Juve, mai dire scudetto: Conte 'Mica ho Nani, Walcott o Tevez...'
Battibecco con Pepe, che esce furente e viene stoppato dal tecnico: "Parliamo dentro".
Conte, mai dire scudetto: "Mica ho Nani o Tevez".
Dimenticate che lo scudetto arrivi alla velocità del neutrino, voi che sperate. Nel discorso alla nazione bianconera, Antonio Conte lo mette in chiaro, e mica per il pareggio di ieri a Catania, il secondo filato. «Dite che siamo primi? Ma leggere la classifica ora non ha alcun senso: la verità è che non dobbiamo illudere noi stessi e gli altri, perché per noi la strada è ancora lunga e tortuosa». Questione di esperimenti del passato già falliti: «Se pensate che la Juve, dopo due settimi posti, torni a lottare subito per lo scudetto... Ripeto: abbiamo tanta strada da percorrere per tornare a essere competitivi». Questione di particelle fondamentali, anche: «Non è che in estate abbiamo preso Walcott, Nani o Tevez, gente che in Italia nessuno si può permettere, ma giocatori giovani e di prospettiva». Al momento, anche meno bravi, si suppone.
Della spedizione in Sicilia, questa settimana, l'allenatore farà rivedere la prima metà del film, più volte, perché di alcune scene verrà vietata la replica. «Il primo tempo non mi è piaciuto - attacca Conte - sia dal punto di vista dell'approccio sia per quanto riguarda l'interpretazione. Senza determinazione, concentrazione e cattiveria». Decisamente meglio quando negli spogliatoi ha alzato di brutto il volume: «Dopo l'intervallo abbiamo fatto bene - spiega ancora - ma al posto di prendere il cazzotto e rialzarci, dovremmo darlo noi per primi». In certe situazioni, molto meglio il codice da saloon: «Come si dice, chi mena per primo mena due volte». Nella ripresa ci sono insomma le cose da salvare: «Vedo il bicchiere mezzo vuoto, ma anche mezzo pieno, perché i ragazzi hanno dimostrato di non voler perdere». Può anche non bastare, però, e allora è meglio puntualizzarlo. Se per mesi, per convinzione o per mestiere, ha giurato che «chi gioca nella Juve è il migliore del mondo», ora si scopre che esistono armi più letali. «Walcott, Nani, Tevez. Ma abbiamo cercato di mettere d'accordo le potenzialità economiche con le indicazioni mie e quelle del direttore Marotta». Meglio realisti che imbonitori. Pazienza, dunque. Come disse Conte, e prima di lui Mourinho, «non sono Harry Potter».
Da José ha rubato altro, come gli allenamenti a porte sigillate, o la sacralità dello spogliatoio. Appena finita la battaglia, per esempio, Pepe se n'era uscito dal prato furente, imprecando a voce alta, e Conte l'aveva subito stoppato, con quel filo di voce che gli rimaneva: «Parliamo dentro, parliamo dentro». E che non escano spifferi, come conferma Pepe: «Quello che ci siamo detti resta nello spogliatoio». Nessuna polemica, s'affretta ad aggiungere l'esterno: «Io sono un “rosicone” e quando non vinco mi innervosisco. Ho detto che dovevamo vincere la partita perché avevamo avuto occasioni importanti. Non l'ho detto con questa calma - sorride - ma non ce l'avevo assolutamente con l'allenatore». Non resta che tornare a «lavorare, perché questo è il nostro verbo», sottolinea Conte. E per essere sicuri che il messaggio sullo scudetto non si sia perso in qualche tunnel, lo ribadisce: «L'obiettivo è sempre quello di fare il massimo, però sappiamo che le altre squadre sono più attrezzate di noi. Non ci dobbiamo fare entusiasmare e stare con i piedi per terra. Le chiacchiere, a volte, fanno più male di tutte le situazioni. Restiamo umili». Non è proprio il momento di sognare: «Le vittorie di Inter e Milan ci hanno messo pressione? Ma non scherziamo».
Ha invece l'aria piuttosto seria Andrea Pirlo, anche ieri sorvegliato speciale dal nemico («mi hanno marcato bene»): «Potevamo approfittare di questo inizio di campionato, perché questi sono punti lasciati, come quelli di mercoledì scorso». Già. E non è l'unico a pensarlo.