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Champions, quattro motivi per dire Lipsia: dalla condizione straripante ai fattori Nagelsmann e Upamecano
Julian Nagelsmann ha già portato a casa gli scalpi di due mostri sacri della panchina come Mourinho e Simeone e non ha alcuna intenzione di smettere di sognare col suo Lipsia delle meraviglie. L'ultimo ostacolo prima di una finale di Champions League che avrebbe dell'incredibile si chiama Paris Saint e ha il volto del suo mentore Thomas Tuchel, di cui fu il vice a Friburgo, segnando l'inizio della sua carriera da allenatore. La squadra tedesca e il suo tecnico non vogliono precludersi alcun traguardo ed ecco i 4 motivi per cui, secondo noi, il Lipsia può credere nella conquista della Champions.
LA CONDIZIONE ATLETICA - In comune col Bayern Monaco, la formazione targata Red Bull si è ripresentata ai nastri di partenza della Champions con una condizione fisica davvero invidiabile. Frutto certamente dell'età media piuttosto bassa della rosa - circa 23 anni - ma anche del fatto di aver potuto beneficiare di un mese di tempo per preparare al meglio l'appuntamento dopo la conclusione della Bundesliga (30 giugno). Contro un avversario notoriamente tosto sotto l'aspetto atletico come l'Atletico, la prestazione di Sabitzer e compagni è stata semplicemente debordante.
L'ORGANIZZAZIONE DI GIOCO - Se le gambe corrono a mille, il merito va anche al lavoro di Nagelsmann e del suo staff, capaci di impartire un'organizzazione di gioco e una mentalità all'avanguardia. Sempre all'attacco, sempre in verticale una volta recuperata la palla, spesso e volentieri nella metà campo avversaria. Reparti stretti, linee corte e conseguentemente una minore porzione di campo da coprire. Il Lipsia corre tanto, ma soprattutto corre bene. E nella testa ha un solo imperativo: giocare per vincere.
NIENTE DA PERDERE - Entusiasmo, incoscienza, doti che nei giovani abbondano per principio, ma che in questo Lipsia diventano un mix letale se abbinati al fatto di non avere nulla da perdere e nulla da dimostrare se non di vedere fin dove può condurre questa filosofia di calcio. E aver perso per strada la stella della squadra, Timo Werner, la squadra si è impossessata di un'ulteriore dose di leggereza e spensieratezza che ha fatto la differenza sin qui, soprattutto contro un Atletico contratto e lontano parente della sua migliore versione.
L'UOMO IN PIU' - Partito Werner, che per volere del Chelsea non ha potuto prendere parte alla Final Eight di Champions, l'uomo in più della squadra di Nagelsmann è diventato Dayot Upamecano, difensore centrale di raro strapotere fisico ma anche il primo regista chiamato ad impostare il gioco. Beneficiando della protezione di Halstenberg e Klostermann e dalla corsa incessante di Laimer e Angelino, lo si trova spesso e volentieri a dirigere il traffico nella metà campo avversaria. Giocatore superiore che, per ora, il Lipsia si tiene stretto.
LA CONDIZIONE ATLETICA - In comune col Bayern Monaco, la formazione targata Red Bull si è ripresentata ai nastri di partenza della Champions con una condizione fisica davvero invidiabile. Frutto certamente dell'età media piuttosto bassa della rosa - circa 23 anni - ma anche del fatto di aver potuto beneficiare di un mese di tempo per preparare al meglio l'appuntamento dopo la conclusione della Bundesliga (30 giugno). Contro un avversario notoriamente tosto sotto l'aspetto atletico come l'Atletico, la prestazione di Sabitzer e compagni è stata semplicemente debordante.
L'ORGANIZZAZIONE DI GIOCO - Se le gambe corrono a mille, il merito va anche al lavoro di Nagelsmann e del suo staff, capaci di impartire un'organizzazione di gioco e una mentalità all'avanguardia. Sempre all'attacco, sempre in verticale una volta recuperata la palla, spesso e volentieri nella metà campo avversaria. Reparti stretti, linee corte e conseguentemente una minore porzione di campo da coprire. Il Lipsia corre tanto, ma soprattutto corre bene. E nella testa ha un solo imperativo: giocare per vincere.
NIENTE DA PERDERE - Entusiasmo, incoscienza, doti che nei giovani abbondano per principio, ma che in questo Lipsia diventano un mix letale se abbinati al fatto di non avere nulla da perdere e nulla da dimostrare se non di vedere fin dove può condurre questa filosofia di calcio. E aver perso per strada la stella della squadra, Timo Werner, la squadra si è impossessata di un'ulteriore dose di leggereza e spensieratezza che ha fatto la differenza sin qui, soprattutto contro un Atletico contratto e lontano parente della sua migliore versione.
L'UOMO IN PIU' - Partito Werner, che per volere del Chelsea non ha potuto prendere parte alla Final Eight di Champions, l'uomo in più della squadra di Nagelsmann è diventato Dayot Upamecano, difensore centrale di raro strapotere fisico ma anche il primo regista chiamato ad impostare il gioco. Beneficiando della protezione di Halstenberg e Klostermann e dalla corsa incessante di Laimer e Angelino, lo si trova spesso e volentieri a dirigere il traffico nella metà campo avversaria. Giocatore superiore che, per ora, il Lipsia si tiene stretto.