
Da Charisteas a Van Basten: nove leggende nella storia degli Europei

Michel Platini (Francia) 1984
Nell’immaginario collettivo Michel Platini era già “Le Roi”, ma nell’Europeo 1984, giocato in casa, ha davvero dimostrato di essere il Re. Nove gol segnati, record storico e difficilmente eguagliabile, considerando che al massimo nei nove campionati d’Europa successivi si è arrivati al massimo a sei reti. Il campione francese è andato a segno in tutte le cinque gare, tra cui ovviamente la finale di Parigi contro la Spagna. Un torneo surreale, da extraterrestre, per l’allora numero 10 della Juventus, che gli valse la conquista del secondo dei tre palloni d’oro complessivi presenti nella sua bacheca personale.

Marco Van Basten (Olanda) 1988
Basterebbero le immagini di quel gol celeberrimo segnato al minuto 54 nella finale di Monaco di Baviera all’Unione Sovietica. Un destro al volo da posizione defilatissima: uno di quei gesti tecnici che rimangono negli annali e che vengono citati in eterno da qualsiasi appassionato di calcio. Van Basten fu il capocannoniere di quell’edizione – giocata in Germania – con cinque reti: un’esibizione della sua classe e della sua potenza che gli permise di vincere anche il primo dei tre palloni d’oro. Per capire il peso specifico di quel trionfo oranje basti pensare che resta ad oggi l’unico titolo tra Europei e Mondiali vinto dai Paesi Bassi. La leggenda di Ajax e Milan ne fu l’icona.

Peter Schmeichel (Danimarca) 1992
Un’impresa simile a quella della Grecia del 2004, con la differenza che in questo caso la Danimarca è stata addirittura ripescata e ha giocato questa edizione in Svezia solamente per l’esclusione della Jugoslavia, falcidiata dalla situazione politica e bellica. E invece la squadra di Richard Møller Nielsen ha stupito chiunque, andando a vincere quell’Europeo nella finalissima contro la Germania. Le reti decisive furono realizzate da Jensen e Vilfort, ma l’MVP di quella partita fu il portiere del Manchester United Peter Schmeichel, vero e proprio simbolo carismatico di quella selezione danese. Un portierissimo.

Karel Poborsky (Repubblica Ceca) 1996
In Italia è ricordato per lo più per la doppietta segnata all’Inter il 5 maggio 2002, che è costata ai nerazzurri lo Scudetto, vinto dalla Juventus. Ma l’espressione massima di calcio di Karel Poborsky si è vista all’Europeo di Inghilterra, dove insieme al “gemello” Pavel Nedved ha rivelato a tutto il Continente le potenzialità di quella incredibile Repubblica Ceca. Poborsky ha segnato la rete decisiva ai quarti contro il Portogallo e ha realizzato anche un rigore nella lotteria in semifinale contro la Francia, che ha permesso alla sua Nazionale di giocarsi la finale (poi persa) con la Germania. Resta il miglior grande torneo giocato dalla Repubblica Ceca da quando non è più Cecoslovacchia.

David Trezeguet (Francia) 2000
David Trezeguet ad Euro 2000 aveva 22 anni, arrivava da una super stagione al Monaco di Claude Puel, ma in Nazionale di fatto era la riserva di Henry, Dugarry e Wiltord. E invece in quella pazza finale persa dall’Italia nonostante il vantaggio di Delvecchio, è entrato dalla panchina e con una meravigliosa girata di mancino al minuto 103, ha sancito il golden goal che ha regalato il secondo titolo europeo alla Francia. Corsa pazza, via la maglietta e transalpini in paradiso. Curiosità: Trezeguet in quell’estate era già promesso sposo della Juventus, che si era accordata per prenderlo per una cifra di 45 miliardi di lire. Farà la storia del club bianconero e restituirà poi nel Mondiale 2006 – sbagliando un rigore in finale – parzialmente all’Italia quel torto fatto nella finale di Rotterdam.

Angelos Charisteas (Grecia) 2004
Un miracolo sportivo, che supera ogni possibile pronostico fantasioso. La Grecia di Otto Rehhagel ha vinto l’Europeo 2004 di Portogallo con un percorso difficilmente replicabile: seconda nel girone dietro al Paese Ospitante e poi 1-0 alla Francia, 1-0 alla Repubblica Ceca, 1-0 in finale proprio contro il Portogallo di Rui Costa, Figo, Ronaldo, Deco e Pauleta. La firma in quella finale l’ha messa Angelos Charisteas, attaccante all’epoca del Werder Brema, di quelli generosi ma poco prolifici, che in quel mese magico aveva già sentenziato la Francia nei quarti. Una leggenda nazionale in una squadra che annoverava nomi come Dellas, Karagounis, Zagorakis, Vryzas, Basinas e Nicopolidis.

Andrej Arshavin (Russia) 2008
Riportare in semifinale la Russia dopo 20 anni e per la prima volta senza la denominazione “Unione Sovietica”. Ci è riuscito, da autentico trascinatore, Andrej Sergeevič Arshavin, che nell’Europeo di Austria e Svizzera ha incantato mezza Europa con le sue strepitose giocate. Squadra allenata dal “santone” Guus Hiddink, con alcuni giocatori mitologici come Akinfeev, Zhirkov o Pavlyuchenko. La partita più bella di quella selezione russa resta il quarto di finale contro l’Olanda in cui Arshavin, da numero 10, oltre a timbrare la rete del definitivo 3-1, ha sfoderato una di quelle prestazioni che rimangono fisse nella memoria. Incontenibile, ispirato, leader. L’Arsenal dopo quell’Europeo lo ha prelevato dallo Zenit, senza però ottenere i risultati sperati.

Mario Balotelli (Italia) 2012
Iconico. Al di là che poi quell’edizione abbia decretato il dominio spagnolo, con un perentorio 4-0 in finale proprio ai danni dell’Italia. Ma l’highlight che ha fatto il giro del mondo di Euro 2012, riguarda la clamorosa esultanza a torso nudo di Mario Balotelli, all’epoca davvero “Super Mario”. Doppietta in semifinale alla fortissima Germania: prima un colpo di testa perfetto su assist di Cassano, poi quel missile terra aria dal limite a lasciare di stucco un certo Neuer. Via la maglietta e come una statua immobile, irriverente, dominante, per esaltare ogni muscolo del suo fisico marmoreo. Che show.

Èder (Portogallo) 2016
Il primo e unico titolo europeo nella storia del Portogallo. Ovviamente era il Portogallo di Cristiano Ronaldo, ma in quell’epica finalissima vinta con la Francia (padrona di casa) ai tempi supplementari, il gol decisivo per i lusitani lo ha segnato un autentico eroe a sorpresa. Ederzito António Macedo Lopes, meglio noto come Éder. “Noto” è un parolone, visto che la sua carriera è scivolata a livello di club tra Braga, Swansea, Lille o Lokomotiv Mosca. E invece al minuto 109 ha ricevuto palla da Joao Moutinho, si è liberato di Koscielny e con un tiro da fuori ha battuto Lloris. 1-0, tripudio, apoteosi portoghese, nome scritto a caratteri cubitali nella storia della competizione.