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    Dall'annuncio della malattia alle sue ultime parole: la parabola di Sinisa Mihajlovic

    Dall'annuncio della malattia alle sue ultime parole: la parabola di Sinisa Mihajlovic

    • Arturo Calcagni
    Ho la leucemia, quando me l’hanno detto ho avuto una brutta botta. Sono stato due giorni chiuso in casa a riflettere, a piangere: ti passa tutta la vita davanti. Non sono lacrime di paura, io la malattia la rispetto. La affronto come ho sempre fatto, guardandola col petto in fuori. Vado avanti e la guardo dritta negli occhi. Così, il 13 luglio del 2019, Sinisa Mihajlovic, visibilmente provato ed emozionato, annunciava al mondo l’arrivo della sua malattia. Un colpo duro da digerire, che però non ha impedito, quasi fino all’ultimo, di far restare il 53enne serbo vicino al ‘suo’ Bologna. Ci teneva moltissimo ai felsinei, tanto da recarsi, al termine del primo ciclo di chemioterapie, in panchina in occasione di Verona-Bologna. Parliamo del 25 agosto, poco più di un mese dopo la ‘famosa’ conferenza stampa. Sinisa era lì, col cappellino, a mostrare la sua forza. Nonostante tutto.



    DAL TRAPIANTO ALL’AMORE PER IL BOLOGNA - Mihajlovic era appena all’inizio di una ‘avventura’ affrontata con coraggio ma allo stesso tempo cautela: a sostenerlo la famiglia, ma pure la squadra, mai abbandonata tra pc e summit virtuali. In mezzo un trapianto al midollo e una parentesi di serenità dall’8 dicembre 2020 (il grande ritorno in occasione di Bologna-Milan, tutto il Dall’Ara gli riservò una ovazione) fino al marzo scorso. La leucemia era tornata, c’era bisogno di un altro ricovero. Dall’ospedale Sant’Orsola, l’ex tecnico di Sampdoria e Fiorentina, ha vissuto la ‘celebre’ vittoria del Bologna sull’Inter che è costata lo scudetto ai nerazzurri in favore del Milan.

    L’ESONERO AMARO - Il finale di stagione positivo del Bologna gli è valsa la riconferma in panchina, ma i rapporti, non più sereni, con la proprietà, uniti ad inizio ad inizio ad handicap nell’attuale Serie A (3 pareggi e 2 sconfitte nelle prime 5 uscite stagionali) hanno portato all’esonero. Un esonero amaro e mal digerito da Miha come emerso chiaramente nella sua lettera d’addio. “Non sono mai stato un ipocrita, non lo sarò neanche stavolta: non capisco questo esonero - il suo pensiero alla Gazzetta -. Lo accetto, come un professionista deve fare, ma ritenevo la situazione assolutamente sotto controllo e migliorabile. Faccio fatica a pensare che tutto questo dipenda solo dagli ultimi risultati o dalla classifica e non sia una decisione covata da più tempo. Peccato. Ho cercato di ripagare tutto l’affetto ricevuto con il mio totale impegno e attaccamento alla maglia: non risparmiandomi mai sul campo o da un letto di ospedale. Le mie condizioni di salute sono buone e in costante miglioramento. Io non mi sto più curando, sto solo facendo controlli sempre più saltuari. Ho seguito a Casteldebole tutti gli allenamenti in queste settimane: l’unico mio temporaneo impedimento è quello di non poter espormi per troppe ore a un sole forte. Ma non sono mancato un giorno. Nulla mi impedisce di lavorare e di andare in panchina”. Ci ha provato e creduto fino all’ultimo: questo era Sinisa Mihajlovic.  

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