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  • Da Lecce al Madagascar, l'ex Inter Nobile racconta il suo viaggio a CM: 'La mia Africa tra scudetti e talenti'

    Da Lecce al Madagascar, l'ex Inter Nobile racconta il suo viaggio a CM: 'La mia Africa tra scudetti e talenti'

    • Giuseppe Granieri
    Da Copertino, provincia di Lecce, al Madagascar il passo non è certo breve, ma Salvatore Nobile, classe ’58, ex calciatore dell’Inter, il tragitto lo ha compiuto lo stesso, con l’obiettivo di allenare.

    Qual è il suo presente?
    “Sono tornato dal Madagascar in Italia dopo la metà di luglio dello scorso anno: dopo qualche mese di studio e aggiornamento, ho firmato per il Pennarossa di San Marino, sposando il progetto del direttore sportivo Max Leghissa”.

    Ma negli ultimi anni ha allenato soprattutto nel continente africano.
    “Gli ultimi dieci anni li ho passati tra Costa d’Avorio, Gabon e Madagascar: per me l’estero è il continente africano. Lì il mio nome circola”.

    Grazie ai successi maturati.
    “Cinque scudetti e una Supercoppa nazionale tra Africa Sports National e Séwé Sports di San Pedro in Costa d’Avorio e, infine, gli ottimi piazzamenti alla guida del Ganbasport in Gabon e del Fosa Juniors in Madagascar”

    Che calcio c’è laggiù?
    “La Costa d’Avorio è quella messa meglio: ha molti talenti grezzi. Una buona squadra della massima serie ivoriana potrebbe giocarsela nella nostra serie B”.

    Poi?
    “A Mounana, in Gabon, non c’era nulla: solo strade e foreste. Presi la squadra che era nona e la portai al secondo posto. Al Fosa c’erano problemi logistici: ore e ore di pullman per raggiungere gli stadi dove dovevamo giocare, con temperature che segnavano i 40° gradi. Nella regular season, però, siamo stati la squadra imbattuta con miglior attacco e miglior difesa”.

    I suoi ex giocatori sono pronti per il nostro calcio?
    “Sono professionisti e riescono a vivere di calcio. Ne ho segnalati tre: un laterale sinistro, un playmaker e un attaccante tutti di età compresa tra i 19 e i 22 anni. Nessuno mi ha ascoltato”.

    Da Lecce al Madagascar, l'ex Inter Nobile racconta il suo viaggio a CM: 'La mia Africa tra scudetti e talenti'

    Come mai?
    “Diffidenza e scetticismo”.

    Lecce, Reggina, Inter, Cesena e Pescara: sono state queste le sue squadre tra gli inizi degli anni Ottanta e la metà dei Novanta.
    “Sono stato un terzino di fascia sinistra più propenso ad attaccare che a difendere, con una discreta tecnica. Poi ho allenato in piazze importanti come Nardò, Gallipoli e Brindisi”.

    Non c’è spazio per lei nel calcio italiano?
    “Non lavoro con i procuratori dal lontano 1993-94. Mi dicono che ho un curriculum straniero, come se il calcio fosse una questione locale. Si sbagliano, il calcio è universale, soprattutto per chi lo vive da professionista, dato che ho conseguito il Master a Coverciano”.

    Lei nello staff di Allegri alla Juve?
    “Non ne abbiamo mai parlato. Max è un amico sin dai tempi di Pescara: quando i bianconeri sono venuti a giocare a Lecce, senza che gli chiedessi niente, mi ha mandato cinque biglietti per tutta la famiglia”.

    Roby Baggio ha affermato: “A volte vedo calciatori in Serie C o D che hanno un talento incredibile. Gente che dà del tu al pallone. Mi soffermo a guardare i loro movimenti, le loro giocate, e dentro di me mi domando: “come può uno del genere giocare in serie minori?”.
    “Vuol dire che non è stato proposto nel modo giusto: il calciatore italiano non fa notizia. Ma tutto questo non mi meraviglia”.

    È un calcio diverso rispetto al suo?
    “È uno sport che si vive più sullo schermo di un telefonino che sul prato verde”.

    Ma il calcio patinato c’è sempre stato.
    “Qualche anno fa sarebbe stato impensabile vivere determinate situazioni. Non vedo senso di appartenenza per la maglia che si indossa, rispetto per la città nella quale si vive e nella società in cui si lavora. È tutto orientato verso un business personale, dove più di qualche valore di vita si è perso”.

    Chi sono stati i suoi punti di riferimento?
    “Ho avuto grandi maestri che mi hanno dato tanto da un punto di vista umano e professionale: Fascetti e Mazzone insegnavano calcio e vita contemporaneamente; la gestione del gruppo, invece l’ho appresa da Lippi, Trapattoni e Galeone”.

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