Redazione Calciomercato
Da ‘Calhafiori’ a Orsolini e Saelemaekers: Thiago Motta esalta i singoli al di là del valore assoluto
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In sottile polemica con tutti i giornalisti che non si limitano a far domande ma pretendono addirittura di capire, Max Allegri ha parlato così ai microfoni di Mediaset al termine della vittoria contro la Lazio in Coppa Italia, due giorni dopo la sconfitta contro i biancocelesti in campionato. Forse voleva essere più una battuta lapalissiana che una dichiarazione ideologica. Come fa sempre del resto. Di fatto però tutto questo scherzare diventa - è inevitabile - teoria, al punto che questa sua maniera di parlare di calcio al tempo dei vari Inzaghi e Thiago Motta rischia di non trovare più proseliti e trasformarsi in un clamoroso autogol. Perché? Perché appare sempre più evidente la differenza. Prendiamo giusto Thiago Motta e il suo Bologna. Vi pare che senza l’attuale tecnico i rossoblù avrebbero raggiunto e mantenuto questa posizione in campionato? Orsolini c’è da parecchio, ma è con lui che è andato in doppia cifra per il secondo anno consecutivo. È lui che sta mostrandoci un nuovo Saelemaekers. Ed è sempre Thiago Motta che ha formato quel poliedrico Cambiaso che adesso Allegri lancia a briglie sciolte “verso la porta” avversaria. Cambiaso, che è stata l’unica vera grande differenza tattica della Juve di quest’anno rispetto a quello precedente, non è farina del sacco di Allegri...
DA CALHAFIORI A SUPER ORSO… - Ci basta analizzare il primo e il secondo gol del Bologna contro la Salernitana per ricavare (o al limite intuire) le istruzioni tutt’altro che semplici che Thiago Motta impartisce ai suoi ragazzi. L’obiettivo è farli funzionare al loro meglio o, forse, arrivare all’overperformance tramite una organizzazione di gioco meticolosa. La richiesta è dunque massimamente articolata, al contrario di quanto va professando e sbandierando Allegri. È il gioco il cavallo, non questo o quest’altro giocatore. Lo si vede benissimo da come interagiscono i calciatori del Bologna, anche a grandi distanze... Sulla giocata a tre tempi di Calafiori, anzi Calhafiori, notate i movimenti all’unisono (benché eterogenei) di Orsolini, Freuler, Ferguson e Aebischer.
Orsolini, per fare gol, non corre banalmente verso la porta. E non lo fa per conto suo, separato dal contesto. Dapprima rientra dal fuorigioco, poi al pari dei suoi compagni sopra elencati offre a Calafiori un movimento verso uno spazio utile relativo. Lo fa tra l’altro al momento giusto, ma assieme agli altri. Quando? Be’, quando Calafiori aggiusta il pallone col secondo tocco, un attimo prima di alzare la testa. In questo modo il centrale del Bologna può leggere quel primo vantaggio generato dal movimento di Orsolini.
Ora tra Calafiori e Orsolini c’è comunicazione a distanza, e il primo decide di sganciare l’apertura. Ma è nel frattempo che succede qualcos’altro di complementare. Organizzare oggi non significa dire correte di là o di qua. Significa fornire gli strumenti giusti per leggere il gioco in qualunque situazione possibile.
Cosicché non è soltanto bravo Orsolini ad addomesticare lo spiovente, puntare l’uomo e piazzarla all’incrocio. Occorre sottolineare anche la posizione e la sovrapposizione interna di un non terzino in funzione di terzino, vale a dire quel che fa Aebischer, uno dei due centrocampisti centrali del 4-2-3-1 di Thiago Motta. Sopra vedete cerchiato in giallo il terzino Posch. Insomma dove si trova l’uno e dove si trova l’altro, in questo scambio di funzioni. Alla fine della fiera è chiaro che su Orsolini non arriva il raddoppio interno di Bradaric perché Bradaric è impegnato a inseguire Aebischer. È per questo che Orsolini ha spazio per calciare col suo piede preferito dal ciuffo d’erba preferito…
L’AZIONE DEL GOL DI SAELEMAEKERS - Stessa cosa o quasi succede più tardi, dalla parte di Saelemaekers. Sono solo due esempi estrapolati da un mare di situazioni in cui tutto si vede tranne l’ininfluenza dell’allenatore. Qui sotto assistiamo, dopo una palla persa, a una riaggressione immediata ai danni di Candreva, che sbaglia l’appoggio.
La prende Freuler e la apre per Saelemaekers.
Poi l’ex Atalanta scatta nello spazio tra Pierozzi e Manolas, costringendo Basic a seguirlo. Di nuovo viene a mancare il raddoppio interno del centrocampista di catena (Basic appunto) sulla discesa palla al piede dell’esterno del Bologna, accompagnato per giunta da una sovrapposizione classica del terzino vero e proprio Lykogiannis. Ed ecco definita un’altra volta “la piattaforma” per calciare comodi in porta.
Perché allenare non è indicare una meta, allenare è costruire spazi evanescenti.