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Da Gullit a Kakà, da Shevchenko a Balotelli: Milan, il ritorno è un tabù. Ma Ibra può sfatarlo
SHEVA E LA 'MINESTRA RISCALDATA' - Rientri a casa tristi e senza senso, presto dimenticati nella memoria dei tifosi: la storia dice che quando un giocatore o un allenatore ha lasciato il club che lo ha consacrato, il ritorno non è mai stato all'altezza. La più classica delle minestre riscaldate: probabilmente la più deludente è stata quella di Andriy Shevchenko che ha segnato 127 reti in 7 stagioni in rossonero e poi è rientrato alla casa madre dopo una parentesi durata due anni al Chelsea, per collezionare solo amarezze e nessuna gioia
DA GULLIT A BALOTELLI, TRISTI RIENTRI. MA KAKA'... - Stesso discorso per Ruud Gullit, tornato in rossonero dopo una parentesi alla Sampdoria nella quale fece molto discutere per una rete realizzata proprio contro gli ex compagni e festeggiata in maniera esagerata e mai più incisivo. Anche per Mario Balotelli il ritorno a Milano, dopo l'esperienza a Liverpool, fu privo di soddisfazioni: una rete in 20 presenze nella stagione 2015/15, dopo le 26 in 43 nelle stagioni 2013/2014. Discorso un po' differente per Kakà: il suo ritorno dal Real Madrid non fu pieno di gloria come il primo periodo rossonero, ma almeno riuscì a trascinare i compagni in Champions League, seppur più da leader comportamentale che tecnico.
Z PER IL TABU' - Ora tocca a Zlatan, che nella prima avventura al Milan era stato strabiliante, forse l'Ibra più decisivo della carriera: l'obiettivo è sfatare il tabù del ritorno. D'altronde, chi può farlo se non lui?
@AleDigio89