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Crotonemania: Zenga's eleven
Il confine tra dove finiscono i meriti pitagorici e iniziano i demeriti meneghini è molto labile. E’ vero, non è il biscione più brillante della storia, se non vince da due mesi ci sarà una ragione, e l’assenza di Icardi non giovava, ma il Crotone ha giocato a calcio, quello con la ‘c’ maiuscola. A dir la verità è da un bel po’ che gli squali hanno un’identità ben chiara, forse proprio da quel 6 dicembre, data dell’avvicendamento in panchina tra Nicola e Zenga. Si è passati da un ‘culto della sofferenza’ (tradotto, difendiamoci, ripartiamo in contropiede e se segniamo bene) a una ‘gagliarda ambizione’, fatta di verticalizzazioni, aggressione della profondità, fraseggi nello stretto e gioco palla a terra. Badate bene, anche la scelta di operare sul mercato di riparazione in un determinato modo non è frutto di semplici occasioni e opportunità da cogliere: se prendi giocatori come Benali e Ricci, e io ci metto pure Zanellato, lo fai per perseverare nel progetto di produrre gioco e non certo di incassare come un pungiball.
Una vera e propria mutazione nel DNA dei pitagorici. Ingegnere genetista dell’opera, Walter Zenga, che è maturato rispetto alle negative esperienze del passato, e sta maturando. Non deve essere stato facile per lui inferire una stoccata così precisa proprio alla squadra più amata, a quella a cui ha sempre, senza troppi giri di parole, dichiarato di voler puntare. Pazienza Walter, il tuo futuro e quello del Crotone passano da partite come quelle di ieri sera. E della stessa ottima fattura, si spera, ne dovranno essere prodotte ancora altre 15; dopo sarà lecito sognare, per tutti.