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  • Perché la Juventus si stupisce di questo Thiago Motta? È lo stesso di Bologna: formazioni, big ed empatia ma senza risultati

    Perché la Juventus si stupisce di questo Thiago Motta? È lo stesso di Bologna: formazioni, big ed empatia ma senza risultati

    • Alessandro Mossini
    Perché alla Juventus fino ad ora non si è visto praticamente nulla del Thiago Motta ammirato a Bologna? Cosa è rimasto in Emilia del tecnico italo-brasiliano e perché si è arrivati a un flop che può essere solo minimamente rintuzzato da un eventuale arrivo al quarto posto con conseguente qualificazione Champions? Probabilmente in questo momento se lo chiedono soprattutto alla Continassa e se lo chiede Cristiano Giuntoli, che ha puntato e corteggiato Motta per mesi al punto da vestirlo di bianconero virtualmente già alle ultime curve della passata stagione, prima dell’ufficialità di giugno.
     
    QUELLE ANALOGIE CON BOLOGNA - In queste ore i capi d’accusa al Thiago Motta bianconero sono chiari: scelte di formazione contestate e troppi cambi, con giocatori che passano da essere inamovibili a riserve, poca empatia con lo spogliatoio e accantonamento di alcuni leader storici bianconeri, comunicazione un po’ troppo sfrontata. Ecco, per dirlo con molta chiarezza: qualche punto di contatto con ciò che si è visto a Bologna c’è e che nel mondo Juventus qualcuno si sorprenda è quantomeno anomalo. Partiamo dal tema formazioni: azzeccarle, da queste parti, per gli addetti ai lavori era una vera impresa. A volte non bastava nemmeno adocchiare le pettorine della rifinitura della vigilia per essere certi di fare centro. Il campo, però, quelle scelte le premiava praticamente sempre: non facevi in tempo a chiederti “ma perché lui?” e questo magari segnava, o risultava decisivo. Qualcosa che si è visto anche nelle prime uscite bianconere, con le idee vincenti Mbangula e Savona. Certo, a volte l’impressione che potesse esagerare c’era (per esempio una partita a Sassuolo in cui parte senza punte con Aebischer finto centravanti) ma i dividendi quasi sempre arrivavano, persino ruotando i portieri. Tante idee, parecchi adattamenti - spesso capitava di vedere un centrocampista come esterno tattico: citofonare recentemente Koopmeiners, anche se da queste parti erano Aebischer e Urbanski - ma un insieme sempre all’insegna di quell’equilibrio che in bianconero pare essersi sbriciolato negli ultimi 180 minuti.
     
    IL RAPPORTO CON I BIG: NO ALLE “PRIMEDONNE” - Il primo anno rossoblù ha rappresentato l’unico vero esempio di rapporto con un giocatore ingombrante: Marko Arnautovic, peraltro suo ex compagno di squadra da ragazzino all’Inter. Per Thiago Motta l’allenamento è sacro e l’austriaco, tra un acciacco e l’altro, deve anche gestirsi. Il minutaggio cala, il rapporto si guasta, arriva qualche infortunio di troppo: “Arna” pianta il muso, diventa quasi un corpo estraneo, dà chiari segnali di insofferenza uscendo dal campo dopo le panchine, mentre Barrow o Sansone (o Zirkzee, quando non è k.o.) fanno i centravanti. E Motta ne parla malvolentieri, rispondendo secco sul tema in conferenza stampa. A marzo 2023 la società organizza un confronto, presente tutta la dirigenza: si parlano, si chiariscono più no che sì, Motta ribadisce che manderà in campo chi può dare il massimo per il Bologna, nella sacralità del gruppo. Il weekend dopo lo manda in campo a Salerno nella ripresa, dopo 15 minuti infortunio al piede: lì la città si convince che l’idolo Arnautovic forse ha dato il meglio e che Thiago le sue ragioni le ha, ripescandolo poi per il finale di campionato. Certo, un precedente che dovrebbe suggerire qualcosa a Dusan Vlahovic, fin da subito parso non proprio il centravanti ideale per un tecnico per cui “il numero 9 è il nostro primo difensore, che orienta il pressing della squadra”.
     
    IL “PERCORSO” MOTTA: SUCCESSI E DURI CONFRONTI - Sotto le Due Torri Thiago Motta è arrivato al posto dell’indimenticato Sinisa Mihajlovic ed è rimasto per nove mesi più un’intera stagione: inizia ad handicap - un punto in quattro partite - e a Casteldebole dopo qualche giorno si ritrova persino gli ultras in spogliatoio, che chiedono spiegazioni più ai giocatori che a lui, appena arrivato. Confronto assai robusto, nel quale il tecnico prende le difese della squadra e va anche a muso duro con i presenti: un episodio che gli costerà - salvo deroghe minimali - l’indifferenza della parte più calda del tifo, anche nei giorni più felici rossoblù. Dopo quella partenza, via via ingrana e porta la squadra dalla zona calda fino al nono posto finale, miglior piazzamento dell’era Saputo all’epoca: un risultato importante, che lo fa sentire sulla plancia di comando. A Lecce, dopo l’ultima giornata 2022-23, va a muso duro con un giornalista: "Scrivi ciò che ti detta la società e non fai il bene del Bologna", il tema era sempre Arnautovic. Al netto dell’accusa sgradevole, il club ovviamente non gradisce: incontro a Casteldebole il mattino dopo, clima freddino anzichenò e poi Motta parte per il suo buen retiro di Cascais, in Portogallo, dove vive la famiglia e dove l’ex centrocampista va a staccare la spina dalla fine di un campionato all’inizio del ritiro della stagione successiva. Si apre una crepa tra Motta e il Bologna, che raggiunge il suo climax il 2 agosto in Olanda: il mercato langue e il tecnico dopo una tournée giocata con alcuni Primavera titolari, imbraccia la clava. "Serve investire, non possiamo tradire la nostra gente. Ai ragazzi servono stimoli, entusiasmo e concorrenza interna, i tifosi si sono abbonati e ci danno fiducia ma oggi non siamo in grado di competere per la Serie A". È lo sbrocco pubblico che però getta le basi del volo rossoblù, visto che anche Sartori - rapporto con Motta molto alterno, eufemismo - si stava muovendo sottotraccia per avere un boost di investimenti: in meno di un mese arrivano Calafiori, Kristiansen, Ndoye, Freuler, Fabbian e Saelemaekers.
     
    I RAMI SECCHI TAGLIATI E GLI ALLENAMENTI A TUTTA - In quella stessa intervista Motta taglia un paio di rami secchi, tra tutti Barrow: "Si dice da tempo che abbia talento, è giunto il momento che lo mostri altrove". Salute, specie per uno che aveva abituato i giornalisti nei pregara a conferenze molto parche di titoli, in cui tutti i giocatori sono "fantastici" e in cui "la partita più importante è la prossima". Sartori, che da sempre va sul campo a vedere giocatori e a conoscere i ragazzi, non solo assembla una squadra di valore ma un gruppo con valori umani importanti: Motta attecchisce subito, esplode Zirkzee, la squadra perde raramente, subisce pochissimi gol e dopo qualche sussulto sul mercato di gennaio - Motta, in scadenza a giugno, richiede un attaccante brasiliano che gioca in Mls, Talles Magno, Sartori va avanti per la sua strada e porta Castro e Odgaard - in primavera arriva in zona Champions con cinque vittorie in fila. E sul campo il Bologna è una sinfonia: gioco moderno, fatto di interscambi continui, Zirkzee a orchestrare l’attacco nel suo ruolo di centravanti/trequartista che apre spazio per gli inserimenti altrui, Calafiori che sale impetuoso a impostare. Tutta roba che a Torino non si vede.

    LA DIFFERENZA - 
    C’è una differenza base da sottolineare: negli anni di Bologna, Motta era chiaro, "allenamenti al massimo, sempre, nessuna deroga". Chi non si adegua è fuori. Anche perché per fare il suo calcio serve una gamba brillante. Un giocatore, ai tempi, diceva: "Per noi la partita alla domenica è quasi un riposo". Ecco, qualcosa che puoi fare avendo dal lunedì al sabato il solo allenamento. Quest’anno alla Juventus anche Motta e il suo staff erano alla prima stagione di quello che per tutti i tecnici è un lavoro diverso, ovvero allenare alle prese con il doppio impegno settimanale. Partita, scarico, rifinitura, di nuovo partita: tempo per gli allenamenti a tutta, davvero poco. E forse non è un caso che in otto mesi alla Juventus abbia avuto una quota di infortuni muscolari forse superiore a quella avuta in quasi due anni a Bologna. Tutte cose che Giuntoli avrebbe dovuto sapere, chiamando Motta alla sua corte e in un ambiente senza dubbio molto più intriso di prime donne e di big rispetto al Bologna, oltre che molto meno paziente. Certo, poi ci sarebbe un tema tecnico: la qualità dei rossoblù della passata stagione, che in buona parte si stanno confermando anche quest’anno. Prendiamo il terzetto dei centrali (ne giocavano spesso solo due): Beukema, Calafiori e Lucumi. Dal crac del crociato di Bremer, la Juventus manda in campo qualcuno in difesa più forte di questi tre? Personalmente, dubito. Insomma, c’è anche un tema di qualità tecnica e caratteriale tra il Bologna che fu - e che è tuttora: citofonare Italiano, pur con qualche big in meno della passata stagione - e la Juventus che (non) è. E che, almeno sul campo, sembra tutto fuorché una squadra dell’allenatore che ha portato in Champions il Bologna dopo sessant’anni. Sempre che la sua ricetta rossoblù, dalle parti della Continassa, sia davvero proponibile. 

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    Power Reijnders
    Power Reijnders

    Ma siamo sicuri davvero che fosse Thiago Motta ad aver creato un'opportunità per il Bologna, con...

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