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Dalle scritte choc contro Scirea di Firenze a Sarri che evita Guardiola: gli italiani hanno scordato l’etica sportiva
Spesso, guardando una partita di calcio in Italia, ci si chiede se ormai quei valori di etica, di rispetto per l'avversario, e lo "spirito della sportività" tanto caro a De Coubertin si siano ormai persi in ogni parte del mondo. Fortunatamente non è così, e il campionato inglese è riuscito, in due episodi, ad esserne la dimostrazione.
Il primo accadde nel 2014 nella partita di addio del calciatore inglese Ledley King dove Howard Webb, ex-fischietto internazionale considerato tra i migliori arbitri di sempre, subì un tackle scherzoso di Holtby, a cui è seguita una finta colluttazione che ha divertito sia i giocatori in campo che i tifosi sugli spalti. Il secondo, ben più recente, nella sfida tra Manchester City e Chelsea del 10 febbraio, ha visto l'arbitro Dean come protagonista, che nascose per scherzo il pallone dell'hat-trick di Aguero, consegnandoglielo poco dopo tra le risate dei protagonisti.
E se questi episodi fossero successi in Italia? Di sicuro sarebbe scoppiato il finimondo. Si sarebbero scritti fiumi di parole sul fatto che l'arbitro è stato in malafede, che questo dimostra la connivenza dell'arbitro con la squadra di casa, di campionato falsato, forse addirittura una interrogazione parlamentare come accadde nel concitato post Juventus-Roma del 2014. Nel nostro paese ormai, purtroppo, la visione di una partita di pallone non è più un avvenimento sportivo, ma una lotta tra bande, una tenzone e contrapposizione tra due opposti schieramenti come alla vigilia di un conflitto bellico e in certi casi, come accaduto prima del mestamente noto Inter-Napoli, lo diviene per davvero.
Il rispetto per l'avversario non esiste più, ed anche l'obiettività cede il passo ad una crescente faziosità che comporta addirittura il negare ogni episodio sfavorevole per la propria squadra, trincerandosi dietro il classico "eh ma gli altri" che attinge a piene mani dalla politica. Non c'è di che stupirsi: la politica, da sempre, è la cartina di tornasole di un popolo, ne è l'esatto riflesso. Si è passati dal tifare una squadra a tifare contro un'altra, gioendo per le sconfitte altrui, usando lo sfottò e le offese pesanti come arma, oppure veicolando pessimi messaggi, come quelli che inneggiano alla morte di tifosi come accade citando i supporter juventini tragicamente scomparsi nell'incidente dell'Heysel del 1985, di ex calciatori deceduti da tempo, come ad esempio Scirea, vergognosamente bersagliato da anonimi pseudo-tifosi, e così via. Il tutto, in un deprecabile climax ascendente di maleducazione e di violenza verbale. I social, anziché veicoli di unione, seguono questo andazzo, diventando l’ulteriore pretesto per vomitare livore contro una squadra o un tesserato, oppure per battibeccare contro altri tifosi, che con assoluta lietezza rispondono al fuoco aumentando il volume di degrado, in una assurda gara a chi spara l’insulto peggiore, attorniati da una folla di divertiti curiosi che assecondano questi comportamenti deprecabili.
Il gesto di Sarri, che non ha stretto la mano di Guardiola alla fine della partita City-Chelsea, è il prodotto finale di quanto avviene in Italia: l’avversario che vince non deve essere elogiato, ma maledetto, disprezzato, ignorato. E’ un pericoloso schiaffo all’etica sportiva, da cui bisogna assolutamente prendere le distanze. Fortunatamente Zola, uomo di alta levatura morale, ha messo una pezza, ed è da lui che si dovrebbe prendere esempio: il calcio non deve diventare un veicolo d’odio, ma di rispetto reciproco, di unione per passare una bella serata o un bel pomeriggio a tifare per i propri beniamini, isolando gli antisportivi. Per correttezza, va detto che recentemente in Inghilterra si sono verificati i deprecabili episodi di sfottò contro Emiliano Sala, tragicamente scomparso nell'ormai noto incidente aereo, e contro Sterling, nel primo caso mimando l'aereo che precipitava in mare, nel secondo caso con insulti razzisti. Con la piccola differenza che, in terra d’Albione, comportarsi in questo modo dà vita a misure repressive contro i suoi autori, mentre in Italia il tutto passa come “fenomeno di costume”, di “sana rivalità sportiva”. Si sta arrivando al ribaltamento della realtà, e non si può più soprassedere.
Che ci si goda il calcio, non gli insulti, ne beneficeranno tutti.
Oozora