Da Ronaldo a Lukaku e Immobile: i calciatori si taglino lo stipendio per aiutare l'Italia
“Chi non lavora non fa l’amore”, cantava Adriano Celentano. “Chi non gioca non prende lo stipendio”, canterebbero volentieri i presidenti d’accordo nel chiedere un “taglio” agli stipendi dei loro dipendenti. Il presidente dei calciatori, Damiano Tommasi, ha già detto che è troppo presto per affrontare l’argomento, ma intanto il tempo passa ed è sempre più incerta la data della ripresa. E mentre in Italia non si muove nulla, dalla Germania è già arrivato l’esempio del Bayern Monaco, il club più titolato in Bundesliga, equivalente della nostra Juventus per storia e prestigio. Thomas Muller, campione del mondo, e altri suoi compagni hanno infatti deciso di rinunciare al 20 per cento del loro stipendio per salvaguardare i conti del club e le categorie meno privilegiate tra i dipendenti della società. A ruota si sono aggiunti i giocatori dello Schalke 04, del Mainz e del Werder Brema e stanno era aggiungersi quelli del Bayer Leverkusen e del Borussia Dortmund. Una vera e propria gara di solidarietà che potrebbe contagiare, per usare un brutto verbo di questi tempi, altri club in altri campionati.
E allora, perché non chiedere anche ai campioni di casa nostra di fare un sacrificio, prima di tutto per aiutare i rispettivi club che fin qui li hanno sempre strapagati e coccolati, e poi anche per dare un indiretto segnale di solidarietà a tutti i lavoratori degli altri settori che non guadagnano come loro, ma perderanno sicuramente più di loro? Pensate come sarebbe bello se Ronaldo, Lukaku, Ibrahimovic, Mertens, Dzeko, o per citare i nostri italiani Bonucci, Sensi, Romagnoli, Immobile, Pellegrini con le loro rispettive squadre imitassero i colleghi del Bayern e degli altri club tedeschi. E già che ci siamo, il discorso potrebbe coinvolgere anche gli allenatori che spesso, come nel caso dell’interista Conte, guadagnano più dei campioni che allenano. In fondo il 20 per cento dello stipendio è soltanto una piccola fetta per chi guadagna milioni e continuerà a guadagnarne in futuro. Mentre attorno a loro ci saranno tante categorie di lavoratori che perderanno molto più del 20 per cento.
Tutti insieme appassionatamente, quindi, e in questo caso dolorosamente, sulla stessa barca del calcio. Soltanto così, infatti, si potrà ripartire con la speranza di non vedere fallire una parte se non addirittura l’intero sistema. Perché i tifosi, che hanno sempre fatto sacrifici anche nei momenti migliori per andare allo stadio o per vedere le partite sulle tv a pagamento, si allontanerebbero dal calcio se capissero di essere stati considerati gli unici polli da spennare. Un motivo in più per sperare in una dimostrazione di solidarietà da parte dei protagonisti del calcio, che si trasformerebbe direttamente in una prova di maturità per aiutare tutti a ripartire nel modo migliore.