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    Crisi senza fine e spettro retrocessione: i numeri condannano il Frosinone di Di Francesco

    Crisi senza fine e spettro retrocessione: i numeri condannano il Frosinone di Di Francesco

    • Roberto De Luca
    Un loop malefico. Scene di un copione già visto e che non necessita di ulteriori prove. La crisi del Frosinone sembra non conoscere via d’uscita, nonostante qualche illusorio segnale di ripresa lanciato lungo il tortuoso cammino. Anzi, il ko di ieri contro il Sassuolo ha ulteriormente rigettato nell’oscurità i giallazzurri, risucchiati sempre più nella zona retrocessione. Uno scenario paradossale, perché nessuno si sarebbe mai aspettato un crollo del genere dopo l’esaltante ritmo tenuto nel girone di andata. E in discussione non può che finirci anche Eusebio Di Francesco, mai come ora in evidente difficoltà nel garantire continuità di resa alla sua squadra. La domanda sorge spontanea: cosa è successo per interrompere in modo così brusco il percorso brillantemente compiuto dai ciociari? Sarebbe troppo semplicistico ridurre il tutto alla sfortuna o agli infortuni. Facile e ingiusto, vista la portata di numeri impietosi. 

    DELUSIONE - Quello del “Mapei Stadium” era un confronto da dentro o fuori. Il classico appuntamento da non fallire e che, invece, si è trasformato nell’ennesimo atto dolente di un ciclo negativo senza fine. A sorprendere, in particolare, è stato l’atteggiamento del Leone. Deludente sul piano della proposta di gioco e passivo nella fase di non possesso. Certo, il rigore fallito da Kaio Jorge allo scadere grida vendetta ma non può bastare per cambiare i giudizi globali. L’impressione è che Mazzitelli e compagni stiano risentendo tanto in termini psicologici del lungo periodo no. Quasi come se fossero rassegnati dinanzi al loro destino. Quella spensieratezza evidenziata fino a novembre e tradottasi sul campo in un’armoniosa proposta offensiva, adesso sembra soltanto un piacevole ricordo. Nell’arco dei novanta minuti, da dicembre in poi, si assiste quasi sempre un Frosinone che piace e uno che delude. Uno che ci prova con idee chiare e uno masochista. Uno che ha convinzione e uno che va in tilt. Ieri, al cospetto di un Sassuolo tutt’altro che irresistibile, le scene sono state le medesime. Bene ma non benissimo nel primo tempo, malissimo nella ripresa. Anche a seguito del vantaggio di Thorstvedt, la reazione non è stata veemente come ci si attendeva. Ed evidentemente, almeno per ora, la soluzione per superare la crisi non è stata trovata.

    CONFUSIONE - Anzi, ascoltando le conferenze stampa post gara di DiFra sembra che il Frosinone domini le partite e che sia perseguitato dalla sfortuna. Peccato che dal 2 dicembre in poi siano arrivate 11 sconfitte su un totale di 15 incontri disputati. I 3 pareggi conseguiti con Torino, Verona e Lecce, uniti alla vittoria col Cagliari, vanno ad arricchire un quadro complessivo colmo di note sofferenti e che racchiude un rendimento da brividi in trasferta (0 successi ottenuti) oltre alla seconda peggior difesa del campionato (57 gol subiti). Davanti a numeri del genere, inutile girarci attorno, qualsiasi altro allenatore sarebbe stato a rischio. A questo si aggiungono scelte discutibili. Dall’alternanza in porta tra Turati e Cerofolini alla gestione di alcuni singoli: Ibrahimović e Reinier fino a qualche mese fa erano delle certezze, ora sembrano finiti nel dimenticatoio. Il tedesco si è rivisto proprio ieri, a match in corso, dopo oltre un mese di assenza non dovuta a problemi fisici. Per non parlare di Caso, eroe promozione e divenuto da diverse settimane, ormai, accumulatore di tribune. Senza sottovalutare inoltre, per quanto si tenti di giocare un calcio posizionale, l’incapacità di suonare uno spartito diverso dal prevedibile 4-3-3. Le avversarie ormai conoscono il Leone e si adattano per limitarne le qualità. Soulé, in tal senso, è quello che sta subendo maggiormente la staticità della manovra. Spesso raddoppiato o triplicato, l’argentino sta facendo fatica a sprigionare al massimo le proprie doti. Mettere in atto una densità più bassa per superare il momento e blindare la retroguardia non sarebbe un reato penale, idem tentare di percorrere strade diverse nel solco di un assetto altrettanto differente. Magari con quel 3-5-2 visto a Torino contro la Juventus e che aveva fornito ottime risposte. 

    RISCHIO - Ma a mandare al manicomio i tifosi è la mancanza di mordente. Il coro intonato ieri dagli encomiabili sostenitori giallazzurri al triplice fischio e rivolto ai calciatori, fotografa con nitidezza la situazione: “Noi vogliamo gente che lotta”. Aggiungere altro sarebbe superfluo, perché c’è modo e modo di perdere. Chiaramente, la società non è esente da colpe e di sicuro non ha teso la mano al proprio allenatore durante il mercato di gennaio. A parte Ghedjemis, nessuno dei nuovi arrivati ha fatto compiere alla rosa un upgrade tecnico. L’esigenza di riempire, complici gli infortuni, ha prevalso su scelte di tipo qualitativo. E in quel momento serviva aggiungere soprattutto qualità per dare seguito all’ottimo girone di andata disputato. La navigazione difranceschiana, nel frattempo, è proseguita tra mille turbolenze e lo scenario attuale (complice il blitz del Verona a Lecce) è il seguente: terzultimo posto occupato a quota 24 punti, a pari merito con l’Udinese che giocherà domani. Difficile che possa arrivare uno scossone nella settimana che porterà al match di sabato con la Lazio, però il campo sta manifestando criticità che sono impossibili da ignorare. Anche agli occhi di una dirigenza che non basa tutto sul risultato, ma sull'insieme del progetto. E che è abituata a fare bilanci e prendere decisioni a stagione conclusa. Il momento è comunque delicato, riusciranno DiFra e il Frosinone ad uscirne fuori insieme? 


     

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