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Condannata l’ex moglie di De Rossi: una vita ‘improntata all'uso della violenza e della minaccia’, dice la sentenza
I FATTI - Ieffi, secondo quanto stabilito dalla sentenza, avrebbe subito un "brutale pestaggio" proprio davanti alla Pisnoli, che sarebbe "rimasta a guardare senza intervenire per interrompere l’azione violenta, o apparire sconvolta o impaurita, ma semplicemente adottando una smorfia di disgusto quando ha visto il sangue colare copiosamente". Pisnoli avrebbe preteso dall’imprenditore dei soldi che gli aveva prestato come anticipo per un progetto sul fotovoltaico dopo la "cessazione del rapporto sentimentale con Manuel Milano, fratello di Francesco, nei cui confronti covava un vivo risentimento". Nelle motivazioni della sentenza però, si legge che "non c'è corrispondenza tra il credito vantato dalla Pisnoli (84 mila euro) e la somma oggetto dell’imposizione (150 mila euro, oltre interessi nella misura del 10-20% mensile)". In definitiva, scrivono i giudici, i tre imputati avrebbero "agito per ottenere un importo che non avrebbe potuto essere oggetto di una domanda giudiziale", perché "nessun inadempimento era addebitabile a Ieffi e che nessuna facoltà di recesso risultava essere pattuita in favore della Pisnoli". In seguito al mancato pagamento della cifra, Ieffi è stato invitato a casa di Pisnoli, dove ad attenderlo c’erano quattro persone, che lo hanno massacrato di botte e tramite un coltello a serramanico gli sarebbe stato procurato anche un taglio alla testa, suturato con numerosi punti. Inerme, l’imprenditore ha anche subito il furto del Rolex e di 900 euro in contanti. In seguito, il piano prevedeva il trasporto dell’imprenditore al Trullo, per ottenere il pagamento richiesto, ma l’uomo che lo aveva con sé in macchina, impaurito dalla possibilità che potesse morire dissanguato, lo ha lasciato in via Portuense, da dove l’uomo è riuscito a chiamare la fidanzata per i primi soccorsi.
LA DIFESA - Dopo la sentenza, Tamara Pisnoli si era difesa così dalle accuse: "I fatti risalgono a ben 10 anni fa, tutto è iniziato con una truffa nei miei confronti e in cui mi riconosco l’unica colpa di frequentazioni sbagliate". Nelle motivazioni della sentenza, i giudici scrivono invece che la donna avrebbe avuto come "unica preoccupazione quella di non creare attriti con altri esponenti della criminalità locale". Inoltre, "la pretesa della restituzione delle somme non giustificava certamente l’appropriazione di altri oggetti di proprietà".