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Conte: 'Sono un martello, ma solo così riporto l'Inter al top. Io il più pagato? Ecco perché. Sul mercato ed Eriksen...'
SUI DIPENDENTI DEL CLUB - "Sono tutti importanti perché per essere stabilmente competitivi ad alti livelli è necessario che ognuno dia il meglio di sé in ogni settore, alzando il livello personale e quindi quello complessivo. È la somma di questi passi in avanti che fa raggiungere la meta e segna la differenza tra i gruppi di lavoro ambiziosi, affamati di vittoria e capaci di prendersi le responsabilità e i gruppi “seduti”, abituati ad accontentarsi e ad accettare la sconfitta. Molti parlano della vittoria come se fosse lì, facile da raggiungere, a portata di mano. Io invece parlo della mentalità vincente. Della preparazione alla vittoria. Perché, vede, si può vincere un anno anche solo per demeriti altrui o perché ti gira tutto bene, ma essere una società vincente nel tempo è un’altra cosa. E il mio obiettivo insieme al club, è riuscire a riportare l’Inter a quel livello. Però bisogna essere chiari e non vendere fumo: non ci si arriva grazie a un acquisto e neanche solo per le capacità di un tecnico, perché dieci anni senza successi come quelli passati dall’Inter non sono casuali...".
SU SE STESSO - "Sono un martello, lo so, ma solo così si cresce. Molto abbiamo fatto, molto ancora dobbiamo fare. Ho accettato l’incarico all’Inter sapendo di dover colmare i gap accumulati. Lavoro con questo mantra ogni santo giorno".
SULL'OBIETTIVO - "Sarà raggiunto quando gli avversari non avranno davanti solo 11 giocatori, ma sentiranno di affrontare una cultura, una identità, un sistema di valori, una passione e uno scopo collettivo. Scudetti o coppe sono una conseguenza. Senza una cultura della vittoria non si può mai arrivare ai successi, non almeno in modo sistematico e non a quelli che lasciano un segno. Ma la cultura della vittoria arriva attraverso il lavoro, l’organizzazione. Lo scopo comune deve essere quello di fare scelte giuste che semplifichino il percorso, non che lo complichino...".
SUI PARAGONI CON HERRERA E MOU - "Alt. Un momento. I paragoni sono lusinghieri. E la responsabilità di raggiungere i loro risultati la sento. Ma non confondiamo le epoche e le fasi storiche del club. L’Inter di Herrera e di Mourinho erano realtà consolidate. Squadre con tanti uomini che avevano già vinto tanto. Gente di personalità, abituata alle pressioni, che si prendeva le responsabilità e non sbagliava mai nei momenti decisivi. Perché la leadership in campo non si conquista a parole, ma con i fatti... Anche la mia Inter ha dei valori importanti, voglio solo che non si confondano dimensioni diverse. Noi siamo partiti molto più indietro".
SULLO SCUDETTO - "I tifosi hanno il diritto di sognare, ma dobbiamo essere consapevoli che quella scorsa è stata una stagione anomala in cui abbiamo fatto qualcosa di incredibile anche grazie a defaillance altrui. Siamo finiti a -1 anche perché la Juve, dopo aver vinto il titolo, nelle ultime partite ha un po’ mollato. Io paradossalmente sono più fiero di essere arrivato così davanti al Napoli, che partiva per vincere lo scudetto. Della Juve non ricordo solo il -1 finale, ma anche la partita che hanno giocato e vinto contro di noi pre lockdown. In cui loro hanno mostrato di avere ancora intatta cattiveria e fame di successo. Noi stiamo lavorando per non essere da meno".
SULL'INGAGGIO - "Quello che guadagno lo stabilisce ciò che ho fatto nella mia carriera. Nessuno ti regala niente nel calcio. So che vengono riposte tante speranze perchè ci sono io e lo accetto. Ma anche Kloppa Liverpool è stato i primi 4 anni senza vincere nulla ed è servito tempo e innesti importanti ogni stagione per costruire una squadra tra le più forti al mondo. Noi veniamo da anni in cui in Italia c'è una sola dominatrice assoluta. E quando questo accade, quella squadra scava un fosso tra lei e le altre, crea un gap. Chi insegue spesso invece di lottare per colmarlo, si è adattato ad essere il primo tra i secondi. Senza lavorare su tutti quei particolari che ti portano a migliorare davvero in tutto. Voi vedete il risultato del campo. Ma le partite si vincono in settimana e per riuscirci c'è bsogno che funzioni tutto. Quando sono venuto all'Inter non conoscevo nulla...Né le strutture, né l'ambiente, né le componenti del club, né il settore sanitario. C'è voluto un po' per capire e farmi capire. Ora conosco tutto e tutti, ed è un grande vantaggio. Sono state cambiate tante cose in un anno: i campi, la foresteria, le strutture, le abitudini. La società e chi lavora all'Inter mi supporta e mi...sopporta (ride, ndr). E stiamo migliorando insieme".
SULL'INTER - "Confronto con l'anno scorso? Numericamente siamo più strutturati. Come funzionalità di giocatori possiamo migliorare. I giocatori devono essere funzionali ad un'idea e a un progetto. Al gioco che bisogna fare per essere competitivi a livello nazionale e internazionale".
SUL MERCATO - "Gli allenatori non sono mai del tutto soddisfatti, non lo sa? Non ne troverà mai uno, si fidi...Ognuno di noi ha qualche situazione da sistemare, qualche ruolo che voleva coprire diversamente, qualche uomo da adattare. E' stato un mercato difficile per tutti. Sia nel comprare sia nel vendere. La società era stata chiara: si fa mercato con quello che si incassa. Il mio compito è di lavorare e rendere migliore la rosa che mi viene messa a disposizione".
SULL'AZIENDALISMO - "Io sono sempre stato un aziendalista. Il club viene prima di tutto ed è sopra a tutti. Per questo lavoro anche per far crescere e migliorare le strutture. E' giusto che tutti, me per primo, lavorino in funzione del club. Per questo posso assicurare che chiunque un giorno arriverà dopo di me usufruirà del lavoro in profondità che stiamo facendo. C'è un percorso lungo per arrivare a vincere. I nostri competitor sono forti. Il Napoli, per citarne uno, si è rinforzato molto. Senza parlare della Juve che ha gestito a suo piacimento le ultime stagioni e ogni anno continua a mettere a segno grandi colpi".
SULLE DIFFICOLTA' - "L'immagine dell'Inter da parte degli avversari è cambiata, e questo significa che abbiamo fatto bene. Ma anche che le partite contro di noi vengono preparate diversamente: giocano tutti alla morte e con la massima concentrazione. Questo campionato è più difficile dello scorso. Dobbiamo essere bravi a cogliere i momenti giusti in partita, sprecare meno, evitare ogni distrazione. In una parola, crescere. Il livello di guardia degli avversari si è alzato e bisogna capirlo bene".
SULLA CHAMPIONS - "Serve un'impresa. Ma abbiamo dimostrato nelle tre partite giocate, nonostante i risultati non ci abbiano sorriso, di poterci stare. E faremo di tutto per restarci".
SU ERIKSEN - "Tutte le scelte che faccio sono sempre e solo per il bene dell'Inter e non per quello del singolo giocatore".
SU BASTONI - "Un tecnico deve avere una 'visione'. Guardi un ragazzo e vedi quello che potrebbe diventare. E in Bastoni l'ho visto".
SU VIDAL - "E' un grande giocatore, in campo sa sempre cosa fare. Avrebbe bisogno di due settimane di allenamento full immersion, ma si gioca continuamente e quindi dovrà prendere la forma migliore giocando. Però Arturo non si discute".
SU ZHANG - "E' una persona estremamente preparata, determinata, sincera. L'Inter è ormai parte della sua vita, e anche in un momento come questo nel quale deve necessariamente trascorrere del tempo in Cina, ci fa sentire il suo supporto".
UN DESIDERIO PERSONALE - "Solo di avere sempre il giusto rispetto. Accetto le critiche, ma non sulla mia professionalità sulla mia totale dedizione al lavoro e all'Inter. Quando lascerò questa maglia, sarà migliore di come l'ho trovata...".