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Dalla Curva Sud al Paradiso, presentato a Roma il libro del procuratore Pietro Chiodi
L’opera ha anche uno scopo benefico, visto che parte del ricavato della vendita verrà versato all’associazione Komen, per la ricerca e la lotta contro i tumori al seno.
LA PRESENTAZIONE - Difronte a una sala gremita, Chiodi – di dichiarata fede romanista, nel caso non fosse chiaro dal titolo del suo lavoro – ha iniziato a raccontare i suoi momenti indelebili da tifoso. Il suo primo beniamino, ha rivelato, fu Falcao: “Quella Roma la sento tantissimo come mia. Mi fece appassionare”. E poi le emozioni dello Scudetto del 2001, vinto in concomitanza della morte di suo padre. “Per cercare di raccontare i tanti aneddoti mi sono reso conto di una difficoltà – ha rivelato – quella di doversi ricordare bene le date, per dare un ordine cronologico sensato agli eventi. Soprattutto con quelli più vecchi, sono talmente forti le emozioni che ancora si provano a ricordarli, che si fa fatica a collocarli in un momento preciso”.
ANEDDOTI - Non sono mancati momenti di ilarità, come quando è stata raccontata la nascita dell’amicizia con mister Di Francesco: “Faceva il team manager ai tempi di Spalletti. Doveva convocare all’ultimo Pietro Pipolo, all’epoca in Primavera, come terzo portiere. Invece sbagliò numero e chiamò un altro Pietro in rubrica, che ero io. Ci conoscevamo già, ma è da quel momento che il nostro rapporto è iniziato veramente. Ancora ci ridiamo quando lo raccontiamo”. L’ex tecnico è stato anche tra gli assistiti di Chiodi. Fu lui a portarlo a Roma dal Sassuolo, mentre con Ranieri non ci sono stati particolari retroscena di mercato, ma solo un’amicizia nata per caso, attorno alla Roma: “Siamo entrambi innamorati di questa squadra – ha detto Sir Claudio – Ne parliamo spesso perché abbiamo sempre il sogno di vederla grande”. Il procuratore, prima di chiudere e concedersi, insieme ai due allenatori, alle domande dei cronisti, ha sottolineato ciò che è anche scritto nel libro stesso, nel capitolo dedicato proprio a Ranieri: “A lui devo l’esperienza calcistica che mi ha lasciato, ma soprattutto lo ringrazio per la romanità che mi ha trasmesso. Quella che non conoscevo e che apparteneva alla generazione prima della mia”.