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    Crotonemania: evitare la sindrome del 'braccino corto'

    Crotonemania: evitare la sindrome del 'braccino corto'

    • Michele Santoro
    Da occasione persa a beffa il passo è breve. Breve come è stata l’illusione di aver inserito un altro tassello tra sé e le concorrenti salvezza al termine di una gara sempre in bilico, in cui il Crotone è andato avanti, è stato ripreso e poi superato, e con forza e carattere ha rimesso in equilibrio la disputa, ‘rischiando’ pure di vincerla. Bizzarro il fatto che a spegnere quel temporaneo vagheggiamento ci ha abbia pensato Cheick Diabaté, gigante maliano di 194 cm, che di conciso non ha nulla, se non il tempo intercorso tra il suo esordio in A e il primo gol nella categoria. Un deciso passo indietro, non nel gioco, ma nell’attenzione difensiva e nella gestione della palla rispetto alle ultime uscite, e poi qualche scelta tecnica non proprio azzeccatissima. Ajeti, sorprendente da vertice basso di centrocampo con l’Atalanta, non ha saputo bissare la prestazione di una settimana fa, arrossendo, per larghi tratti, di fronte ad un colosso della medina come Sandro. Retroguardia da bocciare in blocco: 2-1 di Viola a parte, le altre due reti sono regalate. La fase offensiva è la nota più bella, con Benali ispiratore e finalizzatore, e un attacco light da riproporre anche in futuro.

    Un match da tripla finito come non doveva finire, perché è vero, come dice Zenga, che i punti in più sulla zona rossa restano 4, ma senza finali di gara balordi come gli ultimi due le lunghezze di vantaggio sulla Spal sarebbero state sette. Cali di concentrazione, stanchezza, mancanza di lucidità, sfortuna: c’è un po’ di tutto nella botta presa al ‘Vigorito’. C’è anche qualcosa di meno visibile ma più subdolo: l’ansia di chiudere in fretta il discorso salvezza. Un fervore positivo, certo, ma che deve essere tenuto a bada, soprattutto se sei abituato a inseguire e non a essere inseguito. Il rischio è che, anche contro gli spallini, ci si faccia prendere dalla sindrome del ‘braccino corto’, cioè che la smania del risultato a tutti i costi porti a non affrontare con serenità la sfida, compromettendo l’ottima occasione per allungare sui rivali. La soluzione è non pensare ai risvolti (al momento solo teorici) della prossima partita. Guidare con un discreto margine il gironcino ‘salvezza’ già a fine febbraio sarebbe importante ma, ahinoi, non determinante; proprio come l’incrocio di domenica prossima allo ‘Scida’.

    Un plauso finale vorrei tributarlo al Benevento, che in casa non molla nulla. Possono apparire sgraziati, forse disorganizzati in alcuni momenti, ma se caricano fanno male. I punti da recuperare sono tanti, forse troppi, e magari quelli di ieri, alla fine, non serviranno a nulla, ma che carattere. Pubblico caldo e appassionato anche se l’oblio è dietro l’angolo; un allenatore che, nonostante la classifica, professa la sua idea di calcio e tiene vive le speranze nello spogliatoio; infine, un gruppo di calciatori affiatato e coeso (e te ne accorgi in campo) che non ha paura di nulla perché non ha nulla da perdere. Guardandoli bene mi ricordano qualcuno.
     

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