De Rossi:| Il silenzio dei vincenti
Hanno dormito benissimo. Uno, Dani Osvaldo, lo ha pure detto ieri a Coverciano, dove la Nazionale è rientrata dopo la vittoria contro l’Armenia e dove sta preparando la sfida di martedì alla Danimarca. «Come stai?», gli hanno chiesto. E lui, col solito sorriso: «Tutto bene, ho dormito alla grande ». L’altro, Daniele De Rossi, non ha parlato e almeno per ora non intende farlo, ma la tranquillità con cui ieri era anche lui nel centro tecnico dell’Italia vale più di tante - e tutte - quelle frasi che Daniele per adesso non dice. Perché lascia che siano i fatti a parlare per lui (un gol e un assist venerdì sera) e perché, anche se i giorni passano, le parole di Zeman ancora non sono state del tutto dimenticate. A Sabatini, che lo ha chiamato mentre era in ritiro, tre giorni fa ha detto di essere tranquillo e non mentiva: in azzurro sta bene, si allena, ride e scherza con tutti. E’, per dirla con le parole di chi lo vede in questi giorni «il solito De Rossi».
L’esclusione con l’Atalanta, e conseguente spiegazione di Zeman, però gli brucia ancora. Quando tornerà a Trigoria parlerà con l’allenatore e con la società e si aspetta, lui come tutti, che il chiarimento serva a mettere tutto da parte e a ripartire di nuovo insieme per il bene della Roma. Che De Rossi lo voglia non è una novità. E’ una certezza. Così come è una certezza, lo ha detto lui, che si sente un regista. E’ il ruolo che più ama, quello in cui pensa di potersi esprimere al meglio. Eppure in Nazionale rende tanto, e bene, anche da intermedio. Proprio con un inserimento da esterno ha fatto gol all’Armenia (una rete decisiva, visto che il risultato era inchiodato sull’1-1) ed è così che lo vorrebbe Zeman: «Per me - le parole dell’allenatore boemo - è mezzo destro o mezzo sinistro. Penso che sia la posizione dove si può esprimere nel migliore dei modi». Anche quando c’era Ranieri in panchina e veniva schierato in quella posizione De Rossi sfruttava il suo feeling con la porta. In Nazionale, come detto lo fa da tempo e durante gli ultimi Europei è stato uno dei migliori, cosa peraltro riconosciuta a livello mondiale. E allora, ci si chiede, perché con la Roma attuale non può farlo? La risposta è che De Rossi con la Roma lo fa, se Zeman lo impiega. A Milano, ad esempio, il regista era Tachtisidis e lui e Florenzi gli intermedi, almeno all’inizio visto che poi era stato costretto a lasciare il posto a Marquinho. E allora, ci si chiede ancora, perché non rende? Perché lo stato di forma fisico, dopo l’infortunio, lo ha penalizzato e perché con Pirlo e Marchisio c’è un feeling che, per forza di cose, coi compagni della Roma ancora non c’è. E perché, infine, il regista della Juve non è Tachtsidis: senza voler entrare nel merito della classe di ognuno, è sufficiente dire che il primo ha esordito in serie A quando il secondo aveva appena 4 anni. C’è bisogno di tempo, c’è bisogno di risultati positivi e c’è bisogno di ritrovare quella fiducia che, dopo tutto l’entusiasmo del precampionato, adesso sembra essersi un po’ persa. La deve ritrovare De Rossi (Rivera a parte, il centrocampista più prolifico in azzurro dal dopoguerra con 12 reti, una in più dell’amico Pirlo che pure batte rigori e punizioni), la deve ritrovare la Roma e la deve ritrovare, almeno a Trigoria, anche Osvaldo. La società, che lo ritiene incedibile nonostante le sirene da Torino si facciano sentire e anche belle forti, ha apprezzato le sue dichiarazioni del post partita, ne ha apprezzato la sincerità (non poteva negare che ci fosse rimasto male per le parole di Zeman) ma i toni sono stati pacati. E questo per adesso basta, in attesa del rientro, mercoledì, al Bernardini. Rientro che, sicuramente, vedrà i due romanisti piuttosto carichi e motivati. A confermarlo anche un Tweet dell’attaccante: «Le persone che mi hanno criticato me le sto lasciando dietro».