Ucciso cugino Masiello:| Per schiaffo a donna del boss
Per ucciderlo hanno usato i colpi di un intero caricatore. Sette proiettili. Di più non ce n’erano da usare, ma l’aver scaricato sul corpo di Vincenzo Masiello tutta quella furia di fuoco e di piombo la dice lunga sulla efferatezza di questo nuovo omicidio che insanguina la città di Napoli. La faida qui non c’entra - il fatto si è verificato nel cuore dei Quartieri spagnoli - ma ugualmente la tragica conta dei morti ammazzati segna con questo delitto l’omicidio numero 44 dall’inizio dell’anno in città.
Ucciso come un boss, massacrato a sangue freddo mentre camminava lungo vico Tre Regine: così è morto Vincenzo Masiello, 22 anni non ancora compiuti e un passato scandito da piccoli precedenti, legato a parentela diretta con il calciatore del Torino, Salvatore Masiello. Del terzino sinistro granata Vincenzo Masiello era cugino. Non c’è pace in città. Non bastava la faida di Scampia. Ci voleva anche un altro omicidio che, sebbene abbia i connotati di chiara matrice camorristica, poco o nulla avrebbe a vedere con la camorra. Anche se siamo ancora nel campo delle ipotesi.
Perché, scavando nel passato della vittima - un ragazzo che con la criminalità organizzata pare non avesse mai avuto rapporti, preferendo piuttosto le rapine (questo dicono i suoi precedenti di polizia) - non si trovano episodi che lo riporterebbero ai gruppi sempre ancora attivi nell’area dei Quartieri.
Ma allora perché tanta violenza, e un così deliberato accanirsi sparando tutti i colpi che c’erano in canna? Non un solo colpo di pistola, roba da killer professionista. No. È come se l’assassino - una sola persona è stata notata affiancare intorno alle 17 di ieri pomeriggio Masiello, mentre camminava lungo vico Tre regine, a ridosso di vicolo Lungo Teatro Nuovo, per andare chissà dove; il sicario, dal sellino del T-Max metallizzato, ha estratto dal giubbotto una pistola e, dopo avere affiancato Masiello, ha iniziato a premere sul grilletto.
Una, due, tre, quattro, fino a sette volte, fino a quando il bersaglio, indifeso, non è stramazzato al suolo. Per lui restava poco da fare. Vergogna Napoli. Infinita vergogna ricada - oltre che sull’assassino - anche (e nello stesso modo) su quanti poi, nei pochi minuti che sono serviti alla polizia per giungere sul posto, hanno tentato di occultare le tracce, cercando di disperdere i bossoli in terra e le pozze di sangue. Vergogna nella vergogna di un’omertà imperante.
Ma tant’è. E anche questo è Napoli, ricordiamocelo, quando certo buonismo tende a prevalere anche in qualche alto rappresentante delle istituzioni locali. E per chi ha memoria storica della cronaca nera, questo omicidio ricorda da vicino quello avvenuto nell’ormai lontano 2004 del 17enne Salvatore Albino, assassinato da Salvatore Moliterno, poi arrestato e condannato. Moliterno uccise per vendicare uno «sgarro» imperdonabile negli ambienti sottosviluppati della malavita napoletana.
La causale di quell’omicidio fu la vendetta di un padre per l’inaccettabile sorte subìta dalla figlia minorenne, alla quale albino aveva rapinato il ciclomotore, poche sere prima di essere ammazzato. Ebbene, pare che dietro l’esecuzione del povero Vincenzo Masiello si nasconda un fattaccio avvenuto solo poche ore prima, al massimo un paio di giorni fa: il ragazzo avrebbe mancato di rispetto ad una donna; non una semplice donna dei Quartieri, ma la moglie di un delinquente molto noto in zona.
Pare, addirittura, che a seguito del diverbio avuto con lei il 22enne le avesse sferrato uno schiaffo in volto. E questo non si fa. Se poi lo si fa a Napoli, in zone di camorra, questo equivale a rischiare la vita.