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Corradi a CM: 'Vi racconto la mia Italia Under 17. Il calcio italiano sta reagendo alla crisi. I giovani bravi vanno fatti giocare'
Partiamo dalle scelte fatte, ha dovuto escludere dai convocati giocatori di grande valore, è un segnale per il movimento? "Il segnale per il movimento è dato dal fatto che l’Italia è l’unica federazione ad essersi qualificata per quattro edizioni consecutive della fase finale, sia in Under 17 che in Under 19, e che siamo l’unica federazione ad avere tutte le categorie alle fasi finali: Under 17, Under 19, Under 21 ai rispettivi Europei, Under 20 al Mondiale e Nazionale A alle Finals della Nations League. Il movimento sta reagendo bene agli stimoli, che sono dettati dalle linee guida della Nazionale Maggiore: grande attenzione nei confronti dei giovani. Sapevo di avere un ottimo gruppo e che sarebbe stato duro fare delle scelte ma, di sicuro, non me ne sono accorto a maggio quando le ho fatte, lo sapevo prima perché, ormai, sono cinque anni che lavoro in Federazione e conosco le dinamiche".
Che Europeo dobbiamo aspettarci e qual è l'insidia più grande per questi ragazzi?
"Quando arrivi alla fase finale di una competizione così importante, chiaramente, trovi squadre forti, che si sono guadagnate la qualificazione. Questo per dire che nazionali teoricamente meno quotate, se sono arrivate a questo punto, è perché hanno una buona annata. Al netto del valore degli avversari, l’insidia più grande è quella della gestione del carico emotivo che i ragazzi possono subire affrontando una manifestazione così importante. Vengono da un percorso in Under 15 e Under 16 dove fanno amichevoli e, al massimo, qualche torneo, le prime partite con una certa tensione sono state quelle del fase di qualificazione e della fase élite. Oltre ad allenare il fisico, la tecnica e la tattica dobbiamo fargli allentare un po’ la tensione e farli stare sereni per fargli vivere al meglio questa esperienza".
Si parte subito con la Spagna, forse la più pericolosa delle avversarie. È già da dentro o fuori?
"Dentro o fuori no. Partire contro l’avversaria, a detta di molti, più forte può aiutare i ragazzi a rendersi immediatamente conto di quello che li aspetta nei prossimi dieci giorni".
Rispetto alla Nazionale A con Mancini che punta molto sul 4-3-3, lei usa spesso un 4-3-1-2. Ci spiega questa scelta tattica?
"Parlare di numeri nel calcio moderno o inquadrare tatticamente una squadra con una formula non credo sia al passo con i tempi. Se guardiamo le partite di oggi, le squadre costruiscono con un modulo e difendono con un altro, costruiscono a seconda della pressione avversaria. Detto ciò, ridurre ad un modulo o ad una serie di numeri il lavoro di un allenatore è abbastanza riduttivo. Noi, in Nazionale, avendo i giocatori per un breve periodo di tempo abbiamo l’obbligo di farli giocare per caratteristiche cercando di mettere i ragazzi nelle migliori condizioni possibili per rendere al meglio".
Quanto è importante per questi ragazzi avere un confronto con realtà diverse da quelle italiane? Può essere questo l'obiettivo più importante, più della vittoria?
"L’operato di un allenatore, di solito, viene misurato in base ai risultati. Se, però, cambiamo la prospettiva e guardiamo dal giorno uno che ci siamo radunati al, si spera, giorno della finale, dovremmo andare a vedere quanto il calciatore è migliorato e quante conoscenza ha acquisito. L’obiettivo è misurarsi con il livello internazionale che è più impattante dal punto di vista fisico. L’obiettivo, quindi, è quello di chiudere l’anno con un risultato importante, se possibile, accrescendo il bagaglio calcistico dei ragazzi".
Mannini, Ravaglioli, Sadotti, Martinelli. Sempre più ragazzi anticipano i tempi e giocano da sottoetà in campionati diversi dall'Under 17 è un pregio o un difetto per loro?
"Quando un ragazzo è bravo, è giusto che venga fatto giocare. Se gli viene data la possibilità di giocare con compagni più grandi, è una possibilità in più di potersi migliorare. Non a caso, noi, abbiamo tre ragazzi: Cocchi (Inter, ndr), Liberali (Milan, ndr) e Vezzosi (Sassuolo, ndr) che, pur essendo 2007, fanno parte dei 20 senza considerare che abbiamo avuto anche Verde (Juventus, ndr), il quale ha fatto con noi la fase di qualificazione e la fase élite. I ragazzi bravi, se ci sono, vanno fatti giocare".
Per il calcio italiano e per la passione che raccontiamo spesso stia mancando soprattutto nei più piccoli quanto è importante il percorso delle italiane in Europa? L'Inter in finale di Champions ridà slancio a tutto il movimento?
"È normale che avere squadre italiane che arrivano in fondo alle competizioni aumenta il coinvolgimento, figuriamoci, come mi auguro, averne una o magari più di una che riesca a vincere aiuta. Ai nostri tempi, i ragazzi avevano solamente il calcio, oggi hanno mille distrazioni, quindi risultati del genere sicuramente aiutano a farli avvicinare al calcio".
Domanda difficile, Bernardo Corradi a fine stagione sarebbe felice se...
"Sono felice di aver raggiunto la fase finale degli Europei, chiaramente sarei felice di vincerli. La vittoria sarebbero la ricompensa dei sacrifici fatti e del lavoro fatto insieme ai ragazzi. Ho le spalle larghe perché sono in questo mondo da tempo e sono consapevole che se il risultato non dovesse essere positivo, il bilancio è comunque positivo perché abbiamo raggiunto la fase finale e possiamo giocarcela. Bernardo Corradi è già felice così ma potrei esserlo ancora di più dopo questo Europeo".