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     Dalla crisi politica alle Tpo: il flop del Brasile senza più talenti

    Dalla crisi politica alle Tpo: il flop del Brasile senza più talenti

    • Luca Borioni
    “La Mano de Adiòs”, ha titolato sarcasticamente il quotidiano argentino Olé, commentando il gol irregolare che ha comunque permesso al Perù di avanzare in Coppa America e che ha eliminato nientemeno che il Brasile.

    Di colpo il pensiero va al precedente flop dei verdeoro, al clamoroso 1-7 casalingo con la Germania al Mondiale 2014. Quello fu un ko netto dal valore dirompente e anche altamente simbolico, il passaggio di consegne tra l’ex regina del Sudamerica e quella che di lì a poco si sarebbe laureata regina del mondo. Ma la sconfitta dell’altra notte con il Perù a Foxborough, seppur caratterizzata dall’errore dell’arbitro Andres Cunha, conferma la tendenza al ribasso del calcio brasiliano, un tempo indiscutibile e inarrivabile punto di riferimento per tutti.

    Il Brasile del futbol bailado non esiste più. Oggi esiste invece un Brasile aggrappato a Neymar, l’ultimo fuoriclasse peraltro non convocato per la Coppa del Centenario in quanto destinato alla selezione olimpica. E attualmente in vacanza.

    Pochi campioni e poco gioco. Del resto, i suoi trionfi, i cinque titoli, il Brasile li ha costruiti proprio sui fuoriclasse, da Pelé in poi, non certo sugli stratagemmi tattici. Quelli piuttosto sono sempre mancati e hanno rappresentato negli anni l’unico punto debole di una Seleçao abituata a fregarsene degli avversari, salvo poi piangere saltuariamente lacrime amare come accadde nel 1982 contro di noi, gli azzurri, a una squadra sulla carta sontuosa ma alla fine inferiore alle qualità del gruppo e alla capacità di attenzione che mostrarono nell’occasione gli uomini di Bearzot.

    Proprio questa mancanza, questa scarsa attitudine all’aspetto tattico e quindi anche alla fase difensiva, ha spinto il Brasile negli anni a modificare il proprio stile. Un contributo è arrivato anche dai tanti interpreti in ruoli di difesa – e i numerosi portieri – oltre che dai mediani, che sempre più spesso si sono trasferiti in Europa riportando poi in Brasile un substrato di nuove informazioni, tanto che in qualche modo la cultura europea ha definitivamente contagiato l’idea del futbol bailado, spensierato e spudoratamente offensivo, cambiando i parametri del gioco, corrompendo una scuola e una filosofia.

    Perché poi nel frattempo è mancata la programmazione, il calcio brasiliano è finito nelle mani dell’alta finanza – il male del secolo – che anche qui è penetrata corrompendo i giocatori e i club, entrando nelle proprietà dei cartellini con le Third Party Ownership, le Tpo portate alla ribalta proprio su questo sito da Pippo Russo.

    Così il Brasile ha sperperato il patrimonio di talenti, ritenendo invece indispensabile una conversione al gioco europeo e quindi affidandosi nuovamente a Dunga, allenatore con trascorsi europei e anche italiani da centrocampista di forza e sostanza, e votato alla costruzione di squadre ponderate ed equilibrate ma in definitiva prive di quella creatività un tempo marchio di fabbrica.

    Ora proprio Dunga invoca l’esempio della Germania, indica nel lavoro umile e nascosto compiuto dalla federazione tedesca negli ultimi dieci anni la chiave del successo. E invita i brasiliani a pazientare, evitando di presentare le sue dimissioni. Forse è la strada obbligata da seguire, quella. Una strada lunga, fatta di lavoro e ricostruzione. Ma a patto che non venga stravolta la filosofia brasiliana, perché se non si tiene conto della storia si commettono – in ogni campo – grandi errori. Un po’ come l’Italia che, gira e rigira, le vittorie le ottiene sempre  e solo quando costruisce qualcosa partendo dalle fondamenta della difesa. Difesa e attacco. Così, il Brasile deve migliorare la cultura degli equilibri tattici ma non deve snaturarsi. L’Argentina ha una predisposizione maggiormente europea, il Brasile no. Il Brasile che  - sarà un caso - attraversa anche una forte crisi economica e politica alla vigilia del nuovo appuntamento internazionale delle Olimpiadi, deve tornare prima di tutto a divertirsi giocando a calcio. 
     

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