Che fine ha fatto? Cicinho, da promessa di Roma e Real alle 10 birre al giorno
- 18
IL NUOVO CAFU: CITTADINO ITALIANO E CAMPIONE DEL MONDO AL SAN PAOLO - Cicinho, oltre alla cittadinanza brasiliana, possiede anche quella italiana: il nonno infatti era abruzzese di Tione degli Abruzzi, in provincia dell'Aquila, e il suo cognome era De Cesare, poi all'anagrafe brasiliano mal trascritto in de Cezare. Inizia la carriera nelle giovanili del Botafogo di Ribeirao Preto, con il quale esordisce tra i professionisti a soli 19 anni: quel tascabile terzino di spinta stupisce subito tutti per la capacità di essere quasi un attaccante aggiunto, tanto da guadagnarsi i galloni di "nuovo Cafu", grazie al grande passo, all'abilità nel dribbling e nei cross e alla capacità di fornire ottimi assist. A 21 anni passa all'Atletico Mineiro, dove esplode definitivamente, realizzando 4 reti in una sola stagione. Ma è al San Paolo, dove gioca dal 2003 al 2005, che entra definitivamente nell'Olimpo del calcio brasiliano: vince infatti il campionato paulista, la Coppa Libertadores e il Mondiale per club, in finale contro il Liverpool di Rafa Benitez.
IL REAL MADRID E LA ROTTURA DEL GINOCCHIO - Nessuno in Europa è insensibile alle prestazioni di quel giovane terzino brasiliano: il Real Madrid, nel solco di Roberto Carlos, riesce ad aggiudicarselo nel mercato di gennaio del 2005 dopo una lunghissima ed estenuante trattativa con il San Paolo. Nell'idea della dirigenza delle Merengues Cicinho deve diventare l'erede di Michel Salgado: tuttavia la sfortuna colpisce subito, dato che il brasiliano si rompe il crociato del ginocchio sinistro e nei primi mesi in Spagna gioca pochissimo. Torna in campo nell'aprile del 2007, riuscendo subito ad integrarsi e ad essere protagonista del titolo vinto dai Blancos. L'anno seguente è però nuovamente negativo: spesso lasciato in panchina dal tecnico Schuster, diventa la terza scelta, dietro a Salgado e al giovane Sergio Ramos.
LA ROMA DI SPALLETTI - Cicinho non ne può più di stare fuori e lo manifesta, dall'Italia qualcuno lo ascolta: la Roma lo acquista infatti per 9 milioni di euro, regalando grande soddisfazione ai tifosi, che lo accolgono festanti all'aeroporto. Una volta superati i postumi dell'infortunio e le difficoltà di ambientamento, entra subito negli schemi di Spalletti: titolare indiscusso della fascia destra sia in Serie A che in Champions League, vince il suo primo trofeo, la Coppa Italia in finale contro l'Inter. La seconda stagione è meno fortunata: tra qualche risultato positivo in meno e uno screzio con Spalletti, gioca comunque da titolare, prima di rompersi nuovamente i legamenti del ginocchio, questa volta il destro, durante un allenamento.
L'INIZIO DEL CALVARIO DELL'ALCOOL - Qui inizia il vero e proprio calvario: le frequenti controversie fuori dal campo, in particolare l'abuso di alcol, iniziano ad angustiarlo pesantemente. Sapendo di essere ai margini della rosa per via dell'infortunio, comincia ad assumere alcool e fumare dopo gli allenamenti, prima di mettere la testa a posto in seguito al matrimonio con la fidanzata brasiliana Marry De Andrade. Ecco le sue parole in merito a quel periodo: "Andavo a Trigoria, mi allenavo ma sapevo che la domenica non avrei giocato. E allora quando arrivavo a casa bevevo molto e fumavo. A casa avevo casse di birra e altri tipi di alcool, bevevo da solo o insieme a falsi amici. Mi piaceva andare in discoteca, bevevo e non riuscivo a fermarmi. Non ho preso la droga solo perché sapevo che c'erano i controlli antidoping, altrimenti l'avrei fatto. Però bevevo 10 birre al giorno"
IL RITORNO A ROMA E LA TURCHIA - Nel 2010, a 30 anni, torna in prestito dalla Roma in Brasile, al San Paolo, per riprendersi dai guai fisici: purtroppo però ormai il miglior Cicinho sembra essersi eclissato. Con Ranieri prima e Luis Enrique dopo in giallorosso gioca veramente poco e a fine contratto, dopo un ennesimo prestito al Villarreal, lascia la Capitale, per far ritorno prima in Brasile, nello Sport Recife, e per provare poi l'avventura in Turchia, nel Sivasspor. Nel 2016 torna al San Paolo ma è costretto a dire addio al calcio per i problemi di dipendenza dall'alcool: incredibile per un giocatore in grado di mettere a segno diciassette presenze nella nazionale verdeoro e di vincere una Confederations Cup.
CICINHO OGGI - Le dichiarazioni sull'anno che segue provengono dalla stessa bocca di Cicinho e fanno paura: "Meno giocavo e più bevevo. Ma non solo un bicchiere o due, bevevo fino a crollare in terra. Una volta dopo 14 caipirinhe e 18 birre ho visto Gesù Cristo. 'Se continui così morirai', mi ha detto lo psicologo del San Paolo. E per questo sono arrivato al punto di fare dieci assicurazioni sulla vita in favore dei miei familiari". Ora però il brasiliano sembra aver messo la testa a posto: l'alcol è ormai definitivamente una storia superata. Per dimostrare di non essere un fantasma, per dimostrare che gli errori del passato sono ormai un lontano ricordo.
@AleDigio89