Ciprandi a CM: 'Torino, ecco come muoversi in Argentina'
In pochi vivono l'Argentina come Andrea Ciprandi. Oltre alle tante collaborazioni editoriali (Radio Sportiva, Toro News, FC Inter News, Telelombardia fra le molte), è una delle poche firme ad aver deciso di vivere sul posto la propria passione per il calcio locale, tanto da essere arrivato a lavorare quotidianamente a stretto contatto con gli ambienti di River Plate, Boca Juniors e Racing Club; nessuno è più indicato di lui per parlare di pallone albiceleste, e delle interconnessioni con il Torino.
Due calciatori del Boca sono accostati al club di Cairo: Andres Chavez e Cesar Meli. Cosa ci puoi dire di loro? "Fra gli emergenti più interessanti in assoluto. Curiosamente entrambi sono nati a Salto, provincia di Buenos Aires, ed entrambi hanno giocato la prima partita da titolare nel Boca, segnando anche il loro primo gol, contro il Vèlez (esordio in panchina di Arruabarrena, che a differenza di Bianchi, che li aveva scelti, li ha anche fatti giocare regolarmente).
Andrés Chávez è una punta potente e veloce, esplosiva, ambidestro, naturalmente esterno di sinistra in un 4-3-3 ma adattabile anche al centro in un 4-4-2. Nelle ultime due stagioni ha già segnato più di 30 gol. Cesar Meli un trequartista di grande movimento, corsa, quantità e tocco, ambidestro, fu fatto debuttare tra i professionisti da Sensini (al Colón)".
Chi è già arrivato dagli Xeneizes al Toro è Sanchez Mino, ma finora sta deludendo, e questo sorprende. Perchè?
"Da sempre talentuoso ma sornione. La classe però non si discute. Credo che si tratti semplicemente di difficile ambientamento, quindi gli darei tempo per ritrovarsi, senza bocciarlo, come fatto prematuramente con Centurion al Genoa (un vero peccato). In Serie A non si dà troppo spazio ai giovani italiani ma poi da quelli stranieri si pretende che siano già pronti, da subito, mentre invece a molti (buoni) di loro capita quel che sta vivendo Immobile al Borussia Dortmund, per restare al mondo granata. Bisogna poi vedere quali responsabilità gli si danno, essendo relativamente giovane, alla prima esperienza all'estero e venendo dal Boca, dove fino allo scorso semestre si poteva contare ancora sul carisma e il peso in campo di Riquelme".
Altro talento sul taccuino di Zavagno e Petrachi è Jonathan Silva: farebbe bene il Torino a puntarci?
"Jonathan Silva è in un certo senso il nuovo Marcos Rojo: terzino sinistro ex Estudiantes, ora allo Sporting Lisbona, al posto proprio di Rojo. Valido in difesa, ha anche tiro e gol. A soli vent'anni comunque tutto può succedere, nel bene e nel male, ma è importante che abbia già esordito con la nazionale maggiore (questa settimana): al talento potrà sommare esperienza e maturare più velocemente".
Quali sono due nomi interessanti che suggeriresti di portare via dall'Argentina? "Per non fare i soliti: Gustavo Bou (attaccante del Racing, 24 anni, 9 gol in 11 partite, ricorda Mario Gomez) e Matias Pisano (mezzapunta destra 23enne, di piede mancino, dell'Independiente, ricorda il miglior Cassano)".
Curiosità: davvero l'Argentina vicecampione del mondo non ha portieri più forti di quei due o tre che in Italia fanno panchina nei rispettivi club?
"Fra i migliori, Rodriguez dell'Independiente (25 anni, calcia anche i rigori) e Marchesin del Lanús, 26enne".
Il calcio italiano perde appeal senza sosta. In Argentina resiste o non è molto considerato? In tv viene trasmesso e/o seguito? E tu, come lo vedi, da lontano? "Il cosiddetto 'Calcio' viene sempre considerato, anche per seguire i tanti argentini che ci giocano, che fanno parte dell'esercito di calciatori più o meno talentuosi che fatalmente devono essere venduti, magari ancora giovanissimi. Si ritiene sia in crisi. Della Serie A vengono trasmesse in diretta almeno 4/5 partite a settimana e ci sono molti approfondimenti. Io personalmente lo seguo ormai con un certo distacco, ma anche con noia: la qualità è molto calata rispetto al passato e in tempi di vacche magre non c'è nemmeno lo stimolo dato dalla scoperta di nuovi talenti (italiani) da seguire nella loro maturazione, come invece succede con gli argentini in patria".
Raccontaci come sono stati accolti due avvenimenti tristi della scorsa estate: la finale del Mondiale e la morte di Grondona.
"La sconfitta in finale è stata vissuta con una certa rassegnazione e inaspettata sobrietà, venendo riconosciuta la superiorità della Germania. Dato che gli episodi sono sempre decisivi, però, si è dato addosso a Rizzoli (o meglio Rìzzoli, come lo pronunciano qui) per il rigore su Higuain che non ha fischiato. La morte di Grondona è stata accolta invece come un lutto nazionale sul piano ufficiale, ma come una liberazione dalla maggior parte della gente, pur nella consapevolezza che la conduzione delle Federazione, in sostanza, non è destinata a cambiare. Una curiosità: mi chiedo ancora oggi se i fuochi d'artificio esplosi nel preciso istante in cui è stata data la notizia in tv avessero a che fare proprio con la sua morte".
Sei riuscito a trasferirti in Argentina per parlare di calcio, quindi è una soluzione possibile?
"Legalmente, per vivere in Argentina, è necessario avere un lavoro oppure studiare. Ma per quanto riguarda l'occuparsi di calcio, è un Paese che offre parecchie possibilità fra radio (innumerevoli) e media in generale".
Due calciatori del Boca sono accostati al club di Cairo: Andres Chavez e Cesar Meli. Cosa ci puoi dire di loro? "Fra gli emergenti più interessanti in assoluto. Curiosamente entrambi sono nati a Salto, provincia di Buenos Aires, ed entrambi hanno giocato la prima partita da titolare nel Boca, segnando anche il loro primo gol, contro il Vèlez (esordio in panchina di Arruabarrena, che a differenza di Bianchi, che li aveva scelti, li ha anche fatti giocare regolarmente).
Andrés Chávez è una punta potente e veloce, esplosiva, ambidestro, naturalmente esterno di sinistra in un 4-3-3 ma adattabile anche al centro in un 4-4-2. Nelle ultime due stagioni ha già segnato più di 30 gol. Cesar Meli un trequartista di grande movimento, corsa, quantità e tocco, ambidestro, fu fatto debuttare tra i professionisti da Sensini (al Colón)".
Chi è già arrivato dagli Xeneizes al Toro è Sanchez Mino, ma finora sta deludendo, e questo sorprende. Perchè?
"Da sempre talentuoso ma sornione. La classe però non si discute. Credo che si tratti semplicemente di difficile ambientamento, quindi gli darei tempo per ritrovarsi, senza bocciarlo, come fatto prematuramente con Centurion al Genoa (un vero peccato). In Serie A non si dà troppo spazio ai giovani italiani ma poi da quelli stranieri si pretende che siano già pronti, da subito, mentre invece a molti (buoni) di loro capita quel che sta vivendo Immobile al Borussia Dortmund, per restare al mondo granata. Bisogna poi vedere quali responsabilità gli si danno, essendo relativamente giovane, alla prima esperienza all'estero e venendo dal Boca, dove fino allo scorso semestre si poteva contare ancora sul carisma e il peso in campo di Riquelme".
Altro talento sul taccuino di Zavagno e Petrachi è Jonathan Silva: farebbe bene il Torino a puntarci?
"Jonathan Silva è in un certo senso il nuovo Marcos Rojo: terzino sinistro ex Estudiantes, ora allo Sporting Lisbona, al posto proprio di Rojo. Valido in difesa, ha anche tiro e gol. A soli vent'anni comunque tutto può succedere, nel bene e nel male, ma è importante che abbia già esordito con la nazionale maggiore (questa settimana): al talento potrà sommare esperienza e maturare più velocemente".
Quali sono due nomi interessanti che suggeriresti di portare via dall'Argentina? "Per non fare i soliti: Gustavo Bou (attaccante del Racing, 24 anni, 9 gol in 11 partite, ricorda Mario Gomez) e Matias Pisano (mezzapunta destra 23enne, di piede mancino, dell'Independiente, ricorda il miglior Cassano)".
Curiosità: davvero l'Argentina vicecampione del mondo non ha portieri più forti di quei due o tre che in Italia fanno panchina nei rispettivi club?
"Fra i migliori, Rodriguez dell'Independiente (25 anni, calcia anche i rigori) e Marchesin del Lanús, 26enne".
Il calcio italiano perde appeal senza sosta. In Argentina resiste o non è molto considerato? In tv viene trasmesso e/o seguito? E tu, come lo vedi, da lontano? "Il cosiddetto 'Calcio' viene sempre considerato, anche per seguire i tanti argentini che ci giocano, che fanno parte dell'esercito di calciatori più o meno talentuosi che fatalmente devono essere venduti, magari ancora giovanissimi. Si ritiene sia in crisi. Della Serie A vengono trasmesse in diretta almeno 4/5 partite a settimana e ci sono molti approfondimenti. Io personalmente lo seguo ormai con un certo distacco, ma anche con noia: la qualità è molto calata rispetto al passato e in tempi di vacche magre non c'è nemmeno lo stimolo dato dalla scoperta di nuovi talenti (italiani) da seguire nella loro maturazione, come invece succede con gli argentini in patria".
Raccontaci come sono stati accolti due avvenimenti tristi della scorsa estate: la finale del Mondiale e la morte di Grondona.
"La sconfitta in finale è stata vissuta con una certa rassegnazione e inaspettata sobrietà, venendo riconosciuta la superiorità della Germania. Dato che gli episodi sono sempre decisivi, però, si è dato addosso a Rizzoli (o meglio Rìzzoli, come lo pronunciano qui) per il rigore su Higuain che non ha fischiato. La morte di Grondona è stata accolta invece come un lutto nazionale sul piano ufficiale, ma come una liberazione dalla maggior parte della gente, pur nella consapevolezza che la conduzione delle Federazione, in sostanza, non è destinata a cambiare. Una curiosità: mi chiedo ancora oggi se i fuochi d'artificio esplosi nel preciso istante in cui è stata data la notizia in tv avessero a che fare proprio con la sua morte".
Sei riuscito a trasferirti in Argentina per parlare di calcio, quindi è una soluzione possibile?
"Legalmente, per vivere in Argentina, è necessario avere un lavoro oppure studiare. Ma per quanto riguarda l'occuparsi di calcio, è un Paese che offre parecchie possibilità fra radio (innumerevoli) e media in generale".