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    Dalla Juventus all'Eccellenza, Mattiello a CM: "Ho fatto una carriera fuori ruolo"

    Dalla Juventus all'Eccellenza, Mattiello a CM: "Ho fatto una carriera fuori ruolo"

    • Francesco Guerrieri
    Cadere e rialzarsi, lasciare casa a 13 anni e tornarci a 29 dopo aver girato l'Italia (con una puntata in Olanda ai Go Ahead Eagles). Oggi Federico Mattiello ha 29 anni ed è uscito dai riflettori, gioca in Eccellenza nel Pietrasanta a 50 km da dove è nato. Un passato in Serie A tra Juventus, Chievo, Spal, Bologna, Cagliari e altre squadre; più di 100 presenze in carriera per lui che neanche voleva fare il calciatore: "E' vero, preferisco il tennis - racconta Mattiello nella nostra intervista - E' uno sport che fa più per me perché ti gestisci da solo, ti alleni da solo e non c'è bisogno di fare buon viso a cattivo gioco".

    Dalla Juventus all'Eccellenza in 10 anni: cos'è successo?
    "Un mix di cose. Sicuramente i problemi fisici hanno influito, ma c'è stato anche un aspetto mentale".

    Spiegaci.
    "Dopo un grave infortunio bisognerebbe accettare che le cose cambiano, invece la testa continua a chiedere sforzi fisici che il corpo non è più in grado di fare".

    Altri motivi?
    "C'è sempre stato un fraintendimento sul mio ruolo: per gran parte della mia carriera ho fatto il terzino, ma quella posizione non mi è mai piaciuta".

    E oggi?
    "Ora faccio il trequartista con il numero dieci sulle spalle, e a volte gioco anche in attacco".

    Chi è stato il primo allenatore a metterti terzino?
    "Nel settore giovanile della Juventus ho fatto l'ala e la mezz'ala, poi mi sembra che Baroni in Primavera mi schierò in quella posizione. E rimasi lì anche con Zanchetta, Grosso e con l'etichetta di terzino sono salito in prima squadra. Ma in quel caso fu una fortuna".

    Perché?
    "Perché a centrocampo c'erano giocatori come Pogba, Vidal etc. Da esterno difensivo ho avuto la possibilità di rimanere con i grandi e fare qualche partita".

    E in tutta la carriera non hai mai detto a nessun allenatore che non volevi giocare in quel ruolo?
    "No, mai. Purtroppo sono sempre stato un soldatino, forse parlando di più avrei potuto far presente questa cosa. Anche perché quando facevo il terzino succedeva sempre qualcosa di negativo".

    Per esempio?
    "Maran mi aveva voluto a Cagliari dopo avermi già allenato al Chievo: ero arrivato in estate per fare il terzino destro titolare, a fine agosto ero già sul mercato perché non avevo convinto. Sono rimasto, e mi sono fatto anche qualche tribuna per scelta tecnica. Ma non do la colpa a lui, io in quel ruolo non mi trovavo proprio".

    Com'è finita quella stagione?
    "Maran esonerato a metà campionato, arriva Zenga che cambia modulo: giochiamo col 3-5-2, mi schiera a tutta fascia, io gioco di più e faccio una seconda parte di stagione positiva".

    Quanti infortuni hai avuto in carriera?
    "Ho perso il conto, credo di non avere più parti del corpo che non siano state lesionate o operate".

    Hai mai pensato dove potresti essere ora senza tutti quei ko?
    "Sì, mi è capitato, ma probabilmente doveva andare così. Anche perché, se devo essere sincero, quello del calcio non è un mondo che mi piace particolarmente".

    Tuo padre ha raccontato che da tennista eri anche più bravo.
    "Sì, ero più forte e mi piaceva di più".

    Allora come mai hai scelto il calcio?
    "Per convenienza, in Italia è più facile buttarsi sul pallone. A 13 anni mi aveva cercato la Juventus che mi avrebbe fatto vivere a Torino a spese loro. Nel tennis c'erano più incognite: dovevamo pagare il maestro, avrei dovuto girare l'Europa già da piccolo e il tutto senza nessuna garanzia sul futuro".

    E quindi...
    "I miei genitori hanno fatto la scelta più logica, io avevo poca voce in capitolo ma avrei preso la stessa decisione".

    In passato hai detto che l'esperienza a Torino ti ha cambiato come persona: in cosa sei cambiato?
    "Nela Juventus insegnavano anche i valori umani: avendo mamma e papà lontani, le persone che mi hanno seguito a Torino mi hanno fatto un po' da genitori. Mi dicevano che dovevo pensare anche a studiare, mi hanno insegnato i valori da portare in campo che poi sono gli stessi che bisogna avere nella vita".

    Che esperienza è stata giocare nella Juventus?
    "E' sata una grande esperienza, se penso che ho vissuto una Juve con Tevez, Buffon e altri campioni è qualcosa d'incredibile: è come se avessi studiato nella miglior università al mondo. Il rovescio della medaglia è che nella squadra di quest'anno avrei potuto fare qualche partita in più".

    Il primo ricordo di Allegri?
    "Arrivò in un'estate caldissima durante la quale Conte annunciò le dimissioni dopo due giorni di ritiro, Allegri si presentò tra le proteste dei tifosi e anche qualche giocatore scontento. C'era una grande confusione, ma in poco tempo tutti si accorsero del suo livello".

    Cosa ti ha detto la prima volta che vi siete visti?
    "Io ero appena salito dalla Primavera e sarei dovuto andare in prestito in B o in C, mi disse che voleva tenermi perché in ritiro l'avevo impressionato in positivo".

    In quella stagione vincete lo scudetto e arrivate in finale di Champions: ci racconti le emozioni di un giovane Mattiello che si stava affacciando al calcio dei grandi?
    "In questi contesti mi sono sempre esaltato, a maggior ragione quando vedevo grandi campioni intorno a me. Quell'anno ho giocato poco perché c'erano delle gerarchie, ma è stato il periodo migliore della mia carriera. Infatti, poi, sono andato in prestito al Chievo e nonostante fosse una squadra che si salvava con tranquillità in Serie A, ero uno dei migliori della rosa".

    Chi era il giocatore della Juve col quale avevi più legato?
    "Noi giovani avevamo fatto gruppo: c'eravamo io, Audero, Marrone e un Morata 20enne appena arrivato in Italia al quale gli ho anche insegnato un po' d'italiano".

    Se ti dico 23 settembre 2018? 
    "Cos'è successo?! Io non mi ricordo neanche quello che mi sono mangiato il giorno prima...".

    Primo gol in Serie A.
    "Ah sì, è stato bellissimo e inaspettato. Stavo cercando da una vita questa rete, l'anno prima quando ero alla Spal ci ero andato vicino più volte; quando vedevo che non arrivava avevo deciso di non pensarci più, e in quel momento gol fatto gol. Tra l'altro è arrivato in un periodo difficile per la squadra, quella vittoria con la Roma ci risollevò un po'" 

    In un Chievo-Roma ti sei fratturato tibia e perone in uno scontro con Nainggolan: sette mesi fuori. E' stata quella la sliding door della tua carriera?
    "E' stato un momento importante che ha cambiato le cose, ma non c'è stato un fattore scatenante che ha indirizzato la mia carriera".

    Come si affronta un infortunio del genere a 20 anni?
    "Arrivavo da una condizione mentale e fisica strepitosa, a quell'età non pensi molto a quello che succede. Diciamo che ero più spaventato dopo, anche solo nel tornare a camminare; ma i dottori mi avevano rassicurato e io ho affrontato tutto con leggerezza e forza. Il problema, come detto, è quando sono tornato in campo perché il corpo non rispondeva agli imput della testa".

    Chi è l'avversario più forte che hai affrontato in carriera?
    "Douglas Costa, era capace di qualsiasi cosa e non sapevi mai che aspettarti. Se lo incontravi in giornata dovevi farti il segno della croce".

    Se potessi tornare indietro c'è una scelta che non rifaresti?
    "Quando ero a Bologna ho cambiato procuratore passando da Pastorello a Riso, oggi non rifarei quella scelta. Negli ultimi anni, invece, ho lavorato con Michele Puglisi (MP Management, ndr) col quale mi sono trovato benissimo e ancora oggi abbiamo un ottimo rapporto".

    Ti piacerebbe tornare nel calcio ad alti livelli con un altro ruolo?
    "Negli ultimi tempi me lo sto chiedendo anch'io, ma non ho fretta di avere una risposta. Ora sto giocando al Pietrasanta dove c'è una grande organizzazione nonostante sia una squadra dilettantistica. Magari, rimanendo qui in società, potrei iniziare ad allenare i ragazzi più giovani. La cosa mi incuriosisce, però c'è ancora tempo".

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    Dav8Sbar1
    Dav8Sbar1

    Una carriera fuori ruolo, volevo giocare a pallavolo

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