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    Croazia di cuore e di rigore, ma Tite ha più colpe del Brasile

    Croazia di cuore e di rigore, ma Tite ha più colpe del Brasile

    • Gianni Visnadi
    Il Brasile va un’altra volta a casa, incapace di superare il primo vero scoglio del suo Mondiale. Avanti Croazia, di cuore e di rigore, capace di rimontare il gol di Neymar, arrivato in coda del primo supplementare e poi di vincere ancora dal dischetto, come già agli ottavi contro il Giappone. Vent’anni di delusioni, anche feroci come questa, dal successo del 2002 in finale sulla Germania, sempre ko contro una squadra europea. Una piccola grande maledizione, che Neymar sembrava poter stregare con l’unico guizzo della sua partita, un gol da Brasile, che più “brasiliano” non puoi immaginarlo, ma che invece continua, appuntamento fra altri 4 anni. O Ney raggiunge Pelé al comando dei cannonieri brasiliani, ma è soddisfazione piccola e platonica anzi inutile.

    Dalic dà una lezione a Tite, impedendogli di giocare per quasi tutta la partita. Senza alzare le barricate, solo giocando un calcio più veloce e pratico, conscio dei limiti della sua squadra, che non ha un vero centravanti, per lo meno un centravanti buono, e perciò la butta tutta sul gioco totale. Domina in mezzo al campo, nonostante Casimiro. Paquetà vale sempre tanti titoli perché c’è da mettere in mezzo la sua esperienza al Milan, ma in quel ruolo, e soprattutto contro questi avversari, resta da capire se e quanto sia davvero utile. La Croazia rischia niente nel primo tempo, poco nel secondo, prende il gol che stenderebbe un Toro alla fine del primo supplementare eppure trova modo e forza per rialzarsi. Decisiva la deviazione di Marquinos sul tiro di Petkovic, uno dei tanti protagonisti in campo passati nel nostro campionato. Lui in realtà senza particolari rimpianti.

    C’è soprattutto la firma di Livakovic sulla semifinale croata. Già importante in partita su Vinicius, Paquetà e Neymar, il portiere della Dinamo Zagabria ha parato il primo rigore a Rodrygo, mettendo subito la sfida su un piano inclinato. Ma ci sono anche le firme di Juranovic, che ha martellato Danilo e la sua fascia, e di Kovacic, che più di Modric (rigore delizioso) ha giganteggiato a metà campo. Ci sono i chilometri di Perisic e quelli del suo amico Brozovic, che ha avuto l'occasione per schiodare il risultato, pochi istanti prima che riuscisse a Neymar. Esausto, l’interista ha calciato alle stelle.

    La semifinale sicura, dopo la finale di Russia 2018. Un merito enorme, un risultato inatteso. Con tanti meriti, ma anche le colpe del Brasile. I cambi di Tite gridano vendetta. L’uscita di Vinicius andrebbe spiegata a un tribunale del calcio. E del resto, Corea del Sud a parte, quando mai il Brasile aveva fatto bene in questo Mondiale? Solo il numero di Richarlison le aveva semplificato la pratica con la Serbia, senza quel gran gol chissà mai come sarebbe finita. E la Svizzera capace di resistere sullo 0-0 fino a pochi minuti dalla fine e poi invece distrutta dal Portogallo? Alex Sandro titolare finché non s’è fatto male e poi tra i cambi per battere la Croazia, deve fare riflettere. E così il 38enne Thiago Silva o l’ancora più anziano Dani Alves. Chiamala se vuoi, abitudine. O gratitudine. Che non ha pagato.
    @GianniVisnadi

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