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    Dall'effetto Ventura e Di Biagio all'antisportività e delusione maschili: quella pazza voglia di Italia femminile!

    Dall'effetto Ventura e Di Biagio all'antisportività e delusione maschili: quella pazza voglia di Italia femminile!

    • Giancarlo Padovan
      Giancarlo Padovan
    A che cosa si deve la straordinaria ondata di interesse per il calcio femminile?

    Certamente agli inaspettati risultati fatti registrare dalle azzurre dell’Italia che, dopo aver chiuso il girone qualificatorio da prime, hanno superato la Cina conquistando i quarti di finale.

    Ma anche all’impegno di Rai e Sky di trasmetterne le partite e, per quanto riguarda la tv a pagamento, pure per lo spazio assicurato prima e dopo ogni gara alle ragazze e alla loro allenatrice, Milena Bertolini. In pratica lo stesso trattamento riservato al calcio maschile con tanto di inviati e talent al seguito, collegamenti ad ogni edizione di Sky Sport, speciali dalla Francia e in studio e, soprattutto, la trasmissione di tutte le gare in programma, anche quelle delle altre Nazionali. 

    Eppure c’è qualcos’altro che sta dando una spinta decisiva agli ascolti e all’attenzione degli italiani: l’effetto Ventura che, pochi giorni fa, è stato sostituito dall’effetto Di Biagio. Ovvero la mancata partecipazione della Nazionale maggiore al Mondiale di Russia 2018 e la recentissima eliminazione dell’Under 21 dall’Europeo organizzato in casa.

    Ovviamente i due eventi hanno una portata diversa. ll primo non è stato ancora elaborato e, nonostante l’ottimo avvio della Nazionale di Mancini alle qualificazioni europee, resta come una macchia indelebile nella storia del nostro calcio. Il secondo, pur avendo un’eco più circoscritta, ha tolto agli italiani la voglia di tifare per una squadra giovane e promettente che storicamente ha un séguito di appassionati e cultori.

    Il calcio - lo si sa - è un grande serbatoio emotivo. A maggior ragione lo si incrementa quando il tifo è accompagnato dal nazionalismo che non rappresenta sempre una versione esasperata e negativa dello sport. L’eliminazione della Nazionale di Ventura ci ha sì lasciato in eredità molta amarezza, ma anche una cospicua quantità di voglia di appartenenza e inclusione. Così, quando è  cominciato il Mondiale delle donne, l’esigenza di tifare ha avuto il sopravvento sullo scetticismo. La vittoria sull’Australia, teletrasmessa dalle due reti televisive, in un orario favorvole (le 13, cioé quando la gente è a pranzo) e con una rimonta inaspettata, ha fatto da detonatore. E’ stato come se un entusiasmo represso esplodesse in tutta la sua forza e si riappropiasse del popolo calcistico troppo a lungo in astinenza.   

    Se a questo aggiungiamo un secondo successo, sulla Giamaica, e la partita di sofferenza e però anche qualità con il Brasile che ha contribuito a mantenerci in testa al girone, abbiamo un quadro completo di un interesse inversamente proporzionale a quello dei maschi.

    So che non è opportuno e nemmeno vantaggioso fare il confronto fra due tipi di spettacolo calcistico, anche perché il punto non è il gioco di per sé, ma quello che un gruppo di ragazze semi sconosciute ha saputo trasmettere: l’essere squadra, prima di tutto; crederci sempre, in secondo luogo; non lesinare una stilla di energia fino all’ultimo, in terzo.

    Dire che la Nazionale femminile ha scalzato dal cuore degli italiani quella maschile sarebbe un eccesso. Ma ripetere che c’era voglia di Italia del calcio e che questa voglia è stata intercettata dalle donne è sicuramente fondato. Come è fondato ritenere che molti abbiamo scoperto che il calcio femminile non è inferiore all’altro, ma solo diverso. Perché, per esempio, non esistono né la simulazione, né la violenza, le proteste sono più che contenute e il rispetto è alla base di ogni partita.

    Godiamoci i quarti contro l’Olanda e non accantoniamo nessuna possibilità. Quest’Italia potrebbe non avere limiti. Magari per un mese. Che equivarrebbe a cent’anni.

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