo urlato in faccia il nostro orgoglio, non facciamogli pure la morale. Che non è nel nostro Dna, visto che non siamo degli stinchi di santo. Hanno fischiato il nostro inno? Brutto, certo. Ma quante volte i nostri tifosi hanno fischiato quello avversario e Buffon doveva chiamare l'applauso? Sono stato un buon giocatore, ma se serviva anche un figlio di p... Chiellini lo ami se sta nella tua squadra, altrimenti lo odi. Io da avversario in certe partite gli ho fatto pure qualche entrata dura. Noi siamo questi: azzurri, non principi azzurri".
SUL BUS SCOPERTO - "Il problema dell'innalzamento dei contagi non credo sia dipeso da quel tratto di strada, dopo aver visto giorni di feste nelle piazze e migliaia di persone davanti ai maxischermi durante tutto l'Europeo. Se polso fermo doveva esserci, era giusto mostrarlo anche prima. Gli enti preposti dovevano organizzare meglio il nostro rientro e l'inevitabile accoglienza. Detto questo, non è neanche normale che il ministero dice di no, poi cambi idea perché i calciatori chiedono un'altra cosa".
SULLA ROMA - "Tutti sanno cos'è stata e sarà sempre la Roma per me: una seconda pelle, un amore appassionato e puro. Certo che mi piacerebbe allenarla, quando sarò pronto e me lo sarò guadagnato per il mio valore da tecnico e non per il mio passato da calciatore. Credo che accadrà un giorno. Ma è un desiderio, non un'ossessione. Ora voglio fare le mie esperienze in Italia e all'estero".
SU TOTTI - "Mi sembra sereno e soddisfatto del suo nuovo ruolo di agente, che gli permette anche di godersi la famiglia. Ma spero anch'io di rivederlo un giorno nella Roma. Invece di ripetere che non era pronto, che avrebbe dovuto studiare, io credo che Francesco avrebbe meritato una vera chance come dirigente, perché lui sa tanto di calcio. Non essere valorizzato e considerato lo aveva spento e deluso. Mi faceva male vederlo così".
SUL COVID - "L'ho preso in Bulgaria. Sono stato subito male con febbre alta, ma l'ho sottovalutato. Avevo letto che alla mia età, 37 anni, al massimo avevi tre giorni di febbre. Invece è stato un crescendo. Ho vissuto tre fasi. La prima, di malessere vero: tosse tutto il giorno e nausea. Spossante. La seconda, della paura: in ospedale allo Spallanzani, dopo aver preso la saturazione che misurava 87 i dottori, che non smetterò mai di ringraziare, hanno cambiato faccia...Sono stato quattro giorni sotto ossigeno. La terza fase è stata quella dell'attesa: finiti i sintomi, sono stato 18 giorni positivo, senza poter uscire".
SUI NO VAX - "Sono vaccinato, mai stato contro. Posso capire l'anziano che ha paura delle reazioni, ma le manifestazioni in piazza di chi parla di complotti e nega il Covid, le ritengo pure follia. Avere intorno gente che ragiona così mi spaventa. Il vaccino è l'unica strada per tornare ad avere una vita normale. Gli obblighi e le imposizioni mi fanno schifo sempre, la democrazia non si tocca, ma la tua libertà di scegliere non può intaccare la mia salute".
SULL'ADDIO ALLA NAZIONALE - "E' stata una scelta difficile perchè mi sono trovato splendidamente. Io ho dato forse un 1% e loro in cambio mi hanno permesso di vivere un'esperienza indimenticabile. Sarò sempre debitore verso la Nazionale. Però ho chiaro cosa voglio fare: allenare. E per quanto possa sembrare strano, visto che ho solo 38 anni e non mi sono mai seduto in panchina, mi sento pronto. Continuare con la Nazionale, aspettando la prima panchina che si libera, non avrebbe senso e non sarebbe corretto verso la Federazione e verso Mancini che con me si è comportato in modo fantastico".
SUGLI INIZI - "Quando lasciai la Roma, il mister mi invitò a casa sua e mi offrì di diventare un suo collaboratore. Lo ringraziai, ma rifiutai perchè avevo in testa un sogno: giocare con la maglia del Boca Juniors... Mi guardò come se fossi matto, ma mi lasciò una porta aperta: 'Anche il giorno prima che cominci l'Europeo, se avrai voglia di unirti a noi chiamami. Ci serve uno come te'".
SULL'ESPERIENZA - "Mi sono detto: non devo fare troppo il freddo, cambiando il rapporto con giocatori che conosco da anni, ma neanche essere il compagnone di una volta. Sicuramente saranno bravo loro a non coinvolgermi e a non mettermi in difficoltà. Coverciano, pronti via: 'Bella Daniè, l'hai portata la PlayStation?'. E meno male che puntavo sulla loro sensibilità. Il timore più grande però era entrare in uno staff collaudato. Non volevo pensassero fossi lì per farmi vedere, scalpitare o rubare spazi. Preoccupazioni inutili: i valori umani di questo gruppo sono così solidi che non esistono gelosie. C'è una tale armonia che mi sono sentito sempre di dire la mia. Giocatori e staff sono stati una cosa sola, ma quando 60 persone sembrano tutte belle e buone il merito principale non è di quelle 60 ma di una sola, quella che le guida".
SU BONUCCI E CHIELLINI - "Sono due mostri. Quando giocavano con Barzagli, consideravo lui il più completo: un fenomeno. Tra Federer-Bonucci e Nadal-Chiellini, per me Barzagli era Djokovic, un mix perfetto. Pensavo che senza di lui e Buffon avrebbero sofferto, e invece...Sono affamati di vittorie e professionisti incredibili, con una conoscenza perfetta del proprio corpo. Si allenano e fanno prevenzione più di tutti: da sempre".
SULLA VITTORIA - "Unica cosa che conta? E' una frase che non apprezzo. Non rispecchia quello che per me è lo sport. Se la Nazionale avesse perso ai rigori con l'Inghilterra avrebbe comunque lasciato un ricordo indelebile negli italiani. Il calcio è pieno di storie bellissime di chi alla fine non ha vinto. Ma di certo quello che pretenderò da tecnico è che i miei giocatori, da quando si svegliano a quando vanno a dormire, abbiano la convinzione e la voglia di vincere la domenica. Perché vincere non è l'unica cosa che conta, ma dev'essere l'unico tuo obiettivo. Questa per me è la mentalità vincente".
SULLA MEDAGLIA SFILATA DAGLI INGLESI - "Non so fingere: ho trovato questa polemica alimentata da noi italiani patetica. Ho visto decine di finali in cui chi ha perso si è levato la medaglia. Sono rimasti lì 20 minuti, hanno visto noi alzare la coppa a casa loro, qualcuno ha pure applaudito. Che dovevano fare di più? Abbiamo vinto, siamo stati i più belli, gli abbiamo urlato in faccia il nostro orgoglio, non facciamogli pure la morale. Che non è nel nostro Dna, visto che non siamo degli stinchi di santo. Hanno fischiato il nostro inno? Brutto, certo. Ma quante volte i nostri tifosi hanno fischiato quello avversario e Buffon doveva chiamare l'applauso? Sono stato un buon giocatore, ma se serviva anche un figlio di p... Chiellini lo ami se sta nella tua squadra, altrimenti lo odi. Io da avversario in certe partite gli ho fatto pure qualche entrata dura. Noi siamo questi: azzurri, non principi azzurri".
SUL BUS SCOPERTO - "Il problema dell'innalzamento dei contagi non credo sia dipeso da quel tratto di strada, dopo aver visto giorni di feste nelle piazze e migliaia di persone davanti ai maxischermi durante tutto l'Europeo. Se polso fermo doveva esserci, era giusto mostrarlo anche prima. Gli enti preposti dovevano organizzare meglio il nostro rientro e l'inevitabile accoglienza. Detto questo, non è neanche normale che il ministero dice di no, poi cambi idea perché i calciatori chiedono un'altra cosa".
SULLA ROMA - "Tutti sanno cos'è stata e sarà sempre la Roma per me: una seconda pelle, un amore appassionato e puro. Certo che mi piacerebbe allenarla, quando sarò pronto e me lo sarò guadagnato per il mio valore da tecnico e non per il mio passato da calciatore. Credo che accadrà un giorno. Ma è un desiderio, non un'ossessione. Ora voglio fare le mie esperienze in Italia e all'estero".
SU TOTTI - "Mi sembra sereno e soddisfatto del suo nuovo ruolo di agente, che gli permette anche di godersi la famiglia. Ma spero anch'io di rivederlo un giorno nella Roma. Invece di ripetere che non era pronto, che avrebbe dovuto studiare, io credo che Francesco avrebbe meritato una vera chance come dirigente, perché lui sa tanto di calcio. Non essere valorizzato e considerato lo aveva spento e deluso. Mi faceva male vederlo così".
SUL COVID - "L'ho preso in Bulgaria. Sono stato subito male con febbre alta, ma l'ho sottovalutato. Avevo letto che alla mia età, 37 anni, al massimo avevi tre giorni di febbre. Invece è stato un crescendo. Ho vissuto tre fasi. La prima, di malessere vero: tosse tutto il giorno e nausea. Spossante. La seconda, della paura: in ospedale allo Spallanzani, dopo aver preso la saturazione che misurava 87 i dottori, che non smetterò mai di ringraziare, hanno cambiato faccia...Sono stato quattro giorni sotto ossigeno. La terza fase è stata quella dell'attesa: finiti i sintomi, sono stato 18 giorni positivo, senza poter uscire".
SUI NO VAX - "Sono vaccinato, mai stato contro. Posso capire l'anziano che ha paura delle reazioni, ma le manifestazioni in piazza di chi parla di complotti e nega il Covid, le ritengo pure follia. Avere intorno gente che ragiona così mi spaventa. Il vaccino è l'unica strada per tornare ad avere una vita normale. Gli obblighi e le imposizioni mi fanno schifo sempre, la democrazia non si tocca, ma la tua libertà di scegliere non può intaccare la mia salute".