Da Mazzone a Mourinho, da Capello a Ventura: quando i tecnici esagerano
Andando indietro nel tempo, di episodi ce ne sono parecchi. Ricordate Mazzone? Non era lui, era il fratello gemello. Così disse, quando sbollì e cominciò a ragionare su quello che aveva fatto. Sotto la curva dell’Atalanta, dopo un derby pareggiato in rimonta, da 1-3 a 3-3. La panchina dove il buon Mazzone prima prese fuoco e poi si incendiò per autocombustione era quella del Brescia. Attenuanti generiche? Beh, insomma. Lo avevano offeso pesantemente: cori contro i suoi genitori e contro la sua città, Roma. Disse a microfono caldo: «Nun se po’ sempre accettare tutto». Poi partì alla carica. Avanti Carlo, alla riscossa. Nei filmati di quel 2001 Mazzone appare trasfigurato, agita il pugno, urla cose irriferibili, cercano di bloccarlo in due, non ce la fanno. Allenatori che sbroccano. E vanno in corto circuito. Gian Piero Ventura una volta si girò e a un tifoso della sua squadra - allenava il Toro - fece il gesto del tagliatole, roba da wrestling.
In un Lazio-Perugia del 2003 Serse Cosmi venne espulso, infilò le scale che portano allo spogliatoio e prima di inabissarsi si rivolse alla tribuna dove sedevano i tifosi laziali e urlò «Forza Roma», alla pari di Alberto Sordi che dal camion urla: «Lavoratoriiiiii». Perché l’urlo arrivasse a destinazione, Cosmi mise pure le mani a mo’ di megafono, davanti alla bocca. Il calcio nel sedere (stumpf) di Baldini al collega Di Carlo (in un Parma-Catania stagione 2007/08) non fu nemmeno violento, ma fu brutto, inopportuno, fuori luogo, roba da ennesima replica di Stanlio e Ollio. L’ex ct della nazionale brasiliana Felipe Scolari all’epoca in cui allenava il Palmeiras reagì con il gesto dell’ombrello rivolto alla curva del Goias: va capito, gli avevano tirato in testa una radiolina. Dopo fu bravo a prenderla con ironia: «Non sarà una radiolina ad ammazzarmi», disse. E infine: il dito medio di Sarri (dal pullman ai tifosi juventini), quello di Mancini (rivolto ai suoi tifosi che lo insultavano ai tempi dell’Inter) e i due di Ancelotti, il primo quando sedeva sulla panchina della Juventus e il secondo, più recente, verso i tifosi del Bayern. «Mi hanno sputato», si giustificò Ancelotti.
Memorabile resta il ditone medio prolungato di Capello, il don Fabio di epoca madridista, che (gennaio 2007) si gira verso i suoi tifosi, quelli del Real, e gli mostra il dito medio: dito fiero, imperioso, che vale come un punto esclamativo sull’incazzatura che covava a quei tempi. Capiamo tutto, però dovresti trattenerti: sei un allenatore in mondovisione, non uno a cui hanno fregato il parcheggio con una manovra carogna.