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    Conte pronto a tornare: 'Sì alla difesa a 4, sogno la Champions'. E ha detto no all'Italia

    Conte pronto a tornare: 'Sì alla difesa a 4, sogno la Champions'. E ha detto no all'Italia

    Vincere è l'unica cosa che conta per Antonio Conte. L'ex allenatore di Juventus e Inter ha dichiarato in un'intervista al quotidiano inglese The Daily Telegraph: "I miei trofei a casa mi ricordano perché devo vincere. Quei trofei sono una grande, grande responsabilità perché restano lì a ricordarmi che ho vinto e devo continuare a farlo. Far divertire i tifosi è importante, ma non basta se l'obiettivo è vincere. Lo so perché ho allenato grandi squadre e loro mi chiedevano sempre di vincere. Ora per me è impossibile lavorare pensando solo allo spettacolo perché l'aspettativa è sempre quella di dover vincere. Amo il mio passato, ma allo stesso tempo porta dietro un'aspettativa sempre molto alta e se non vinco ho fallito. L'ideale è vincere e divertire. Ma per essere celebrato devo vincere, altrimenti gli altri aspettano di festeggiare il mio fallimento. Questa è la verità". 

    DIFESA A 4 - "In ogni club in cui ho allenato ho usato il Subbuteo, anche per spiegare alcune situazioni tattiche ai miei calciatori. Ne ho sempre avuto uno a casa. In futuro potrei giocare con una linea difensiva alta a quattro, ma bisogna pressare molto, altrimenti si corrono grossi rischi. La gente pensa che il mio 3-5-2 sia un sistema difensivo, ma non è vero. Basta vedere quanti gol segnano le mie squadre in ogni stagione. Non dipende dal fatto che siano tre o quattro in difesa, dipende da come schieri la squadra e come costruisci le azioni d'attacco. Non va bene essere troppo difensivi, ma neanche troppo offensivi. Bisogna adattarsi alle caratteristiche dei giocatori. La mia esperienza mi dice che se vuoi vincere il campionato o alzare un trofeo, devi avere una squadra equilibrata. La scorsa stagione il Manchester City è stato il miglior esempio di squadra dotata di grande equilibrio, difensivamente e offensivamente". 

    RE DEL MERCATO - "Guardiola è il miglior allenatore del mondo, poi ha alle spalle un club che ogni anno può investire tanti soldi per acquistare grandi calciatori sul mercato. Così è molto difficile competere alla pari. La mia storia dice che sono sempre arrivato in club con problemi e una situazione, costruisco sempre. Dopo la mia prima stagione al Chelsea, quando vincemmo il titolo, avremmo potuto dominare in Inghilterra. Avevamo trattato Romelu Lukaku e Virgil van Dijk, due giocatori importanti che avrebbero potuto cambiare la situazione". 

    TOTTENHAM - "E' stata una delle esperienza lavorative più difficili della mia vita, la conservo nel cuore. Per me festeggiare il quarto posto e la qualificazione in Champions League è stato davvero strano. Alla fine dell'ultima partita contro il Norwich ho chiamato il mio staff e ho detto che non siamo abituati a festeggiare un piazzamento del genere. Sono stato molto chiaro, ho detto che abbiamo fatto il massimo. Passare dal nono al quarto posto in classifica, con tutti i problemi che abbiamo dovuto affrontare, è stato un miracolo. Ma non abbiamo festeggiato come se fosse un miracolo perché sono abituato a vincere". 

    GLI AMICI PERSI - "Veder morire Ventrone, Mihajlovic e Vialli in pochi mesi sicuramente è stato uno dei momenti più duri della mia vita. Gianluca Vialli, con lui ho avuto un rapporto importante. L'ho incontrato tre settimane prima che morisse per cenare con mia moglie e conservo quel momento nel cuore. Poi Gian Piero e Sinisa, è stato davvero difficile affrontare questa situazione. Quando accadono certe cose, hai pensieri orribili. Pensi a cosa può succedere a un'altra persona molto vicina a te, o se può succedere a te. È stato un momento davvero difficile, anche per i calciatori del Tottenham quando è morto Gian Piero. Abbiamo provato a superarlo, ma ho sentito che anche i giocatori soffrivano per questa situazione orribile. Era un momento importante della stagione e ho preferito tornare subito al lavoro, ma poi ho capito che era davvero troppo presto. Il presidente Daniel Levy mi ha spinto a tornare a casa per riprendermi. Dopo la partita contro il Milan a San Siro in Champions League, mi disse di restare in Italia per recuperare bene perché non gli piacevo come stavo e i medici del Tottenham non volevano che corressi rischi. Il club mi ha supportato davvero bene. Onestamente, non mi pento di nulla. Ho buoni ricordi del Tottenham, un'esperienza che mi è rimasta nel mio cuore". 

    VERITA' - "Io sono onesto e odio le bugie, questo a volte può aiutarmi e a volte può ferirmi. Ma preferisco restare in silenzio piuttosto che dire una bella bugia, anche nel rapporto con i miei giocatori. Durante la stagione può succedere di aver bisogno di un dialogo onesto che può essere positivo o negativo. Lo so benissimo, anch'io sono stato giocatore e alcuni allenatori mi hanno detto delle belle bugie per tenermi calmo. Non voglio questo tipo di situazione. Quando hai queste conversazioni oneste con i giocatori, all'inizio possono essere un po' arrabbiati con me, ma poi col tempo mi apprezzano per l'onestà". 

    ANNO SABBATICO - "Mi sono preso questo tempo per me, per la mia famiglia e per andare a trovare i miei genitori. Mio padre mi ha spinto a rientrare in fretta, ma è importante ricaricarsi, fisicamente e mentalmente. Adesso il mio unico problema è che ho troppa energia e sto dando fastidio a mia moglie. Onestamente un giorno mi piacerebbe sollevare la Champions League da allenatore, ma so che è molto difficile. La gente pensa che sia semplice, ma devi restare nel club giusto, un club che corrisponda alle tue ambizioni, un club pronto a fare l'ultimo passo per vincere la Champions League. Guardate il Manchester City, ci ha messo sette anni. Vorrei regalare questa gioia a mio padre, che me l'ha chiesto. Non è semplice, ma tutti possono avere un sogno". 

    NO, GRAZIE - A microfoni spenti Conte ha poi raccontato di aver rifiutato diverse offerte per tornare ad allenare nell'ultimo anno da alcuni club in Europa e in Arabia Saudita oltre alla panchina della nazionale italiana, passata da Roberto Mancini a Luciano Spalletti. 


     

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