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Dalla provincia alla provincia: Fabio Pecchia, l’artefice del miracolo Cremonese raccontato da vicino
DALLA PROVINCIA ALLA PROVINCIA - Nato a Formia il 24 agosto 1973, Fabio Pecchia è cresciuto a Lenola, borgo di 4.000 abitanti in provincia di Latina, che ha dato i natali al politico comunista e partigiano Pietro Ingrao. Il legame con la sua terra racconta parte della storia: "È un lenolese puro. Ha conosciuto sua moglie Angela qui, all’asilo, ed è tornato l’ultima volta quando ha giocato a Frosinone. Appena può, fa sempre una scappata e si gode qualche giorno in casa con noi. Poche le uscite, al massimo un giro in chiesa o una visita al santuario della Madonna del Colle". Perché la famiglia vale più di tutto. E per intendere il concetto basta poco: "Venerdì sera - spiega Francesco - ero con lui, a Como. Roberta e Mariangela, le nostre sorelle, hanno guardato la partita a casa. Novanta minuti di tensione, poi la gioia della vittoria".
MISTER TRANQUILLITÀ - Francesco, classe 1969, oggi è un fisioterapista. Con Fabio ha condiviso e condivide la passione di una vita: "Essendo anche allenatore e match analyst, come lui vivo per il calcio. Venerdì, quando ci siamo trovati a parlare, mi sono fatto dire subito la formazione". Poi la domanda: " ‘Gioca Di Carmine?’ (ride, ndr). Lo avevo visto bene, sapevo che gli avrebbe regalato una sorpresa". Mix vincente tra profili d’esperienza (Di Carmine, Ciofani, Castagnetti, Strizzolo) e giovani italiani interessanti (Carnesecchi, Okoli, Sernicola, Fagioli, Zanimacchia, Gaetano), il segreto della Cremonese tornata grande è la tranquillità: "Fabio trasmette serenità anche nei momenti più difficili della stagione. Dopo una sconfitta, fa capire di avere tutto sotto controllo con un semplice messaggio su Whatsapp".
"IO MARCO IL PIÙ FORTE" - A Lenola, la storia viene ripetuta dalla gente del posto con un sorriso: "Francesco era il più forte dei due, Fabio è arrivato in Serie A". Racconti di paese, ma con Francesco la puntualizzazione non tarda ad arrivare: "Si dice sempre così, la realtà è diversa. Entrambi giocavamo a calcio, seguiti da papà, l’uomo che ci ha trasmesso la passione e che ancora oggi, a 80 anni, dedica giornate intere ai ragazzi della sua scuola calcio. In periodi diversi, andammo a fare dei provini. Io a San Basilio, con la Lazio. Mi presero, ma mia madre non volle mandarmi lontano da casa e così non se ne fece nulla". Qualche anno dopo, Fabio fu notato dal talent scout Gino Corrado ad Avellino. "Venne selezionato, quella volta a decidere fu papà e in quel momento iniziò la sua carriera. Avevamo caratteristiche e ruoli diversi, ma a far la differenza per lui fu la testa. A 12 anni si trasferì in un’altra città per realizzare il sogno". Questione di mentalità: "Giocava con il mio gruppo. Nonostante avesse 4 anni in meno, dettava legge in mezzo al campo. Nelle partite, marcava sempre l’avversario più forte e non gli faceva toccare un pallone. Se ha fatto 337 presenze e 41 gol in Serie A, un motivo ci sarà".
CORONA D’ALLORO - Partite, allenamenti, vita quotidiana. "Il segreto di Fabio - spiega Francesco - è l’organizzazione". Un aneddoto rende l’idea: "Negli anni a Napoli (1993-97), si laureò in Giurisprudenza. In un periodo in cui si diceva che chi giocava a pallone non potesse studiare, fu una sfida per lui e la vinse. Tra un allenamento e l’altro, si fermava al centro sportivo della squadra per preparare gli esami. Un passo per volta, si è costruito un pezzo di futuro".
LATINA, POI CON RAFA - Volgendo lo sguardo indietro, Francesco racconta i momenti fondamentali della carriera in panchina di Fabio: "Nel suo percorso è stata fondamentale l’esperienza a Latina. Vicino alla promozione in B, venne esonerato nel momento migliore della stagione. Da lì, la decisione di fare uno stage in Inghilterra, dove Rafa Benitez si innamorò di lui. Lo scelse come secondo". L’occasione della vita: "Prima il Napoli, poi il Real Madrid e il Newcastle. È in posti così che si fa il salto di qualità".
IL GIAPPONE E DI NUOVO L’ITALIA - Poi, una parentesi in Giappone, all’Avispa Fukuoka (2018-19): "In Asia ha avuto un’esperienza umana incredibile, al di sopra del calcio e con meno stress. Poi è arrivata la chiamata della Juve Under 23 nell’estate 2019 e ha risposto presente, rientrando nel giro fino alla chance di Cremona". Un’occasione arrivata nel gennaio 2021 e fino a oggi, forse, il risultato più importante: "Ha fatto un percorso lungo e lavorato, il traguardo raggiunto racchiude tanta soddisfazione. Poteva succedere anche a Latina (2012-13), mentre a Verona (2016-18), piazza al tempo con aspettative più alte, in fondo la Serie A era attesa. In questo caso parliamo di un exploit costruito in maniera perfetta". E indirizzato dall’abilità nella gestione dei momenti: "Credo che la svolta sia arrivata con l’ultimo tour de force, giocando ogni tre giorni. La condizione fisica, unita alle motivazioni, ha fatto la differenza e sono arrivati i punti più pesanti. Il finale è stato complicato, si è vista la fragilità di un gruppo giovane vicino all’impresa. A un certo punto, il sogno sembrava svanito". Solo a un certo punto. Perché oggi, con Fabio Pecchia, la provincia è di nuovo in Serie A.