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Cherenkov, il calciatore del popolo: l'URSS, Lobanovskyj, la paura di essere avvelenato e la malattia mentale
“E allora Fyodor ? Qual è il problema ?” gli chiede un compagno di squadra
“Il problema è che io quando ho la palla tra i piedi non so mai cosa farò dopo. Io non ho mai tre soluzioni in testa … non ne ho neanche una ! E sai cosa vuol dire questo Sergei ? Che non sono un bravo calciatore”.
Il compagno di squadra scoppia in una risata. “Fyodor, se tu non sei un bravo calciatore noi cosa siamo ?!”.
Questo dialogo si svolge nel 1979 durante un allenamento dello Spartak Mosca. Protagonisti il centravanti Sergei Rodionov e il giovane centrocampista delle squadra, Fyodor Cherenkov. E’ proprio quest’ultimo ad avere tutti quei dubbi sulle sue qualità calcistiche.
Lui, che sarà considerato il più grande calciatore nella storia dello Spartak Mosca.
E’ il 20 marzo 1984. La squadra dello Spartak Mosca è a Tbilisi, in Georgia, dove il giorno successivo dovrà affrontare i belgi dell’Anderlecht nella partita di ritorno dei quarti di finale di Coppa UEFA.
Si gioca in Georgia in quanto l’ancora rigido inverno moscovita non ha permesso agli uomini dello Spartak di giocare nel loro Lužniki.
All’andata i belgi si sono imposti per quattro reti a due ma gli uomini di Konstantin Beskov sono fiduciosi di poter ribaltare il risultato. Tutti i componenti della squadra e dello staff sono seduti a tavola per il pranzo.
All’improvviso accade qualcosa. All’inizio sembra solo uno scherzo.
In realtà, per qualcuno, è solo l’inizio di un autentico calvario.
Fyodor Cherenkov scaraventa lontano il suo piatto di minestra e inizia ad urlare.
“Ci vogliono avvelenare tutti ! Non toccate questo cibo !”
All’inizio c’è addirittura qualcuno che sorride ma quelli che conoscono meglio il loro talentuoso compagno di squadra capiscono subito che c’è qualcosa che non va.
E’ stato proprio lui con i suoi due gol contro l’Aston Villa a Birmingham nel turno precedente a qualificare lo Spartak per i quarti. “Ci vogliono uccidere tutti !” continua a ripetere Cherenkov.
No colui che nella stagione precedente è stato eletto miglior calciatore russo non sta affatto scherzando.
E’ un “esordio psicotico” in piena regola.
Devono intervenire diversi suoi compagni per bloccarlo e piano piano placare la sua paura.
Pare addirittura che la sera stessa Cherenkov tenti addirittura il suicidio lanciandosi da una finestra dell’albergo che ospitava la squadra.
… per sfuggire ai quei demoni che solo lui vedeva.
Questo sarà solo il primo di una lunga serie di episodi di questa natura che contrassegneranno la carriera e la vita di questo meraviglioso calciatore. Senza di lui il giorno dopo lo Spartak non andrà oltre una striminzita vittoria per una rete a zero non sufficiente a ribaltare il risultato dell’andata.
Fyodor Cherenkov nasce a Mosca il 25 luglio del 1959.
E’ tifosissimo dello Spartak Mosca dal giorno stesso in cui, accompagnato dal padre, entra al Lužniki per assistere alla sua prima partita di calcio.
Da quel giorno si racconta che il giovane Fyodor avesse un solo grande obiettivo: giocare per lo Spartak, la squadra del popolo di cui si era perdutamente innamorato.
Quel giorno arriva nel 1977 quando entra a far parte dei ranghi del Club. Dopo qualche mese con la squadra Riserve Konstantin Beskov lo aggrega alla prima squadra.
L’11 giugno del 1978 fa il suo esordio ufficiale con il suo amato Spartak entrando ad un quarto d’ora dalla fine. Non ha ancora compiuto diciotto anni.
Al termine di quell’incontro non c’è un solo tifoso dello Spartak presente che non parli di lui e della sua prestazione.
I suoi dribbling, le sue finte e la precisione millimetrica dei suoi passaggi hanno lasciato tutti sbigottiti.
“Ma da dove sbuca quel ragazzo ?” è la domanda più frequente di chi quel giorno era allo stadio. Nel giro di poche settimane Fyodor Cherenkov diventerà imprescindibile nel nuovo Spartak che sta pian piano modellando Konstantin Beskov.
Il suo stile di gioco, fatto di scambi stretti, palla rigorosamente a terra e con un approccio di chi vuol sempre “fare” la partita è perfetto per il giovane Cherenkov.
Diventa in breve il punto di riferimento assoluto della squadra.
Da lui passano tutti i palloni che lui trasforma sapientemente in preziosi suggerimenti per i compagni senza disdegnare lui stesso di presentarsi alla conclusione grazie ad un tiro potente e preciso con entrambi i piedi. Sergei Rodionov, centravanti dello Spartak e protagonista del dialogo iniziale sarà uno dei suoi più grandi ammiratori.
“Con lui in campo eravamo semplicemente un’altra squadra. Altro che pensare a tre possibili soluzioni ! Lui giocava d’istinto puro e la soluzione che alla fine sceglieva era praticamente sempre quella giusta !”.
Nel 1979, nel primo campionato da titolare di Cherenkov, lo Spartak trionfa in campionato. La chiamata in Nazionale è solo questione di mesi.
Il 15 giugno del 1980, quando non ha ancora compiuto ventuno anni, Cherenkov indossa la maglia numero 10 della sua Nazionale. Si gioca al Maracanà. Di fronte il Brasile nella partita organizzata per festeggiare il trentennale dalla inaugurazione dello stadio. Nel Brasile in campo ci sono calciatori del valore di Zico, Socrates, Junior, Edinho e Cerezo.
Ma a prendere la scena sarà proprio lui, il ragazzino insicuro e con la bassa autostima di qualche anno prima.
Al gol di testa del centravanti brasiliano Nunes sarà lui a rispondere con un preciso diagonale di destro e poi sarà sempre lui con un perfetto calcio d’angolo “a giro” a pescare libero al centro dell’area il compagno di squadra Sergei Andreyev per il gol del definitivo due a uno per l’URSS.
A fine partita nessuno avrà un dubbio: Fyodor Cherenkov è stato “l’uomo partita”. E’ ormai una stella di prima grandezza nel panorama del calcio russo.
Nel settembre del 1982 lo Spartak Mosca gioca ad Highbury sempre per un match di Coppa UEFA. All’andata i sovietici hanno vinto per tre reti a due e ci si attende un match altrettanto equilibrato.
Lo Spartak Mosca “passeggerà” sui Gunners londinesi.
Cherenkov e compagni strapazzano gli uomini di Terry Neill con un cinque a due che avrebbe potuto essere ancora più ampio.
Don Howe, coach dell’Arsenal, a fine partita affermerà di “non avere mai visto una dimostrazione di calcio simile”. Cherenkov è il fulcro della manovra.
Nessuno nel suo Paese è ancora riuscito a spiegarsi come sia stato possibile che un giocatore di quelle qualità non sia stato inserito tra i 22 che hanno giocato i Mondiali di Spagna pochi mesi prima.
Né lui né David Kipiani della Dinamo Tbilisi.
I due calciatori probabilmente di maggior fosforo di tutta l’Unione Sovietica.
In realtà il motivo più semplice di quanto si immagini.
Nella “macchina perfetta” della Dynamo Kiev plasmata dal colonnello Lobanowsky che lui stesso ha trasferito nella sua Nazionale, non c’è posto per calciatori talentuosissimi ma tatticamente “anarchici” come Cherenkov o Kipiani, che rischiavano di diventare come sabbia nel meccanismo perfettamente oliato di Lobanowsky. In Patria però “Fedia” (questo il suo soprannome) continua ad essere osannato dai suoi stessi tifosi.
Ma se esiste un “anti-divo”, una persona umile, disponibile ed educata questi è proprio Fyodor Cherenkov.
Quasi si schernisce di tanta adulazione.
“Non sono un medico, uno scienziato o un astronauta. Io gioco solo a calcio” ripeterà come un mantra Cherenkov in quegl’anni.
Ha sempre tempo per una foto, un autografo e due chiacchiere con tutti.
Va alle partite e agli allenamenti in metropolitana.
Questo suo carattere lo fa amare veramente da tutti, compagni e avversari. Ma come tutte le persone con una spiccata sensibilità sente più di tutti la pressione.
Si racconta che quando nel 1983 riceverà il trofeo di miglior calciatore sovietico non volesse neppure presentarsi per ricevere il riconoscimento, abbattuto e arrabbiato com’era per aver perso il titolo con il suo Spartak che era arrivato secondo alle spalle del DNEPR.
L’anno dopo come detto sarà quello dove arriveranno i primi gravi segnali dei suoi problemi mentali che si ripresenteranno a scadenze regolari per tutto il resto della sua carriera.
Dopo quel giorno di marzo a Tbilisi Cherenkov verrà ricoverato in un centro per malattie mentali. Tornerà in attività solo a giugno. “Fyodor era incredibile” ricorda il suo compagno di squadra Jurij Gavrilov.
“Passava mesi in queste cliniche a curarsi. Poi tornava da noi e dopo una settimana di allenamento ricominciava a giocare come e meglio di prima” ammette con stupore il forte ex-attaccante sovietico.
Si avvicinano i Mondiali del Messico del 1986.
Nei primi mesi di quell’anno la Nazionale sovietica si trasferisce in Messico per uno stage.
L’obiettivo è prendere confidenza con l’altura nei luoghi dove si disputerà il Mondiale.
Durante il soggiorno in Messico Cherenkov ha una nuova, terribile crisi. Rientra in URSS, si cura e pare pronto per rientrare nell’undici titolare.
Eduard Malofeyev stravede per lui.
Lo aspetta con pazienza e non vede l’ora di reinserirlo in squadra quando a poche settimane dall’inizio del Mondiale viene sorprendentemente rimosso dall’incarico … a favore del colonnello Valerij Lobanovskyj !!!
Anche stavolta Cherenkov non farà parte dei ventidue convocati dell’URSS.
In Patria però continuerà imperterrito a dimostrare il suo valore.
Lo Spartak vincerà il campionato nel 1987 per poi ripetersi due anni dopo.
E in quel 1989 Fyodor Cherenkov sarà eletto per la seconda volta miglior calciatore sovietico … andando a ricevere il premio con molta più gioia vista la vittoria del suo Spartak in campionato ! Quando si avvicinano i Mondiali d’Italia del 1990 Cherenkov è perfettamente conscio che quella sarà l’ultima occasione della sua carriera per far vedere le sue qualità su un grande palcoscenico e di far conoscere le sue indubbie doti all’universo calcistico.
Non ci sarà nulla da fare.
Lobanovskyj, ancora lui, deciderà per l’ennesima volta di prescindere dal sapiente regista dello Spartak.
Con il crollo del muro per i calciatori di quella che è diventata l’ex Unione Sovietica si aprono le porte per eventuali trasferimenti in altri campionati. Cherenkov, insieme all’amico Rodionov, decide di tentare l’avventura.
Con una specifica importante però: si sarebbero trasferiti solo in una squadra che li avesse accolti entrambi.
Ai due arrivano in effetti svariate richieste … tutte però individuali !
L’unico club che si dimostra interessato a tesserarli entrambi è il Racing Club di Parigi che milita nella serie cadetta francese.
I due accettano e si trasferiscono in Francia.
Per Cherenkov però sarà un’esperienza breve e poco felice.
Quindici sole presenze, un misero gol e i suoi problemi che lontano da Mosca si acuiscono. Rientra allo Spartak nel 1991.
E’ il ritorno del “figliol prodigo” ed è accolto con grande gioia da tutto il popolo dello Spartak.
“Fedia” è ormai al crepuscolo della carriera ma è ancora in grado di accendere l’entusiasmo dei suoi sostenitori con la sua immensa classe.
Nel 1992 arriverà però una tremenda ricaduta che lo terrà lontano dai campi di gioco per quasi tutta la stagione. Rientrerà l’anno successivo disputando una discreta stagione.
Ormai però il capolinea è vicino e in quello stesso anno, con 34 primavere sul groppone, Fyodor Cherenkov chiuderà con il calcio giocato. Un genio assoluto per chi ha potuto conoscerlo e ammirarlo.
Un illustre sconosciuto per il resto del mondo calcistico.
Pochi mesi dopo il suo ritiro lo Spartak Mosca giocherà una partita commemorativa in suo onore.
Avversario sarà il Parma di Nevio Scala, di Gianfranco Zola e di Tino Asprilla.
Quel giorno sugli spalti del Lužniki ci saranno 35 mila spettatori a salutare non solo il più grande calciatore della storia dello Spartak Mosca ma un uomo che con la sua gentilezza, la sua umiltà e la sua disponibilità è entrato nel cuore dei suoi tifosi e di tutti gli amanti del calcio del suo Paese. “Trentacinquemila spettatori per una partita amichevole quando la media per le nostre partite ufficiali è di quindicimila” commenterà al termine di quell’incontro Fyodor Cherenkov aggiungendo “non sono sicuro di meritare tutto questo …”.
Fyodor Cherenkov morirà a soli 55 anni nell’ottobre del 2014.
Sarà un tumore al cervello a portarselo via.
Quel cervello che se anche gli aveva dato tanti problemi gli aveva permesso di essere in campo un genio.
Quel genio purtroppo sconosciuto o quasi aldilà dei confini della sua terra.
ANEDDOTI E CURIOSITA’
Il primo assaggio di celebrità per “Fedia” arriva quando ha solo quattordici anni.
Si tratta di una brevissima apparizione in un film sovietico dal titolo “Non una sola parola sul calcio”.
In questo film lo si vede segnare un gol con un’acrobatica semi-rovesciata.
Soprattutto agli inizi di carriera “Fedia” aveva davvero grossi problemi a causa della sua scarsissima autostima.
Un giorno il suo amico Rodionov perde la pazienza.
“Senti Fedia. Mister Beskov continua a ripeterci tutti i santi giorni di prendere esempio da te. Qualcosa vorrà pur dire !”
La partita con la Nazionale Sovietica al Maracanà è il primo grande impatto per Fedia con il calcio internazionale.
Cherenkov come detto gioca una partita sontuosa.
Al suo rientro in URSS incontra l’amico Rodionov.
“Beh ti dico la verità caro Sergej” gli dice Cherenkov.
“Pensavo che questi brasiliani fossero più forti”.
Rodionov lo guarda rassegnato.
“Fedia, non sono loro ad essere scarsi … sei tu che sei molto forte …”
Pochi mesi prima del suo crollo psichico alla vigilia del match con l’Anderlecht lo Spartak deve affrontare gli inglesi dell’Aston Villa. L’ossatura dei “Villans” è ancora in gran parte composta da quei giocatori che avevano trionfato in Coppa dei Campioni solo due anni prima. All’andata a Mosca è finita due a due e gli inglesi sono i favoriti per la qualificazione. Ancora di più quando dopo un quarto d’ora di gioco il possente Peter Withe porta in vantaggio l’Aston Villa. A questo punto però sale in cattedra Fyodor Cherenkov.
Lo Spartak inizia a macinare gioco e a schiacciare gli Morley e compagni nella propria metà campo. A metà della ripresa è proprio “Fedia” che con preciso tocco da posizione angolatissima batte Nigel Spink riportando in parità la contesa.
Lo Spartak continua ad attaccare ma il gol qualificazione non arriva.
I due gol del Villa all’andata fanno pendere il risultato a favore degli uomini di Tony Barton.
Mancano ormai pochi secondo al fischio finale quando Gavrilov fa filtrare un pallone sul lato destro della difesa del Villa. In quello spazio si è lanciato proprio lui, Fyodor Cherenkov che si coordina e di destro batte Spink per il gol che vale la qualificazione al turno successivo. Memorabili per onestà e sportività le parole del manager dell’Aston Villa a fine partita.
“Certo, uscire per un gol all’ultimo minuto brucia. Ma se ci fossimo qualificati noi sarebbe stata una grande ingiustizia” …
Molto toccante il ricordo della figlia Anastasia.
“Non ho mai avuto consapevolezza dell’ammirazione e dell’affetto della gente per mio padre proprio perché non l’ho mai visto atteggiarsi a star. Era la persona più semplice ed umile di questo momento. Credo che i complimenti gli dessero perfino fastidio”.
Sergej Rodionov metterà anche a fuoco una delle caratteristiche meno conosciute di “Fedia”.
“Qualcuno potrebbe pensare che con i suoi problemi Fyodor fosse una persona fragile, impaurita e insicura. Niente di tutto questo. Quando Fyodor stava bene e giocava e si allenava con noi era uno dei più determinati e coriacei di tutta la squadra” ricorda con evidente ammirazione l’ex attaccante dello Spartak e della Nazionale sovietica.
Quelli che pochi sanno è della fede cristiana di Cherenkov che rispetto alla sua malattia ha sempre affermato che “se questi disturbi mi sono stati dati non è per caso. Nulla accade a caso. Io devo semplicemente convivere con questo e non allontanarmi mai dalla parola di Dio”.
Sarà sempre l’amico Sergej Rodionov che definirà al meglio i problemi di Cherenkov.
“Il problema è che ad una persona normale si può fare una diagnosi. Ad un genio no.”
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