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    De Rossi: 'Covid? Sono contro i negazionisti. Mancini è inciampato. E sul mio futuro...'

    De Rossi: 'Covid? Sono contro i negazionisti. Mancini è inciampato. E sul mio futuro...'

    Daniele De Rossi è stato uno degli ospiti della settima puntata di “Propaganda Live”, il talk show di “La7” . L'ex capitano romanista parlando in primis del suo presente: “Sono un ex calciatore, un padre a tempo pieno. Mi trovo bene in questa nuova veste, ma spero non duri in eterno“.

    Confermi che vuoi fare l’allenatore?
    Confermo che voglio fare l’allenatore. A gennaio non pensavo che ci sarebbe stata di mezzo una pandemia. Avevo progettato per quest’anno di andare a vedere qualche allenatore, invece non ho potuto.

    Il Covid ha colpito pure il Boca.
    Ho parlato con i miei compagni, un falso negativo ha contagiato gli altri. Tra staff e calciatori c’è stata una trentina di contagi.

    Il post di Roberto Mancini (la vignetta: “Hai idea di come ti sei ammalato?”, “Guardando i tg”) ha generato un putiferio. Cosa ne pensi di quest’uscita?
    Conosco lui personalmente, è una persona da seguire. Stavolta è inciampato su una buccia di banana, si è scusato prontamente. Ho letto di richieste di dimissioni, ma il polverone mi sembra eccessivo. Io non sono un virologo, tendo a fidarmi di chi – spero – abbia a cuore la salute di tutti noi. Tanti virologi hanno detto cose diverse, questo destabilizza tutti e porta a un clima di incertezza. Mi ha chiamato Conte? No (ride, ndr).

    Per trasmettere un messaggio Conte ha chiamato Fedez e Chiara Ferragni…
    Credo sia stata una polemica assurda. E’ una legge di mercato, succede anche me per strada. Per far arrivare un messaggio devi usare un veicolo che arrivi. Fedez e Chiara Ferragni sono più ascoltati dai ragazzi e mi sembrano persone in gamba. Non ci vedo niente di male.

    Nello sport c’è negazionismo rispetto agli eventi?
    Io sono un po’ fuori dallo sport ora. Però c’è gente che è così di indole. Ho un amico, sportivo ma non calciatore, che un po’ di tempo fa mi disse: “Si sa che la Juventus deve vincere perché c’è Agnelli”. Ma come? Io mi facevo espellere per non farli vincere! Diceva pure che ai calciatori non facevano il doping.

    Vediamo se sei negazionista, quanti scudetti ha la Juve?
    Non me lo ricordo veramente (ride, ndr). Agnelli ha detto che segue le regole, quindi due di meno.

    Cosa ne pensi del campionato passato e di quello attuale, con il caso Juve-Napoli?
    I campionati sono regolari, non verranno ricordati come i più belli della storia del calcio. Forse quello dell’anno scorso è stato un po’ falsato, vedi i percorsi di Lazio e Milan. Cambia giocare una partita a marzo o ad agosto. Il torneo di quest’anno è diverso da solito, ma si parte tutti insieme.

    I calciatori non hanno un’immagine positiva nel dibattito sul coronavirus…
    Si tende a sottovalutare i calciatori. Sono tanti quelli che hanno voce in capitolo. Ad oggi ci sono 15.000 contagi al giorno, il calciatore non è immune. In NBA hanno fatto solo i playoff in bolla, ma il calciatore in un anno fa una vita normale.

    Negli anni Settanta era più facile per un giocatore parlare di politica. Su di te sono state scritte molte fake news. Per quale motivo è così difficile esporsi pubblicamente, a differenza degli Stati Uniti, dove molte star lanciano messaggi politici?
    Simy del Crotone ha parlato della brutalità della polizia nigeriana, in America il discorso nasce col razzismo. Molte star americane prendono a cuore il discorso politico perché hanno un background di sofferenze e ingiustizie. Quando hanno una voce che fa rumore si fanno sentire. In Italia è diverso, c’è molta strumentalizzazione. Io sono stato accostato a un’organizzazione di estrema destra, poi quando feci un in bocca al lupo alla Raggi si scrisse che volevo salire sul carro dei vincitori. Si è detto pure che ero un calciatore comunista.

    Tu non sei un tipo social. Per il tuo profilo Twitter (creato appositamente dal programma televisivo, ndr) hai una frase da spogliatoio condivisibile?
    Sì, anche se mi ha sempre portato sfiga quindi ho smesso di dirla. Vito Scala mi invogliava a dirla sempre. Era un invito ai miei compagni, lo dicevo in romano: “Dove non si arriva coi piedi, ci arriviamo con le mani”.

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