Redazione Calciomercato
De Laurentiis sbotta contro le tv come 7 anni fa, la sua esuberanza dialettica è diventata 'il problema' del Napoli
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Sarà per la corrida spagnola negli ottavi di finale di Champions, ma De Laurentiis esibisce un’altra scena da catalogare nei video salvati per sempre. Scambia lo stadio olimpico del Montjuic con la limitrofa plaza de toros, il microfono dei giornalisti come drappo rosso del torero, e parte alla carica. Interrompe l’intervista di Politano con Sky, richiamando e trascinando il giocatore. Poi torna sui propri passi, alza ancora la voce con chi lo osserva sgranando gli occhi per lo stupore, quindi spintona un cameraman e se ne va, incurante delle conseguenze. E tronfio per quel che ha fatto.
È fuori strada chi immagina chissà quale contenzioso economico con Sky o problema di posizionamento orario tipo qualche giorno fa con Dazn. No, anche stavolta, come sette anni fa, il motivo (il pretesto?) è il giornalista che sta intervistando Politano. Si chiama Massimo Ugolini, viene “accusato” di essere tifoso laziale. Per la cronaca, sta facendo (al solito bene) il proprio lavoro. Per la storia, che De Laurentiis conosce benissimo, Ugolini fu il primo giornalista designato da Sky al seguito di un’unica squadra, il Napoli, addirittura nel 2004.
A beneficio dei giovanissimi che magari non lo sanno: venti anni fa, quasi in contemporanea, Sky da pochi mesi era sbarcata in Italia e De Laurentiis aveva appena acquistato il Napoli dal fallimento. Dal 2004 a ieri, il cronista Ugolini ha raccontato la quotidianità del Napoli di ADL. Tutti i giorni, anzi quasi giorno e notte da quando è nato il canale h24. Gioie e dolori, vittorie e sconfitte, eliminazioni e qualificazioni e quant’altro. E anche, da bordo campo, qualsiasi partita, “perfino” Lazio-Napoli o viceversa, senza recriminazioni da parte di nessuno. All’improvviso, nella plaza de toros di Barcellona, ieri De Laurentiis lo ha visto come un drappo rosso (biancoceleste) e l’ha caricato come un toro. La risposta di Federico Ferri, direzione Sky, non si è fatta attendere. E chiudiamola qui, con un ricordo personale sbloccato a sette anni di distanza, perchè l’episodio in sé è gravissimo per la spinta al cameraman, ma ordinario per gli scatti d’ira del presidente.
Non un episodio isolato. Sinceramente e senza offesa, l’incontinenza umorale di De Laurentiis sembra sia diventata un problema. Anzi: “il” problema del Napoli. Gli ex allenatori non raccontano nulla, perchè probabilmente vincolati da minuziosi contratti con decennali clausole di riservatezza. Ma si sa che i rapporti sono stati sempre burrascosi. Difficili. Irrispettosi. Verbalmente violenti. Mazzarri e Benitez, Sarri e Ancelotti, infine Gattuso e più recentemente Garcia: nessuno risponderà. Ma Spalletti ha resistito solo isolando se stesso e la squadra, nel rifugio di Castelvolturno. Per capirsi: quando il presidente parla, si sta tutti zitti e non si risponde. Un “sì, ok” alla fine di ogni sfuriata. Stop. E poi al lavoro in campo, seppure con le ferite aperte per ciò che si è appena ascoltato.
Un problema, anzi “il” problema, è che l’arroganza di De Laurentiis svaria da giornalisti a giocatori e allenatori, fino a sconfinare tra dirigenti e rappresentanti di Fifa e Uefa. E con le massime istituzioni del calcio, l’esperienza insegna che sarebbe meglio procedere con prudenza. Invece il presidente del Napoli l’anno scorso si lanciò in una sfida verbale con l’Uefa proprio alla vigilia del quarto di Champions contro il Milan e di sicuro non produsse nulla di buono. Più di recente ha minacciato un’azione legale contro la Fifa per l’eventuale ammissione della Juventus al Mondiale per club, salvo poi promettere un premio di 10 milioni ai giocatori del Napoli se dovessero qualificarsi sul campo. Non è una contraddizione?
La domanda, una delle tante, ha una sola risposta: l’esuberanza dialettica di ADL non fa bene, a lui e nemmeno al Napoli. Anche senza esagerare né strumentalizzare la spinta al cameraman e l’intervista interrotta di Sky, ci sono troppi ricordi, troppi sfoghi, troppe scenate furibonde. L’uomo De Laurentiis è questo e va accettato, d’accordo. Ma condiviso, no. Neanche un po’.