Conte 'Io al Lecce per otto palloni usati'
Esce oggi l’autobiografia di Antonio Conte («Testa, cuore e gambe», Rizzoli, 234 pagine, 17,50 euro) scritta con Antonio Di Rosa. Un libro particolare: racconta il tecnico della Juve: «Ho cercato di descrivere gli aspetti meno conosciuti di me, aprendo il mio cuore come mai avevo fatto prima». Ecco alcuni brani in anteprima.
Gli esordi
Il vero inizio della mia carriera da calciatore è segnato dal passaggio dalla Juventina al Lecce, insieme con il mio amico Sandro. Il primo ad accorgersi di me è Pantaleo Corvino, direttore sportivo di varie società professionistiche... Domandaa mio padre se io e Sandro possiamo sostenere un provino con loro e Cosimino esclama: «Antonio, tu non vai da nessuna parte! Devi studiare». Alla fine Cosimino si convince. Nella trattativa si inserisce il Lecce... Resta un ultimo ostacolo: papà. Lo imploro a mani giunte: «Ti prego! Non ti preoccupare, continuerò a studiare, e se non andrò bene a scuola smetterò di giocare!». Una scena strappalacrime. Ma che, alla fine, ottiene il consenso di Cosimino. La trattativa può cominciare. Da presidente della Juventina mio padre segue in prima persona il passaggio. Se penso al calciomercato di oggi mi viene da ridere. «Datemi 10 palloni nuovi e un po’ di soldi» è la prima richiesta... Passo al Lecce con Sandro in cambio di 8 palloni di cuoio usati e di una piccola somma di denaro. Più un giocatore di Terza categoria per la Juventina. Non male per un ragazzino promettente.
La prima dall’avvocato
«Adesso seguimi, andiamo dall’Avvocato» dice Boniperti chiudendo la porta del suo studio. «Anche lui ci tiene a darti il benvenuto». Non ho neppure il tempo di riflettere su quello che sta succedendo... Usciamodalla sede, saliamo in macchina e ci avviamo verso la collina... «L’Avvocato sta arrivando» ci dicono... La tensione mi stringe lo stomaco... Due minuti dopo lo vedo comparire, sorridente e con la mano tesa verso di me. «E così lei è Conte, ben arrivato» mi dice. «Grazie, Avvocato». «È di Lecce, comeil “Barone” Causio, come il nostro Brio... Abbiamo avuto grandi giocatori della sua città». «Lo so, Avvocato. Spero di essere all’altezza».Scudetto e l’sms di Buffon
Mercoledì 2 maggio 2012, Juventus Stadium, 85˚ minuto di Juve-Lecce. Barzagli appoggia la palla all’indietro a Buffon, che sbaglia lo stop e di fatto la regala a Bertolacci: gol. 1-1 a 5’ dalla fine. Mi metto istintivamente le mani nei capelli: non tanto per il gol, quanto per Gigi, che infatti è come scioccato... La squadra vive attimi di smarrimento. A due giornate dalla fine, i giochi sono riaperti. Solo un punto di vantaggio sul Milan... Dopo la partita, cerco di rincuorare i giocatori, di non infierire, ma vado a casa molto amareggiato. Amezzanotte sento il segnale di un sms in arrivo. E’ di Gigi. «Scusa Antonio, ho sbagliato. Avrei preferito rompermi i legamenti piuttosto che fare un errore così grossolano». Gli rispondo subito: «Non ti devi scusare per niente e con nessuno. Perché la tua storia è lì, davanti a tutti. Hai dato tantissimo alla Juventus e alla Nazionale. Non devi scusarti con me, né con i compagni, né con i dirigenti, né con i tifosi: stai dando il massimo e darai ancora di più». E’ un episodio che contiene tutto: il mio rapporto con la squadra, la stima reciproca coi fuoriclasse, lo spirito che aleggia tra di noi. Lo Scudetto nasce da queste cose, in questi frammenti di storia, costruito giorno dopo giorno.Il calcioscommesse
La cosa che più mi crea dolore in quei giorni è leggere le prospettive drammatiche che alcuni delineano parlando addirittura di carriera finita. Non sono ancora stato convocato in Procura e già iniziano a girare i nomi dei possibili sostituti sulla panchina della Juve. Una carriera fondata sul sacrificio, sul sudore, nella quale nessuno mi ha regalato niente, frutto di studio e di applicazione, di disciplina e di grande severità con mestesso prima che con gli altri, rischia di finire perché una persona ha raccontato bugie. Omeglio: ha inventato di sana pianta un racconto... Da subito prendo una decisione importante: sarò protagonista della mia difesa... Mi approccio alle questioni giudiziarie col metodo che utilizzo da allenatore, martello e incalzo i miei: «Cosa possiamo fare?». Leggendo le motivazioni della sentenza di un processo sportivo anch’esso basato sulle dichiarazioni dei cosiddetti «pentiti», individuiamo un elemento che si dimostrerà fondamentale: i giudici dicono che devono essere le difese a cercare e produrre prove di innocenza, dimostrando la «non credibilità» degli accusatori e non limitarsi a sostenere che non sono credibili. E’ l’appiglio che cercavamo. Saremo i primi a percorrere la strada delle indagini difensive.