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Da Cannavaro a Buffon, i libri dei calciatori non tirano. Per Mazzarri è flop
SOLO LE BANDIERE - E poi c'è il caso memorabile del Francesco Totti barzellettiere, che ha superato il milione di copie, dove a essere vincente, però, è stata la Totti-filosofia più che la Totti-autobiografia. L'altro pezzo di storia, invece, è quella dei flop, solo in apparenza inspiegabili. Il più clamoroso? Quello di Fabio Cannavaro (La mia storia) l'uomo che tutte le donne sognavano nel proprio letto ma non nella loro libreria: appena 7.000 copie. Poi quello del Pallone d'oro Pavel Nedved, La mia vita normale (Add) e, a ben guardare, anche quello di Gigi Buffon, Numero 1, uscito quattro anni fa. Non proprio un flop, anche se per l'altro uomo simbolo della Juventus 50.000 copie - quando il mercato era molto più forte di oggi - proprio un successone non sono. La spiegazione è presto fatta: chi guarda il calcio può acquistare le partite ma difficilmente comprerà un libro, almeno in Italia, mentre all'estero gli sportivi sono più spesso lettori (il libro di Pirlo, I think therefore I play, ha venduto in Inghilterra 35.000 copie in una settimana. Al contrario, quello dell'ex allenatore del Manchester Alex Ferguson, un successo in patria, da noi si è attestato sulle diecimila copie). Per convincere il "medioman" italiano il giocatore in questione deve incarnare una bandiera. Come l'ex capitano della Juventus, rimasto anche sotto Calciopoli, o quando Capello aveva smesso di farlo giocare. O come capitan Xavier Zanetti, che con la sua vita raccontata a Gianni Riotta è arrivato a circa 80.000 copie. In assenza di queste condizioni, è difficile far tornare i conti.
COGLI L'ATTIMO - Ma perché allora gli editori corteggiano, anzi assediano, i calciatori, sborsando spesso decine di migliaia di euro (e ottenendo, altrettanto spesso, un rifiuto, visto che fanno milioni con gli sponsor e l'idea di starsene dieci giorni con un povero ghost writer difficilmente li alletta)? "Perché noi editori siamo un indistinto gregge di pecore che insegue il ciuffo rigoglioso del momento", risponde uno interno al mestiere. "Zanetti vende? Tutti di corsa a pubblicare l'epopea sportiva di chiunque, anche se è il terzino della Ternana sperando nel colpo di culo. E via così finché spunta un nuovo ciuffo su cui azzuffarci, che sia la cucina verticale, la pesca solo nei giorni feriali o la filosofia della carbonara. Così si finisce però saturare il mercato". Un nuovo modo per vendere copie, quando si tratta di sportivi, l'ha svelato il caso editoriale Andrè Agassi, Open (Einaudi). Prendi un premio Pulitzer (J. R. Moehringer) lo mandi a casa di Agassi per tre mesi, poi gli chiedi di montare la storia non come una piatta biografia ma come un romanzo vero. Dove magari il campione in questione dice che quello sport l'ha sempre odiato e che suo padre lo obbligava a colpire duemila palline di tennis al giorno. Allora puoi vendere, solo in Italia, 300.000 copie, anche a gente che una racchetta non l'ha mai presa in mano né vista in tv. Ma a questo punto non importa più che sia uno sportivo. Basta che sia un libro pazzesco.
Elisabetta Ambrosi per il Fatto Quotidiano