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  • Giuliano Marchisciano
    Comunicazione e coronavirus, l'esperta: 'E' un nuovo punto di partenza, ora non torniamo indietro'

    Comunicazione e coronavirus, l'esperta: 'E' un nuovo punto di partenza, ora non torniamo indietro'

    • Francesco Guerrieri
    Tweet, post, messaggi in direct e dirette Instagram (QUI la nostra pagina). Una vita di notifiche, che ormai da anni scandiscono le nostre giornate. Comunicazione 2.0. Nella quale Balotelli risponde a Chiellini con una story su Instagram, dove un like di un giocatore può diventare un indizio di mercato. Da sempre - e per sempre - per comunicare, però, usiamo anche strette di mano, baci e abbracci. Quelle piccole cose che in questi mesi ci sono state tolte dal coronavirus. La pandemia che ha cambiato anche la comunicazione sportiva, ma: "Lo sport ha dimostrato ancora una volta la sua forza e potenzialità". Parola di Barbara Ricci, esperta del settore e Presidente SportWide Group - Agenzie di Sportmarketing Comunicazione e Digital. Da anni nel mondo del calcio, dove è stata Responsabile Marketing e Relazioni Esterne per la Juventus, Direttore Commerciale e Marketing per l'Inter e membro della Commissione Marketing della Lega Serie A, ci ha spiegato la nuova fase della comunicazione.

    Com'è cambiata la comunicazione sportiva in questo momento delicato?
    "Non si è mai fermata, ha solo spostato i propri contenuti: ci si è trasferiti dai tradizionali mezzi di comunicazione ai new media. Sui social abbiamo visto tanti giocatori diventare enterteiment a tutto tondo, trasmissioni televisive condotte dal divano di casa con ospiti connessi da ogni parte del mondo. Il linguaggio è cambiato e c'è stato un abbassamento del livello tecnico. Ma non si tratta di un disvalore, perché la percepizione dell'utente è una sorta di 'siamo tutti sulla stessa barca', con programmi da casa e connessioni che vanno e vengono. In questi mesi i media sono utilizzati in modo più intelligente rispetto a prima, quando invece venivano sfruttati solo come passatempo. Questa situazione, quindi, ci ha insegnato che i social e la tv possono essere usati anche in maniera diversa e che gli atleti, con alle spalle aziende che creano challenge e format costruiti, sono veicoli fondamentali e testimonial straordinari".

    Cosa rimarrà di questo tipo di comunicazione quando si tornerà alla normalità?
    "Mi auguro tanto, può essere un nuovo punto di partenza. C'è stata un'accelerazione in avanti e un'opportunità che, se raccolta in maniera professionale, deve servire da stimolo per fare cose nuove. Non possiamo pensare di riprendere da dove eravamo rimasti. Nessun nuovo media ha scalzato il precedente; anzi, lo ha rafforzato. Si accostano uno con l'altro, bisogna cercare nuovi standard di comunicazione. Nelle trasmissioni per esempio, secondo me continuerà questa modalità di collegamenti. E' vantaggiosa, perché si hanno meno difficoltà sugli spostamenti e sui costi. Sono target che esistevano già, ma ora sono stati scoperti in modo più allargato. La sfida sarà utilizzare i new media in maniera costruttiva e creativa, senza tralasciare professionalità e qualità. Chi fa il mio mestiere, dovrà inserire nella gestione dei media anche l'utilizzo dei social in maniera professionale. Se poi il singolo atleta vuole continuare a fare le dirette con gli amici può benissimo andare avanti, ma parlando di un collegamento in una trasmissione serve una produzione di livello".

    Com'è cambiato l'uso dei social?
    "E' stato fatto un passo in avanti. Oggi c'è un utilizzo più costruttivo e si rispecchia anche in un interesse maggiore per questo canale, abbiamo capito che si possono fare cose a distanza in modo soddisfacente. Sono convinta che il mezzo fa il messaggio: nelle loro dirette Instagram, i calciatori parlano tra amici ricordando aneddoti del passato in modo più o meno spontaneo, perché sono comunque consapevoli di essere live. Ma se la loro chiacchierata fosse mediata da un giornalista agirebbero in modo diverso. In più, anche il pubblico, in queste dirette ha la percezione reale di essere partecipe. Chi si è esposto ha dimostrato grande capacità di comunicazione, tutto questo però non deve sostituire altre attività che andranno gestite di pari passo":

    Comunicazione e coronavirus, l'esperta: 'E' un nuovo punto di partenza, ora non torniamo indietro'

    Lei è Presidente della SportWide Group.
    "Da vent'anni la mia agenzia si occupa di marketing e comunicazione nello sport, siamo stati i primi a operare in questo campo. In questi due mesi di lockdown abbiamo rafforzato la competenza digital, stringendo accordi con una società specializzata in digitale in modo da offrire ai nostri clienti (atleti, società o aziende) le stesse creatività e qualità di sempre anche in digitale, senza alcun limite realizzativo dei progetti legato alla necessità di 'distanziamento sociale' ".

    In questi mesi abbiamo visto tante dirette Instagram, ce ne saranno anche in futuro?
    "Secondo me sì, perché questa modalità era già ricercata dagli sponsor. Forse è un qualcosa di meno visibile a chi non è del settore e trovava una campagna sui giornali o in tv, ma un occhio attento si accorge che quella stessa campagna era già declinata sui social. Sono cose che già esistevano, e che l'emergenza Covid-19 ha reso più visibili. Alcune aziende che da semplici produttrici di beni sono diventate content media: la RedBull, per esempio, oggi non solo sponsorizza tanti sport estremi, ma produce contenuti media che distribuisce autonomamente o in collaborazione con altre piattaforme. Poi, dopo quest'enfasi del momento, a comunicare rimarrà solo chi lo saprà fare molto bene. Ma queste dinamiche penso che resteranno, perché sono diventate più popolari e sono state recepite dal pubblico".

    Al netto di novità nei prossimi anni, Instagram sarà il social del futuro?
    "Difficile dirlo, c'è anche Tik Tok che sta crescendo tantissimo. In questo momento le cose più divertenti sono su Instagram, ma Facebook rimane importantissimo perché ha una piattaforma che offre tanti strumenti da non poter essere rimpiazzato. Twitter si è configurato come social soprattutto per l'informazione e l'immediatezza delle notizie. Più per addetti ai lavori. Fino a 15 anni fa il mio lavoro era più semplice, c'era quel numero stabilito di media e sapevamo come funzionava. Ora, invece, bisogna aggiornarsi continuamente e produrre contenuti diversi a seconda del social da usare. La differenza deve farla la qualità. E' un errore pensare che se gestito sui social diventa tutto più facile e informale, perché, al contrario, serve ancora più professionalità".

    Qual è il segreto per una buona comunicazione sui social?
    "La prima strategia vincente è avere dei professionisti del settore, non bisogna pensare che possano essere gestiti dall'ufficio stampa. Poi bisogna pensare ai valori che si vogliono comunicare, è importante capire qual è il messaggio da trasmettere. Il consiglio che darei io alle società è di avere un apparato di comunicazione forte, perché in una società sportiva tutto comunica. L'attività sportiva, quella con gli sponsor, il rapporto con i fan... E in questo senso i social agevolano il lavoro, soprattutto per le società più piccole che possono comunicare con costi più bassi. Prima si spendeva tanto per fare una campagna abbonamenti su giornali o tv, oggi si possono usare i social. In più, è importante pubblicare tanti contenuti sul proprio profilo: video, foto, meme e post che attirino l'attenzione degli utenti".

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    Che ne pensa della strategia del Pordenone, fino a qualche anno fa vero e proprio fenomeno social?
    "La loro attività ha creato flussi aumentando follower e creando una community, per il resto ci sono tante attività attorno ai social e alla comunicazione in generale. Sono stati bravi, ma come ogni cosa bisogna farla evolvere. Io sono contraria all'ironia finalizzata solo per attirare traffico sul profilo; va bene per un breve periodo, ma dietro bisogna avere una strategia a lungo termine. L'Inter, per esempio, da quasi 25 anni trasmette il suo dna internazionale, che aveva già nel nome del club. Ha sempre fatto vocazione d'accoglienza e di valori nel mondo, per esempio promuovendo il progetto Inter Campus".

    Oggi sono esplosi gli eSports.
    "Da una parte possiamo inserirli sotto la voce sport, dall'altra sono un veicolo di comunicazione. In quel caso i talenti giovanissimi hanno un ruolo importante, perché possono aiutare una professionista come me ad avere una visione precisa sul mezzo. Sanno usare il linguaggio giusto da avere sui social, non c'è nulla di più brutto e controproducente di utilizzare i new media con lo stile dei vecchi mezzi di comunicazione. Spesso, mi trovo a interagire con manager di marchi importanti dietro i quali ci sono ragazzi di 24/25 anni".

    Chi sono secondo lei i giocatori che si stanno muovendo bene sui social?
    "I calciatori devono essere consapevoli della loro visibilità. Non si può usare il cellulare come si fa in privato con gli amici, dietro deve esserci sempre una strategia, che se messa bene in atto non è neanche visibile ai suoi follower. Sui vari profili si vedono giocatori spontanei e sorridenti, ma la loro timeline segue sempre una logica. Uno dei migliori è Stephan El Shaarawy, ora in Cina. E' un ragazzo che fin dall'inizio ha avuto un apparato di comunicazione social fortissimo, e questo l'ha aiutato molto a farsi conoscere. Sarà per la giovane età o per il taglio di capelli, ma quando doveva ancora dimostrare il suo talento sul campo, era già diventato un testimonial importante. Un altro giocatore che sta facendo molto bene è Del Piero, col quale collaboro da quando eravamo insieme alla Juventus. Con il suo percorso Alex ha anticipato tanti altri. Ha allargato il suo bacino d'utenza internazionale gestendo bene i suoi periodi all'estero, prima a Sydney poi in India. Quella di andare in Australia è stata una scelta strategica del suo brand, lì ha gestito la sua visibilità in quel Paese e comunicato attraverso i loro media. Un altro profilo che mi piace molto, perché affronta temi delicati che fanno spesso discutere e prende sempre una posizione è quello di Claudio Marchisio. Anche Bobo Vieri è bravo e gestito bene, come Stefano Sorrentino. L'ex portiere del Chievo è la dimostrazione di come un'idea deve essere nella testa del social media manager ma anche del personaggio".

    Rispondere o non rispondere agli insulti?
    "Bene o male sono sempre gli stessi. A volte si può fare un post o una story su Instagram dando una risposta generale nella quale si prende una posizione. Poi ci sono quelli che lasciano il tempo che trovano, ai quali il nostro consiglio è di non rispondere".

    Il progetto al quale è più legata?
    "Il primissimo che ho fatto per la Juve. Erano gli Anni '90, riguardava i bambini delle scuole elementari. Un progetto portato avanti con il provveditorato agli studi grazie al quale abbiamo portato tanti bambini in curva. Per loro è stata un'esperienza bellissima, che abbiamo voluto promuovere anche per dimostrare che interrompendo certe dinamiche il tifo può cambiare. Un altro del quale vado molto orgogliosa, è un progetto portato avanti come SportWide: "Un gol per la ricerca sul cancro". Come testimonial abbiamo avuto campioni del livello di Maldini, Del Piero, Zanetti e tanti altri. Con questo progetto abbiamo vinto il secondo premio Associazione delle Leghe di Calcio Europee".

    Attualmente su cosa sta lavorando?
    "Da qualche anno stiamo seguendo un progetto molto bello promosso dall'Agenzia Onu, attraverso il quale stiamo raccogliendo fondi per l'istruzione dei bambini rifugiati. Se non permettiamo loro di studiare, sono vite perse. E' un messaggio non facile da trasmettere, per il quale abbiamo scelto testimonial importanti come Bergomi, Albertini, Costacurta, Asamoah e Miriam Sylla. Per la prima volta, Agenzia Onu ha fatto una raccolta fondi di questo tipo".

    @francGuerrieri

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