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Ajazzone, una vita dedicata alla Samp: 'Fu giusto cedere Icardi all'Inter. Mihajlovic il migliore e su Cassano...'
Non sono ormai in molti a poter dire di aver trascorso una vita intera - lavorativamente parlando - al servizio della stessa azienda. Ancora meno se ci trasliamo nel mondo del calcio, ambiente fluido e dinamico per sua natura. A Genova, sponda Sampdoria, c'è chi invece ha passato quasi 40 anni al servizio dei colori blucerchiati. Si tratta di Giorgio Ajazzone, che ha cominciato la sua carriera nell'area amministrativa del club e, dal 1997, ha ricoperto la carica di Team Manager della formazione blucerchiata. Il dirigente, in pensione da pochi mesi, è una vera e propria memoria storica del club di Corte Lambruschini.
"Quando ho iniziato nel 1978 eravamo in sei, ora ci sono 40, 50 persone che lavorano per la Sampdoria" ha raccontato in esclusiva a Calciomercato.com. "Le richieste sono cambiate, ora è completamente diverso. C'è il marketing, tanti nuovi settori, è tutto decisamente più complicato, e ci sono anche tante nuove esigenze. I calciatori però no, non sono cambiati, si comportano più o meno allo stesso modo. Ci sono quelli che sono brave persone, e quelli che lo sono meno. Ma generalmente, datemi retta, sono ragazzi buoni".Forse nell'era pre-social i giocatori sembravano più raggiungibili. "Non serve andare troppo indietro con la memoria. Fino a pochi anni fa, nella Sampdoria c'erano Cassano, Mirante, Accardi, Palombo, Gastaldello, tutta gente che vi posso assicurare era legata ai tifosi. Però onestamente mi sembra che anche adesso, a parte qualche straniero che forse non si rende conto della realtà blucerchiata, in una formazione come quella doriana ci siano tanti ragazzi 'normali'. Ovviamente proiettati in un mondo come quello del calcio."
Chi è stato il più particolare tra quelli che ha incontrato?
"Cassano, senza dubbio. Ho raccontato un aneddoto di quando era arrivato a Genova, la prima volta che lo vedevo. Mi chiede in prestito il cellulare e mandò un messaggio assurdo a tutta la rubrica. Di ricordi su Antonio ne avrei a centinaia, però devo dire che è un bravo ragazzo. La testa è sempre stata un po' particolare".
E il più difficile da gestire?
"Indubbiamente sempre lui. Ci voleva pazienza, lui non ce l'aveva e dovevamo mettercela noi per due. Ma è stato un grande e da noi ha fatto benissimo".
Richieste assurde da parte dei giocatori?
"Centinaia. Capitava spessissimo ".
Domanda scomoda: Che cosa è successo nel 2010-2011?
"Non mi sono ancora dato una risposta. La squadra c'era, non era una formazione da Serie B. Poi però si è verificata una serie di coincidenze e di situazioni che ti hanno portato alla retrocessione. Ti ritrovi ultimo, impantanato, ne perdi 4 o 5 in casa quando invece sarebbe bastato vincere con squadre alla portata. La scelta di Cavasin? È stata fatta da chi di dovere. Non aveva lavorato male, in quel momento però non è bastato".
L'anno dopo, ci fu un post partita movimentato dopo Nocerina - Sampdoria 4-2. Poi la cessione di Palombo, la fascia a Gastaldello... Ce lo racconta?
"Intanto devo dire che è stato un vero piacere avere Gastaldello come capitano. Era uno che ci metteva il cuore. Angelo poi aveva deciso di provare l'esperienza all'Inter, ma all'epoca non successe nulla di strano. Tanto è vero che quando Palombo è tornato, Gastaldello è rimasto capitano. E Daniele per noi è stato un bene".
Terza domanda scomoda, la vicenda Icardi: una cessione dolorosa, e una situazione scomoda da gestire. "Sai, quando la Samp ha ceduto Icardi aveva 20 anni. Lo hanno pagato 12, per me ha fatto bene la proprietà dell'epoca a cederlo. Con il senno di poi ovviamente non ne valeva la pena, però 12 milioni per il mercato dell'epoca e per un giocatore di vent'anni erano tanti soldi. Poteva fare bene, ma poteva anche sparire. Della vicenda con Lopez non ne voglio parlare, sono cose che riguardano loro".
Rimanendo al passato più recente, lei ha lavorato con tutti gli allenatori che la Samp ha avuto, da Mihajlovic a Giampaolo. Il rapporto migliore?
"Sinisa, senza ombra di dubbio. Lui era proprio un amico ".
È davvero così duro come lo dipingono?
"E' un sergente di ferro quando deve esserlo, ma è una persona eccezionale. Però è meglio non farlo incazzare. Avevo un ottimo rapporto anche con Giampaolo".
Ferrero? Come è?
"Ferrero sembra tutto tranne quello che è realmente. A vederlo dall'esterno appare così, particolare, ma è uno con le palle. In questi tre anni ha fatto bene, ha costruito, sta investendo. Per me è una persona a modo. Poi ha i suoi alti e bassi come tutti nel calcio, ma è un uomo in gamba".
Con Giampaolo va realmente d'accordo? Visti da fuori sembra di sì, anche se a volte alcune dichiarazioni del tecnico sono sembrate strane.
"Per forza, ogni tanto qualche incomprensione può esserci. Però Ferrero è molto presente. La nostra squadra comunque è questa. Una formazione da settimo posto, a volte puoi arrivare sesto, magari anche quinto se gira proprio tutto, alle volte invece puoi non riuscirci e arrivare più giù. Io comunque credo che il cammino fino ad oggi sia stato comunque molto importante. 44 punti, a 9 giornate dalla fine, sono un bottino importante. Sarei andato a piedi al Santuario della Guardia, se me lo avessero detto a inizio stagione (ride, ndr)".
Quindi di fatto l'obiettivo è di rimanere in questa dimensione?
"Napoli, Inter, Juve, Milan, Roma. Ci sono 5 o 6 squadre decisamente più forti. Non puoi pensare di arrivare davanti".
Vi eravate accorti voi all'interno della squadra del passaggio societario imminente nel 2014?
"Assolutamente no. È stato un fulmine a ciel sereno. Nessuno di noi aveva sospettato nulla. Noi dipendenti magari un po' di preoccupazione l'abbiamo avuta, non conoscevamo Ferrero e non sapevamo nulla di lui. Però alla fine devo ammettere che si trattava di paure infondate".
@MontaldoLorenzo