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    Da Cannavaro a Buffon, i libri dei calciatori non tirano. Per Mazzarri è flop

    Da Cannavaro a Buffon, i libri dei calciatori non tirano. Per Mazzarri è flop

    Chissà se quei cinque sparuti lettori che l'altro giorno hanno acquistato l'autobiografia di Walter Mazzarri nel megastore di piazza del Duomo a Milano si sono resi conto di entrare a far parte, attraverso quel gesto, di un elitarissimo club. Perché, a cinque mesi dalla pubblicazione, pare che il libro dell'allenatore dell'Inter - dall'ormai profetico titolo Il meglio deve ancora venire (Rizzoli) - abbia venduto nell'intero stivale un paio di migliaia di copie. D'altra parte il mister può consolarsi: anche i suoi colleghi Antonio Conte e Rudi Garcia sono andati così così (ma non così male: almeno dieci volte tanto per Conte autore di Testa, cuore e Gambe e Garcia è apparso anche in classifica). Anzi, la notizia è che, mentre le magliette coi numeri dei centrocampisti preferiti vanno a ruba, i libri dei calciatori vendono meno di quanto sembra. Perché anche quando entrano in classifica i numeri restano sempre lontani anni luce dal thriller di successo: per dare un'idea, l'anno scorso il libro best seller dei calciatori è stato quello di Andrea Pirlo, Penso quindi gioco (Mondadori) che ha venduto 50.000 copie, contro le 600.000 di Dan Brown. Come per tutte le leggi, però, anche questa ha le sue eccezioni. Tre, in particolare, tutte sopra le centomila copie: il libro di Roberto Baggio, Una porta nel cielo uscito dopo il mondiale per Li-mina (su Amazon viene venduto usato a 1.800 euro); quello di Alessandro Del Piero, Giochiamo ancora (Mondadori) e l'autobiografia di Zlatan Ibrahimovic, Io, Ibra, che Rizzoli ha acquistato a suon di soldoni dall'editore svedese.

    SOLO LE BANDIERE - E poi c'è il caso memorabile del Francesco Totti barzellettiere, che ha superato il milione di copie, dove a essere vincente, però, è stata la Totti-filosofia più che la Totti-autobiografia. L'altro pezzo di storia, invece, è quella dei flop, solo in apparenza inspiegabili. Il più clamoroso? Quello di Fabio Cannavaro (La mia storia) l'uomo che tutte le donne sognavano nel proprio letto ma non nella loro libreria: appena 7.000 copie. Poi quello del Pallone d'oro Pavel Nedved, La mia vita normale (Add) e, a ben guardare, anche quello di Gigi Buffon, Numero 1, uscito quattro anni fa. Non proprio un flop, anche se per l'altro uomo simbolo della Juventus 50.000 copie - quando il mercato era molto più forte di oggi - proprio un successone non sono. La spiegazione è presto fatta: chi guarda il calcio può acquistare le partite ma difficilmente comprerà un libro, almeno in Italia, mentre all'estero gli sportivi sono più spesso lettori (il libro di Pirlo, I think therefore I play, ha venduto in Inghilterra 35.000 copie in una settimana. Al contrario, quello dell'ex allenatore del Manchester Alex Ferguson, un successo in patria, da noi si è attestato sulle diecimila copie). Per convincere il "medioman" italiano il giocatore in questione deve incarnare una bandiera. Come l'ex capitano della Juventus, rimasto anche sotto Calciopoli, o quando Capello aveva smesso di farlo giocare. O come capitan Xavier Zanetti, che con la sua vita raccontata a Gianni Riotta è arrivato a circa 80.000 copie. In assenza di queste condizioni, è difficile far tornare i conti.

    COGLI L'ATTIMO - Ma perché allora gli editori corteggiano, anzi assediano, i calciatori, sborsando spesso decine di migliaia di euro (e ottenendo, altrettanto spesso, un rifiuto, visto che fanno milioni con gli sponsor e l'idea di starsene dieci giorni con un povero ghost writer difficilmente li alletta)? "Perché noi editori siamo un indistinto gregge di pecore che insegue il ciuffo rigoglioso del momento", risponde uno interno al mestiere. "Zanetti vende? Tutti di corsa a pubblicare l'epopea sportiva di chiunque, anche se è il terzino della Ternana sperando nel colpo di culo. E via così finché spunta un nuovo ciuffo su cui azzuffarci, che sia la cucina verticale, la pesca solo nei giorni feriali o la filosofia della carbonara. Così si finisce però saturare il mercato". Un nuovo modo per vendere copie, quando si tratta di sportivi, l'ha svelato il caso editoriale Andrè Agassi, Open (Einaudi). Prendi un premio Pulitzer (J. R. Moehringer) lo mandi a casa di Agassi per tre mesi, poi gli chiedi di montare la storia non come una piatta biografia ma come un romanzo vero. Dove magari il campione in questione dice che quello sport l'ha sempre odiato e che suo padre lo obbligava a colpire duemila palline di tennis al giorno. Allora puoi vendere, solo in Italia, 300.000 copie, anche a gente che una racchetta non l'ha mai presa in mano né vista in tv. Ma a questo punto non importa più che sia uno sportivo. Basta che sia un libro pazzesco.

    Elisabetta Ambrosi per il Fatto Quotidiano

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