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Il tramonto della Roma
Il tramonto della Roma arriva dopo lo spunto vincente del solito Dybala e al termine di una condotta tattica che è sembrata sintetizzare un’ammissione implicità d’inferiorità. Si può capire che una squadra reduce da alcune difficoltà e da un conseguente cambio di allenatore decida di giocare allo Juventus Stadium con una cerniera in difesa e posizioni bloccate a centrocampo, ma fa comunque effetto vederlo fare da una squadra che un girone fa aveva surclassato la stramba Juve d’inizio stagione, autorizzando ambizioni da scudetto. E questo fino a non molte giornate fa. Invece ora si capisce che lo scudetto sarà una questione circoscritta a Napoli e Juventus.
La Roma si eclissa e il simbolo di questo definitivo abbandono sembra proprio De Rossi, il capitano scelto da Spalletti come regista difensivo alla luce della buona capacità di amministrazione del gioco del centrocampista, dei suoi tempi in copertura e della sua presunta maturità di giocatore leader, quella che però poi lo stesso De Rossi mette in dubbio con atteggiamenti e/o parole di dubbia trasparenza. A parte l’epiteto rivolto a Mandzukic in un momento di alta pressione, ciò che colpisce maggiormente in negativo di De Rossi sono i colpi proibiti a cui spesso si lascia andare, esempio - ancora su Mandzukic, quel calcio che gli vale l’ammonizione (ma se si trattava di condotta violenta senza pallone a distanza di gioco, allora forse Banti avrebbe dovuto scegliere il cartellino rosso) oltre a un colpo alla schiena sempre a danno del croato. Per non parlare, tornando agli atteggiamenti, di quel braccio teso che colpisce, assieme al braccio dell’attaccante juventino, il pallone. L’arbitro vede il fallo di Mandzukic e lui infierisce invece di moderarsi.
Cose che rimangono sul campo, si dice adesso. Ma spiace che un campione del potenziale di De Rossi debba sprecare spesso il suo talento così, fuori dalla peculiarità tecnica della partita. De Rossi, a scanso di equivoci, è un ragazzo intelligente e lo affermo avendolo conosciuto da ragazzo, ai tempi dell’Under 21. Ha una forte personalità che lo spinge a volte ad andare fuori rotta. Gli è capitato anche in azzurro. Un peccato perché adesso, riguardando la folle stagione della Roma, ancora una volta partita sulla scia del solito entusiasmo preventivo, e poi sgonfiatasi partita dopo partita, anzi delusione dopo delusione. il rammarico è innegabile.
De Rossi, oltre a Totti in panchina, è suo malgrado simbolo di questa assenza. La Roma non è dove dovrebbe essere, a giocarsi la vetta. E se questo accade quando ancora manca metà stagione all’esito finale è perché la squadra giallorossa una volta di più non ha trovato nei suoi giocatori più rappresentativi il dovuto sostegno, quello che invece hanno offerto i leader bianconeri ad Allegri nei giorni più neri della Juve, quando la Roma al contrario saliva.
La Roma si eclissa e il simbolo di questo definitivo abbandono sembra proprio De Rossi, il capitano scelto da Spalletti come regista difensivo alla luce della buona capacità di amministrazione del gioco del centrocampista, dei suoi tempi in copertura e della sua presunta maturità di giocatore leader, quella che però poi lo stesso De Rossi mette in dubbio con atteggiamenti e/o parole di dubbia trasparenza. A parte l’epiteto rivolto a Mandzukic in un momento di alta pressione, ciò che colpisce maggiormente in negativo di De Rossi sono i colpi proibiti a cui spesso si lascia andare, esempio - ancora su Mandzukic, quel calcio che gli vale l’ammonizione (ma se si trattava di condotta violenta senza pallone a distanza di gioco, allora forse Banti avrebbe dovuto scegliere il cartellino rosso) oltre a un colpo alla schiena sempre a danno del croato. Per non parlare, tornando agli atteggiamenti, di quel braccio teso che colpisce, assieme al braccio dell’attaccante juventino, il pallone. L’arbitro vede il fallo di Mandzukic e lui infierisce invece di moderarsi.
Cose che rimangono sul campo, si dice adesso. Ma spiace che un campione del potenziale di De Rossi debba sprecare spesso il suo talento così, fuori dalla peculiarità tecnica della partita. De Rossi, a scanso di equivoci, è un ragazzo intelligente e lo affermo avendolo conosciuto da ragazzo, ai tempi dell’Under 21. Ha una forte personalità che lo spinge a volte ad andare fuori rotta. Gli è capitato anche in azzurro. Un peccato perché adesso, riguardando la folle stagione della Roma, ancora una volta partita sulla scia del solito entusiasmo preventivo, e poi sgonfiatasi partita dopo partita, anzi delusione dopo delusione. il rammarico è innegabile.
De Rossi, oltre a Totti in panchina, è suo malgrado simbolo di questa assenza. La Roma non è dove dovrebbe essere, a giocarsi la vetta. E se questo accade quando ancora manca metà stagione all’esito finale è perché la squadra giallorossa una volta di più non ha trovato nei suoi giocatori più rappresentativi il dovuto sostegno, quello che invece hanno offerto i leader bianconeri ad Allegri nei giorni più neri della Juve, quando la Roma al contrario saliva.