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  • Da Football Manager a nuovo Giuntoli? Vaira, ds Modena: 'In B con un anno di anticipo grazie alla mia squadra da Serie A'

    Da Football Manager a nuovo Giuntoli? Vaira, ds Modena: 'In B con un anno di anticipo grazie alla mia squadra da Serie A'

    • Andrea Distaso
    Sembra un gioco ma non lo è. Nemmeno un anno dopo il suo insediamento, il patron Carlo Rivetti festeggia al primo tentativo col Modena una promozione in Serie B attesa da 6 anni, passata anche da un doloroso fallimento nel 2017 e diverse peripezie societarie che hanno però finito per consegnare i canarini ad una proprietà importante e con ambizioni ancora inesplorate in vista del futuro prossimo. L’appetito vien mangiando, perché la fame e la voglia di emergere è uno dei segreti di una squadra che, guidata da un autentico specialista delle promozioni come Attilio Tesser, si è resa protagonista di una cavalcata entusiasmante nel girone B del campionato di Serie C - chiuso con 88 punti, appena due in più di un’altra corazzata come la Reggiana, e col record di vittorie (14) nella storia della categoria.

    Sembra un gioco eppure non lo é: niente a che vedere con Football Manager, celeberrimo simulatore che continua a tenere incollate intere generazioni di fanta-allenatori o fanta-dirigenti davanti ai monitor, ma che un qualche collegamento ce l’ha con questa storia. Come ha confessato per calciomercato.com Davide Vaira, direttore sportivo non ancora 38enne del Modena, tra i grandi artefici di questa piccola grande impresa sportiva di provincia: “E’ vero, parliamo di quando ero un ragazzino di 14-15 anni, che fino all’età di 23 e agli impegni derivanti dalla nascita di una figlia alternava la sua carriera di calciatore alla passione per questo videogioco. Già all’epoca mi piaceva occuparmi più della parte gestionale, a curare ogni aspetto organizzativo della società. Sul mercato? Troppo facile andare sul Cristiano Ronaldo di torno, preferivo scovare ed investire su giovani emergenti: una sorta di deformazione professionale che evidentemente già all’epoca iniziava ad emergere”.

    Tornando seri, direttore, come si è avvicinato al lavoro di ds una volta conclusa a Rapallo la carriera da calciatore?
    “A 27 anni decisi per curiosità di prendere il patentino Uefa B da allenatore, ma mi resi subito conto che quel ruolo non avrebbe fatto per me e che ero maggiormente attratto da un incarico diverso, dietro ad una scrivania. La mia ultima società mi ha dato la possibilità di iniziare ad appena 30 anni un nuovo percorso e con tanta gavetta ora sono qui”.

    Modelli, punti di riferimento: c’è un maestro, qualcuno a cui deve dire grazie per il percorso che ha fatto sin qui?
    “Ovviamente sì ma, ad essere sincero, ho cercato di costruirmi un po’ da solo. Guardando tutti, osservando e cercando di carpire i segreti di tanti direttori sportivi che ho visto all’opera e con cui ho coltivato rapporti. Da Giovanni Sartori, ad un grande amico come Davide Vagnati (attuale ds del Torino, ndr)”.

    E dovendo scegliere un collega arrivato nelle categorie più alte, ce n’è qualcuno a cui guarda in particolare?
    “Ho avuto modo di conoscere, non solo professionalmente, il direttore sportivo del Napoli Cristiano Giuntoli. Una persona straordinaria, di grande umanità, come me protagonista di un percorso da calciatore di livello non altissimo, ma arrivato dopo tanta fatica, gavetta e nessun favoritismo in una piazza tanto importante. Sì, mi piacerebbe poter ripercorrere la traiettoria di Giuntoli”.

    Un obiettivo raggiungibile grazie anche alla metodologia di lavoro che aveva già mostrato nei 4 anni a Siena e che ha riproposto a Modena, direttore. Per esempio, dando grande importanza al fattore umano…
    “Assolutamente. Sono estremamente convinto che la persona venga prima del giocatore o del professionista, ad ogni livello. E questi principi mi hanno sempre ispirato nel mio lavoro e anche nella scelta per il Modena di un allenatore come Tesser o dei giocatori che ho trovato e riconfermato qui e di quelli nuovi che ho portato. Vivo il mio lavoro con dedizione totale e con grande trasporto, cercando di non lasciare nulla di intentato in tutte le mia aree di competenza. Sono il primo ad arrivare di mattina al centro sportivo e l’ultimo ad andare via”.

    Un successo figlio anche del gruppo di collaboratori di cui si è circondato e del suo modo di intendere in questa epoca il ruolo del direttore sportivo.
    “Farò 38 anni solo a settembre ma mi definisco un ds della ‘vecchia scuola’. Non comprendo come si possano scegliere o valutare i calciatori solo con un algoritmo… La componente tecnologica dà indiscutibilmente una mano nella scrematura dei profili visionati, ma alla fine è ancora una volta la percezione umana a fare la differenza. Impazzisco di gioia quando un mio collaboratore mi evidenzia particolari legati ad una reazione, ad un comportamento di un calciatore dentro le partite, dettagli che per me fanno ancora la differenza. Del resto, credo di aver a disposizione un team di collaboratori da Serie A: da un responsabile dell’area scouting dell’esperienza e della caratura di Aldo Pecini - coadiuvato nel suo lavoro da Fabrizio Grandi, Mario Faccenda e dal responsabile per il Brasile Mario Reigota - ad un’altra figura essenziale come Tancredi Signorelli, capace di allestire un database incredibile per completezza di informazioni. E poi, nel voler allargare e condividere i successi conquistati col Modena con tutti quanti, come dimenticare Andrea Pulga, match analyst preziosissimo per il suo lavoro con Wyscout”.

    Dopo averla già sfiorata col Siena, finalmente la Serie B. Avete già parlato col presidente Rivelli di come impostare la stagione che verrà?
    “Non abbiamo ancora avuto modo di incontrarci con tutte le componenti societarie, anche perché la stagione non è del tutto concluso e teniamo molto pure alla Supercoppa. Abbiamo anticipato di un anno la promozione, ma la proprietà e il sottoscritto sono molti ambiziosi. E’ prematuro fissare obiettivi, ma sappiamo che affronteremo una categoria con valori completamente diversi. Cercheremo però di dare una continuità a questo gruppo, per riconoscenza e per la capacità di portare avanti quei valori umani ai quali sono molto attento. Abbiamo creato una base di 15-16 giocatori che ovviamente implementeremo in base alle nostre esigenze. Ma voglio chiarire da subito che, chi viene al Modena, dovrà sposare in pieno il progetto e i principi nei quali noi crediamo”.

    Tante operazioni di mercato tra la scorsa estate e gennaio, tanti calciatori sui quali ha puntato e che l’hanno premiata con questa promozione? Dovesse indicare uno o più simboli di questa annata?
    “Rischio di fare un torto a tutti quelli che non citerò, ma è chiaro che ci sono dei giocatori a cui sono legato per motivi particolari. Da Azzi, che io avevo già conosciuto e affrontato da avversario e che, abbastanza inspiegabilmente era finito in Serie D a Seregno, ai margini del grande calcio pur avendo qualità superiori. Ma come posso non parlare di un elemento fondamentale come Armellino, che aveva già vinto col Monza, o quel genietto di Tremolada. Un ragazzo da capire, da coccolare e in grado di fare la differenza quando viene messo al centro di un progetto. E poi due giocatori che ho giò trovato al mio arrivo, come Gerbi che conoscevo già dall’esperienza di Siena, o capitan Pergreffi. Con lui in passato ci fu anche qualche confronto animato quando eravamo su sponde opposte, ma qui a Modena ho scoperto un grande uomo e un super trascinatore”.

    Era nato tutto come un gioco, anzi un videogioco, ora è tutto vero: il Modena è di nuovo in Serie B.
     

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