Calciomercato.com

  • Chicago Sting, la squadra 'cancellata' dalla grandezza di Michael Jordan

    Chicago Sting, la squadra 'cancellata' dalla grandezza di Michael Jordan

    • Angelo Taglieri

    "Allora, come la chiamiamo la squadra?"
    "Sting, come quel film..."


    Il film era La Stangata, con Paul Newman e Robert Redford, grande successo al botteghino, pluripremiato agli Oscar, con 7 statuette. Il pensiero, invece, beh, quello era di Lee Stern, piccolo imprenditore che aveva un sogno, sin da bambino: portare il calcio nella sua città natale, Chicago. Ed è così che Lee, la notte di Halloween del 1974, dichiara a tutto il mondo la nascita dei Chicago Sting, squadra che segnerà la storia del calcio americano in epoca NASL, North American Soccer League. Quella dei Chinaglia, dei Beckenbauer, dei Carlos Alberto e dei Pelè ai Cosmos, per intenderci. E, per cercare di partire alla grande, Lee Stern decide di affidarsi a un ex Busby Babes, un inglese, Bill Foulkes, difensore del Manchester United, sopravvissuto al disastro aereo di Monaco di Baviera. Qualche mese per sceglierei il meglio possibile sul mercato, poi, dal 1975, si inizia a fare sul serio.

    VINCONO... I TEDESCHI - Soldi americani, anima inglese, pubblico curioso... ma non troppo. La prima partita non va tanto bene: 4mila e 500 spettatori per assistere a un ko interno contro i Denver Dynamos. Franchigia che, a fine stagione, scomparirà. Piano piano, però, le soddisfazioni iniziano ad arrivare: nel '76 c'è già una doppia vittoria contro i New York Cosmos, compreso un fantastico 4-1 casalingo, decisiva per accedere ai playoff. Playoff che arriveranno anche nel '78, nel '79 con tanto di semifinale di Conference, e nell'80, con Dick Advocaat in campo. Poi, nel 1981, il titolo, il sogno che si realizza, l'obiettivo centrato. Contro chi? Classica contro i Cosmos, che finisce 0-0. Si vai ai rigori, con i Chicago Sting che hanno mutato la loro pelle, passando al lato tedesco del calcio: Karl Heinz Granitza, ex Hertha Berlino; Paul Hahn; Ingo Peter, ex Borussia Dortmund; Greg Ryan, sangue di Francoforte ma cresciuto in America, e Arno Steffenhagen vincitore di una Supercoppa UEFA con l'Ajax nel '73 e di una Coppa delle Coppe con l'Amburgo nel '77. Tanto che, a Chicago, si mutua il soprannome Der Sting. E, come insegna Gary Lineker, all'epoca se avevi i tedeschi al tuo fianco, vincere era un po' più semplice. E infatti... vittoria agli shoutout  e apoteosi. Coi Cosmos che non riescono ad alzare al cielo dell'Exhibition Stadium il trofeo, nonostante una stagione dominata, con un Chinaglia da 29 gol. 



    CHE SEGUITO! - Migliorati i risultati, migliorato il seguito: ricordate i 4.500 contro i Dynamos di Denver? Ecco: 36mila e 623 nella finale di Conference contro i San Diego Sockers; più di 10mila all'aeroporto al ritorno da Toronto, dopo aver sconfitto i Cosmos, per accogliere Granitza, soprannominato Mister Chicago (foto Jugadorfranquicia.net). La storia prosegue: nell'82 playoff mancati, nell'83 altra semifinale, nell'84, nell'ultimo anno di NASL, costretta a chiudere a causa di problemi economici, il secondo titolo, con la doppia vittoria contro i Toronto Blizzard. Tutto bello, tutto bellissimo, tanto che i Chicago Sting si espandono, trovando un accordo con la MISL, Major Indoor Soccer League, per giocare anche il campionato indoor, che non è il nostro futsal, è diverso: la palla è praticamente sempre in campo. Avete presente Fifa 98 e la modalità indoor? Ecco... E il palazzetto, ovviamente, è stracolmo: 19.398 persone contro i Tampa Bay Rowdies, 18.374 contro i Cosmos, 13.00 contro i Tulsa Roughneck, 16mila ai playoff contro Oklahoma. Numeri grandiosi, al Chicago Stadium. Secondi solo ai Blackhawks, franchigia della NHL, superiori ai Bulls, squadra della NBA. Con gli stessi giocatori del calcio a 11 che scendono in campo in un 5 contro 5. Sì, anche Long John Chinaglia si presta.




    Poi, però, nell’84, succede qualcosa. Una di quelle cose che segnano la storia. No, non solo dello sport. 

    “La NASL cessa di esistere?”
    Sì, ma non è quello il problema”. 
    “E qual è?”
    “Michael Jordan” 

    LA GRANDEZZA DI MJ - Avete visto The Last Dance, la docuserie su Netflix in cui viene raccontata l'ultima stagione dei Bulls di Jordan? Ecco, per un breve istante, durante un flashback della prima puntata, si parla dei Chicago Sting, "la squadra che faceva numeri maggiori dei Bulls", raccontano. Poi, però, Jordan ha deciso di prendersi parquet, scena, chiavi della città, NBA, mondo, Olimpo. E, the Sting, che continuò a esistere come squadra Indoor dopo la chiusura della NASL, cambiò palazzetto, traslocando al Rosemont Horizon, alla ricerca di un pubblico che, però, non c’era più. O meglio, di un pubblico che era stato incantato dalla magia e dalla regalità di His Airness. Il progetto di Stern (che con non aveva legami con David, leggendario commissioner della NBA) è destinato a finire: i conti non tornano, l’appeal è sparito, la città ha altro da guardare. E così, l’8 luglio del 1988, nella settimana in cui la FIFA annuncia l’assegnazione dei Mondiali del 1994 agli States, Stern decide di proiettare i titoli di coda.
    "Come in quel film...".

    Nel momento in cui il calcio americano vede all'orizzonte la speranza di svoltare, il sogno di una vita del piccolo Lee si infrange. Su un parquet. Quello che si è preso Michael, fu Mike, Jordan, l'uomo che ha fatto del cigolio delle sue scarpe l'appoggio ideale per prendere il volo. E per trasformare la sua, di vita, in un film. 

    @AngeTaglieri88

    Altre Notizie