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    Kia Joorabchian, vi raccontiamo chi è il vero padrone dell'Inter - Prima puntata

    Kia Joorabchian, vi raccontiamo chi è il vero padrone dell'Inter - Prima puntata

    • Pippo Russo
    Tutti nel mondo del calcio conoscono il signor Kia. E molti ci hanno fatto affari, anche se adesso giocano a far finta che mister Joorabchian sia soltanto roba interista. Invece questo iraniano di nascita, ma cittadino britannico e canadese per passaporto, ha avuto a che fare con gran parte del calcio che conta. In Europa e in Sud America. Con la Juventus come col Chelsea, col Milan come col Benfica e i due Manchester, col Paris Saint Germain come  col Liverpool. Senza dimenticare gli affari in Brasile e Argentina, o i recenti approdi in Germania e nella MLS statunitense. Se necessario va a trattare pure con Lotito, e quelli purtroppo sono gli inconvenienti del mestiere. Da due mesi il laziale Felipe Anderson è passato sotto le cure di Kia. E stavolta, dovendo trattare un rinnovo contrattuale, il presidente laziale ha trovato un osso più duro di lui. Infine l’accordo pare essere stato trovato, ma con la sensazione che stavolta Lotito abbia dovuto giocare di rimessa, lui che da sempre è abituato a prendersi una posizione di forza. E intanto il brasiliano ha ottenuto di andare alle Olimpiadi, cosa che il club biancoceleste aveva provato a ostacolare. Alla fine l’ha spuntata il signor Kia, come spesso succede. Un po’ perché è indubbiamente abile, un po’ perché capita che lo lascino vincere facile, per motivi non sempre comprensibili. Per esempio, cosa mai gli avrà permesso di convincere il presidente del Benfica, Luis Filipe Vieira, a ingaggiare Adel Taarabt la scorsa estate? Nell’ambiente encarnado continuano a chiederselo, nonostante che l’entusiasmo per la vittoria della terza Liga consecutiva potesse far passare tutto in cavalleria. E invece, pur sazi, i tifosi benfiquisti non smettono di farsi domande su quel giocatore tanto inutile quanto strapagato. Al quale è stato regalato un ingaggio fra i più alti nel foglio paga della scorsa stagione, per dare in cambio un rendimento buono nemmeno per la squadra B (che pure nella scorsa stagione ha rischiato la retrocessione in terza serie) e i soliti comportamenti non da professionista nella vita privata.

    Kia Joorabchian può questo e altro, e non perde occasione per dimostrarlo. È uno dei massimi rappresentanti della mutazione in senso finanziario del calcio globale, avvenuta col passaggio fra i secoli XX e XXI, e col suo modo di agire spregiudicato ha fatto in modo che quella mutazione diventasse visibile quando fino a prima del suo arrivo si manteneva sottotraccia. In tal senso, è il caso di fare alcune precisazioni a proposito del personaggio. Nei giorni recenti, in conseguenza dell’accostamento del signor Kia all’Inter, sono stati pubblicati molti profili sul personaggio. Pieni di semplificazioni e inesattezze, come quella secondo la quale Kia Joorabchian avrebbe importato in Europa il meccanismo dei fondi d’investimento e delle terze parti relativamente ai diritti economici dei calciatori. Versione completamente errata, perché confonde la scoperta del fenomeno col suo effettivo inizio. È cosa vera che col passaggio di Carlos Tevez e Javier Mascherano dal Corinthians al West Ham, consumato nell’ultimo giorno del calciomercato estivo 2006, l’opinione pubblica europea scoprì il ruolo dei fondi d’investimento nel calcio. Ma è del tutto inesatto sostenere che l’azione di fondi e TPO in Europa cominciasse in quei giorni, con la constatazione che due calciatori argentini fossero controllati da un fondo (Media Sports Investments) con sede legale presso le Isole Vergini Britanniche. Già quattro anni prima, in Portogallo, era stato inaugurato il First Portuguese Football Players Fund

    Un soggetto messo in campo da attori pesanti della finanza nazionale, al contrario di quanto avvenisse nel caso di quasi tutti i fondi sudamericani, e che prese a investire su una pattuglia di calciatori in gran parte controllati da un agente in piena ascesa: un signore chiamato Jorge Mendes. Durante gli anni fra il 2002 e il 2006 il fondo portoghese aveva agito indisturbato, contando sulla mancanza di percezione da parte dell’opinione pubblica calcistica europea e sul sonno di Fifa e Uefa. Il rumoroso sbarco di Joorabchian in Inghilterra, paese dove il ruolo delle terze parti era messo al bando già allora, ebbe l’effetto di far cogliere agli europei un’emergenza che già esisteva ma fin lì non era stata percepita. E proprio il caso Tevez-Mascherano-West Ham portò alla chiusura del First Portuguese Football Players Fund (che però vedrà raccogliere la propria eredità da altri soggetti), i cui gestori preferirono uscire dal gioco prima che arrivasse dalla Fifa un primo e innocuo inasprimento del regolamento sullo status e i trasferimenti del calciatore.

    E dunque verrebbe da dire che l’irruzione di Kia Joorabchian sulla scena europea sia stata controproducente per lo stesso mondo che egli rappresenta, quello dei fondi e delle TPO. Quasi un autogol. Perché il rumoroso caso Tevez-Mascherano ebbe come unico effetto sicuro quello di proiettare un fascio di luce su operazioni che fin lì avvenivano all’ombra. Ma questa lettura, che darebbe di Kia Joorabchian un’immagine maldestra, sarebbe semplificata. È più corretto pensare che quella mossa plateale – far tesserare due calciatori violando le regole calcistiche del paese più apertamente schierato contro le terze parti – sia stata una deliberata sfida alle istituzioni calcistiche europee e mondiali. Con lo scopo di far scoppiare il conflitto e mettere in imbarazzo il governo mondiale del pallone.

    Un calcolo politico luciferino. Che un po’ è di Joorabchain, ma forse appartiene in massima parte al più sulfureo dei super-agenti in circolazione: l’israeliano Pini Zahavi, che di Kia è stato il mentore. Lo è stato anche di Nelio Lucas, il CEO di Doyen. Ma si sa com’è, non tutte le ciambelle riescono col buco. Grazie al rapporto con Pini Zahavi, Kia Joorabchian si è costruito un ruolo da broker globale di affari calcistici. Ma a differenza di Nelio Lucas, il signor Kia è arrivato alla corte di Zahavi portando in dote un patrimonio di relazioni costruite nella comunità degli oligarchi ex sovietici. Ne parleremo la prossima volta, ma per adesso va sottolineato come Pini & Kia siano tornati a fare ditta, dopo un lungo periodo in cui hanno agito separati pur continuando a intrattenere ottimi rapporti. E la ditta sta trovando nell’Inter un terreno privilegiato per le proprie operazioni. Se davvero dovesse arrivare Tevez, sarebbe la prova del nove. Ma intanto l’operazione che porterebbe in nerazzurro João Mario, centrocampista dello Sporting Clube de Portugal e della nazionale lusitana, è già una dimostrazione più che sufficiente. Le cifre che ballano (50 milioni di euro) sono sproporzionate rispetto al valore del giocatore, ma non è questo il punto. Alle cifre sproporzionate, quando ci sono di mezzo i calciatori portoghesi, stiamo facendo l’abitudine: dai 50 milioni potenziali per il passaggio di André Gomes al Barcellona, agli 80 milioni potenziali per il trasferimento di Renato Sanches al Bayern. Il vero punto della questione sta nel fatto che la trattativa per l’acquisizione di João Mario non avviene per caso. Negli ultimi anni il ragazzo ha cambiato più volte agente, e per motivi in apparenza legati più alle relazioni conflittuali del club leonino con gli agenti che alle esigenze del calciatore. Fino alla primavera del 2013 João Mario, così come il fratello Wilson Eduardo (attaccante adesso in forza allo Sporting Braga) era rappresentato da Pini Zahavi. Ma nel pieno di uno scontro fra l’agente israeliano e il neoeletto presidente leonino Bruno de Carvalho, il ragazzo decise di cambiare agente affidandosi a Jorge Mendes. Che con Zahavi è in ottimi rapporti da sempre, e dunque riesce difficile pensare a uno scippo di procure. Poi nel corso della stagione 2015-16 sono stati i rapporti fra Mendes e lo Sporting a guastarsi. E a quel punto, ecco João Mario cambiare di nuovo agente passando da Mendes a Joorabchian, che nel frattempo è tornato a fare bottega con Zahavi. Un bel gioco delle tre carte. Con un problema, però. Che adesso Joorabchian va a Lisbona e tratta a nome dell’Inter il trasferimento di un suo cliente. Giusto per ribadire che lui può, e perciò fa ciò che gli pare. Saranno mica le regole-colabrodo della Fifa a mettergli paura?

    (1. Continua)
    @pippoevai

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