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    Criticare Verratti, che coraggio

    Criticare Verratti, che coraggio

    Finitela, finiamola. E' arrivato il momento di dire basta alle critiche gratuite, ai paragoni e alle etichette esagerate, dopo una sola partita. Il pareggio 2-2 di Sofia è stata l'occasione per risvegliare un popolo e una categoria di giudici, che non vedevano l'ora di puntare il dito. Questo va bene, questo non va bene, nel giudicare l'Italia non è seconda a nessuno. Così come nel bollare frettolosamente qualcuno. A finire sul banco degli imputati in questo caso è stato Marco Verratti, autore di una prova incolore e per questo 'non ancora pronto'. Pronto per che cosa? Non è Pirlo, ma su questo non credo ci siano dubbi, gli si chiede di esserlo, lui che è soprattutto una mezzala, a 22 anni, senza ricordare che il regista-artista di Brescia ha fatto il suo esordio in Nazionale a 23 anni, il 7 settembre 2002 contro l'Azerbaigian.

    Verratti non solo merita pazienza e spazio, merita supporto. Quello che non ha da alcuni addetti ai lavori e da una buona parte dell'opinione pubblica che vuole tutto e subito. A questi signori è bene ricordare che da almeno 3 anni Verratti è un punto fermo del Paris Saint Germain, ormai una grande del calcio europeo che ebbe l'ardire nell'estate 2012 di concedergli quella chance che in Italia ancora si fa attendere. In anni di grandi difficoltà per le nostre formazioni in ambito internazionale, il funambolo abruzzese è stato uno dei migliori testimonial del made in Italy, eppure abbiamo il coraggio di metterlo in discussione.

    Criticare Verratti, che coraggio. L'Italia ha bisogna di lui perchè come lui ce ne sono pochi. Troppo pochi. Dopo averlo invocato a lungo come salvatore della Patria per rimpiazzare i due totem Pirlo e De Rossi, con altrettanta facilità lo si è scaricato. Solito atteggiamento schizofrenico di un Paese incapace di guardare oltre il palmo del proprio naso, mentre all'estero a 18 e 19 anni gli "acerbi" sono già titolari indiscussi nei rispettivi club e con le loro nazionali. Ah già. Noi siamo il Paese dei bamboccioni che ancora dipendono da mamma e papà...

    Federico Zanon e Andrea Distaso

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